Si vota nello Stato, per Sanders è l'ultima possibilità di riprendere Clinton, che è in vantaggio ma continua a non scaldare i cuori. Folle ai comizi di Bernie, che ne ha fatti molti e un numero di appuntamenti impressionante per Hillary, che conta sull'appoggio del sindaco De Blasio e del governatore Cuomo. In campo repubblicano l'unica incognita è se Trump riuscirà a superare il 50%

Ventimila persone a Prospect Park contro un tour fatto di appuntamenti di media grandezza: il senatore del Vermont che richiama le folle contro l’ex senatore di New York che cerca in ogni modo di ricordare ai suoi elettori che lei è stata a Washington a «difendere i valori di New York».

Si vota nello Stato di New York e a nessuno viene in mente una volta in cui le primarie locali abbiano avuto tanto interesse: per una volta, la città che si sente l’ombelico del mondo, lo è anche nel processo delle primarie. I sondaggi regalano a Clinton un vantaggio decente, tra i sei e i dieci punti, ma un mese fa quei punti erano venti: come è già successo in passato quando si entra nel vivo, la campagna di bernie Sanders sa fare la differenza. Se Hillary Clinton dovesse vincere, come appare probabile a giudicare da tutti i sondaggi, potrebbe una volta ancora sostenere che la partita per la nomination è chiusa. Viceversa se il risultato sorridesse a Bernie Sanders – o fosse un pareggio – per l’ex first lady sarebbero guai: non vincere in casa, con il sostegno del sindaco De Blasio e del governatore Cuomo è come dire che il messaggio, per quanto solido, non contiene pathos, non scalda i cuori, non mobilita. Tanto più che nel 2008, quando le cose erano in salita e un altro candidato mobilitava masse popolari, Hillary vinse a New York con più di un milione di voti – contro 750mila di Obama. Entrambi hanno fatto campagna in maniera ossessiva, incontri, infermiere, gelati, birre, panini, vigili del fuoco, poliziotti, afroamericani, ebrei, il sostegno del New York Times per Hillary e quello di Danny Glover per Bernie.

Lo spot di Hillary: io sono una newyorchese!


Per Sanders queste primarie newyorchesi sono la battaglia fine di mondo: o rilancia la sua candidatura con una vittoria o il suo svantaggio in termini di delegati diverrà tale da essere incolmabile, a prescindere dalle polemiche sui superdelegati – la settimana prossima si vota in diversi piccoli Stati nei quali Hillary è in grande vantaggio, senza una sorpresa a New York, il vantaggio rimarrà tale. Clinton ha dalla sua il vantaggio che le primarie di New York sono chiuse, il che significa che non votano gli indipendenti e che occorreva registrarsi, e che, quindi, una folata di entusiasmo dell’ultima ora non pagherà nell’urna. È altrettanto vero che in Michigan, Bernie ha vinto a scapito di sondaggi e analisi e che, quindi, una sorpresa è sempre possibile. Interessante da notare come un sondaggio Gallup sui candidati e l’economia rilevi che i due di cui gli elettori americani si fidano di più nel saper gestire le cose siano Kasich e lo stesso Bernie. Non male per un socialista.

Il video di Danny Glover per Bernie Sanders, che ha enorme bisogno del voto afroamericano

 

 

epa05264737 A Sanders supporter sits up in a tree hoping to see Democratic presidential candidate Sen. Bernie Sanders during a campaign rally in Prospect Park in Brooklyn, New York, USA, on 17 April 2016. New York will hold its primary election on 19 April 2016. EPA/JUSTIN LANE

Per provare a colmare il divario Bernie ha puntato sull’entusiasmo dei giovani con i grandi comizi del Bronx, del Greenwich Village e di Brooklyn, sull’incontro con Bergoglio e, infine, alzando i toni della sua comunicazione. Spot e discorsi sono molto più duri nei confronti della sua avversaria di quanto non fossero due-tre mesi fa: i soldi presi per i discorsi pagati dalle banche, la legge sulla criminalità degli anni 90 che ha portato migliaia di giovani neri in carcere (per la quale Bill si è dovuto difendere in più di un’occasione). Sul fronte opposto, Clinton dirige i suoi attacchi soprattutto contro Trump e Cruz, ma in ogni discorso tenuto in giro per lo Stato ricorda il peso della lobby delle armi – che non finanzia Bernie Sanders, che però ha sempre evitato di votare a favore di controlli più stringenti. Nel suo tour elettorale Hillary ha cercato di colmare il gap della piacevolezza parlando in ogni angolo, ballando il merengue, parlando ai neri del Bronx e ai bianchi – piuttosto conservatori – di Staten Island. Se Sanders punta sulla città piena di università e giovani, Clinton punta molto sulle minoranze e i bianchi dell’upstate New York, che probabilmente hanno amato e votato suo marito.
I toni si sono fatti più aspri e il rischio è che, come per lo scontro repubblicano, portino profonde divisioni nell’elettorato democratico. Un rischio in una corsa che, per come si è messa, sembra favorire molto chiunque dei due è destinato a diventare il candidato democratico.

A New York, in campo repubblicano non c’è storia: vince Trump e di tanto. Qualsiasi siano gli sforzi del partito per bloccarne la candidatura, non passeranno per lo Stato in cui il miliardario ha fatto le sue fortune. Non solo Trump è, a modo suo, un prototipo di un certo newyorchese, ma in generale, i repubblicani di New York sono dei moderati, quando si parla di etica e valori. E siccome l’unico antagonista di Trump rimasto in piedi è l’ultraconservatore Ted Cruz, oggi, i repubblicani sceglieranno the Donald. Unico dubbio serio: se Trump passasse il 50% dei consensi si aggiudicherebbe più della metà dei delegati, il che lo aiuterebbe a raggiungere la quota di delegati necessaria ad evitare una convention dove, pur avendo più voti e più delegati, si troverebbe tutti coalizzati contro la sua candidatura. Trump accusa il partito di tramare contro di lui e oggi il capo dell’organizzazione, Priebus, ha ricordato che per essere nominati servono 1237 delegati: un modo per dire al miliardario che se non li ottiene, è possibile che, anche fosse il primo tra i candidati, dovrà trovarli alla convention. O anche un modo indiretto per dire che si sta lavorando ad un’alternativa. In molti si aspettoano che alla prima votazione non venga eletto nessuno e che, quindi, si passi al mercato dei delegati, dalla seconda votazione in poi.

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I numeri

Primarie democratiche

New York assegna 291 delegati, in parte al vincitore, in parte al vincitore dei singoli distretti (ne servono 2383 per vincere, ancora 1931 da assegnare)

Clinton 1307 (più 469 super-delegati)

Sanders 1094 (più 31 super-delegati)

Primarie repubblicane

New York assegna 95 delegati (ne servono 1237 per vincere, ancora 838 da assegnare)

Trump 743

Cruz 543

Kasich 144

Rubio 171 (ritirato, i suoi delegati si schiereranno contro Trump)