I genitori di Giulio Regeni hanno condannato l’arresto di Ahmad Abdullah, un attivista per i diritti umani al Cairo che lavora come loro consulente legale in Egitto. In una dichiarazione, scrivono di essere addolorati per la recente ondata di arresti in Egitto di attivisti, avvocati e giornalisti, alcuni dei quali sono stati «Coinvolti direttamente nella ricerca della verità sul rapimento, la tortura e l’uccisione di Giulio».
L’arresto di Abdullah, dicono i Regeni, è particolarmente sensibile per il ruolo che l’organizzazione da lui diretta, la Commissione egiziana per i diritti e le libertà, svolge. Abdullah è stato arrestato lunedì da poliziotti pesantemente armati, arrivati su quattro furgoni ed entrati a forza in sua casa alle 3 del mattino, hanno sequestrato il suo telefono cellulare e il computer portatile per poi arrestarlo.È accusato di istigazione alla violenza per rovesciare il governo, adesione a un gruppo “terroristico” e promozione del “terrorismo”.
Amnesty International ha protestato per l’ondata di arresti in varie occasioni spiegando che almeno 238 persone, tra cui attivisti e giornalisti locali e stranieri, sono state arrestate in varie città dell’Egitto il 25 aprile, giorno in cui si celebra il ritiro nel 1982 di Israele dalla penisola del Sinai. Almeno altre 90 persone erano state arrestate tra il 21 e il 24 aprile. Gli arrestati dovranno rispondere di varie accuse, tra cui reati contro la sicurezza nazionale e violazioni della legge antiterrorismo e della legge sulle proteste. Tra le persone arrestate figurano la nota attivista Sanaa Seif, l’avvocato Malek Adly.
L’ondata di perquisizioni e arresti al Cairo ricorda da vicino quella che precedette e seguì le proteste programmate per lo scorso 25 gennaio – il giorno in cui Giulio Regeni è scomparso. Quelle proteste erano previste in occasione del quinto anniversario della rivolta di piazza Tahrir. Abdullah in quell’occasione disse di avere evitato l’arresto. L’ondata di questa volta ha preceduto le manifestazioni previste per il 25 aprile (ieri), convocate per protestare contro la cessione di due isole egiziane all’Arabia Saudita.
Le proteste di questi giorni, disperse con violenza dalla polizia, che ha fatto in modo che nessun raduno diventasse di massa, sono le più grandi e costanti da quando al Sisi ha preso il potere. Nei giorni scorsi decine di persone sono state arrestate in diverse province.
La Commissione egiziana per i diritti e le libertà è sotto pressione costante da parte delle egiziane perché registra traccia delle sparizioni forzate. Nel suo rapporto 2015, ha nominato 340 casi di sparizioni tra agosto e novembre 2015, circa tre casi al giorno.