Il parlamento austriaco ha votato una legge che consente di respingere i richiedenti asilo senza consentire loro di fare domanda e limita il diritto a tre anni. L'Europa, impaurita dall'avanzata xenofoba ed egoista, si gira dall'altra parte

Il Parlamento austriaco ieri ha votato una legge che restringe in maniera sostanziale il diritto di asilo e la possibilità, per la gente in fuga dalla guerra, di fare domanda e vedersi riconosciuto lo status di rifugiato. Le autorità potranno respingere le persone già alla frontiera, senza dare loro il tempo di fare la domanda, decidere insomma se chi si presenta al confine ha o meno la faccia da rifugiato o da immgrato. Il governo ha i poteri di dichiarare lo stato d’emergenza in materia di immigrazione, stato che consente appunto alle guardie all frontiera di respingere le persone, che queste siano siriane in fuga dall’Isis, eritrei, iracheni. La legge limita il diritto d’asilo a tre anni. Entrambe le misure pongono l’Austria fuori dai trattati internazionali in materia.

Tra le misure considerate dal governo del Paese dove domenica al primo turno delle presidenziali ha vinto Norbert Hofer, candidato dell’estrema destra dell’Fpo, lo sappiamo già, c’è la costruzione di una barriera al Brennero. I controlli sulle auto e i camion ci sono già.

Il governo italiano, che nella vicenda rifugiati non ha mostrato gran coraggio ma un po’ di buon senso sì, respinge l’idea austriaca di chiudere le frontiere. Renzi ha ragione ed è anche terrorizzato di ritrovarsi, con la chiusura della rotta balcanica e il conseguente aumento dei flussi in ingresso in Italia, in una situazione greca – con la differenza che la Grecia è un Paese in ginocchio, piccolo e che era disabituato a flussi migratori come quelli di questo ultimo anno.

Il ministro degli Interni austriaco Sobotka si è giustificato: «Se gli altri Paesi europei si rifiutano di fare la loro parte, non possiamo essere noi a portare questo fardello»· Non ha tutti i torti e ce li ha. I Paesi che hanno chiuso i loro confini hanno semplicemente lasciato il fardello alla Grecia, infischiandosene. L’Austria, che è il secondo Paese europeo per numero di rifugiati pro-capite, non vuole fare la stessa fine. Il torto sta nel mancato rispetto dei diritti delle persone, nel non aver alzato barricate quando altri chiudevano i confini e, oggi, nello scegliere la strada dell’atto unilaterale.

La ragione sta nel fatto che gli altri Paesi europei, egoisti, chiusi, spaventati dall’onda bruna che sta crescendo ovunque nel continente – Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e a modo suo persino Gran Bretagna, che pochi giorni fa ha rifiutato l’ingresso a migliaia di minori non accompagnati siriani – non stanno muovendo un dito e disattendono l’accordo di ricollocamento dei rifugiati. Lo abbiamo scritto già almeno dieci volte, ma continueremo a farlo, che alle notizie come queste non ci si può e non ci si deve abituare: a ottobre ci si era accordati per una redistribuzione di 160mila rifugiati e richiedenti asilo, a oggi i ricollocati sono meno di duemila.

La nuova legge austriaca è solo l’ultimo passo di un abbandono da parte dell’Europa delle sue leggi fondative. Altro che radici cristiano-giudaiche. E comunque anche quelle imporrebbero il dovere dall’accoglienza. La crisi dei rifugiati, difficile da affrontare, complicata da gestire, costosa per Paesi che hanno difficoltà di bilancio, è un bell’esempio delle differenze tra destra e sinistra. In Europa, nel 2016, sta vincendo nettamente la destra. Quella peggiore.