In pole position, a quanto pare c’è lui. Se succederà a Federica Guidi, Chicco Testa sarà il primo ministro dello Sviluppo economico italiano ad aver guidato un’associazione ambientalista. Ma il suo percorso politico e manageriale – fino all’attuale ruolo di presidente di Assoelettrica, che unisce le imprese del settore elettrico aderenti a Confindustria – racconta una storia che con le posizioni ecologiste ha ormai poco a che fare. Anti-nuclearista e strenuo avversario del ricorso al carbone quando era presidente di Legambiente, Testa è riuscito sempre a trarre vantaggio dal suo essere “ex”, diventando per i media e per certa politica una sorta di “pentito di lusso” da sfoggiare all’occorrenza con articoli di giornale e comparsate televisive per difendere le posizioni – e gli interessi – dell’industria più inquinante.
Segretario e poi presidente di Legambiente fino ai tempi di Chernobyl e del referendum anti-nucleare, Testa è poi stato deputato del Pci-Pds dal 1987 al ’94, quando è passato alla guida dell’Acea a Roma. Lo aveva nominato il sindaco Francesco Rutelli, mentre con Walter Veltroni è entrato nel consiglio d’amministrazione di Roma Metropolitane e con Pier Luigi Bersani ministro dell’Industria è finito alla guida di Enel. Quando gli hanno chiesto perché avesse partecipato alla cena di Matteo Renzi, Testa – rubrichista dell’Unità dalla sua riapertura, lo scorso anno – ha candidamente fatto notare che prima di quella del premier, aveva già partecipato alle cene di finanziamento per Rutelli, per Veltroni e pure per Bersani.
Da imprenditore privato ha puntato su efficienza e rinnovabili (e relativi incentivi), ma quando si è trattato di prendere posizioni pubbliche prima sul nucleare, poi sul carbone, sulla Tav, sull’acqua pubblica e – più recentemente – sulle trivelle, ha espresso opinioni diametralmente opposte a quelle della galassia ambientalista. Un (ex) ambientalista “comodo” si potrebbe definire, buono – grazie alla sua innegabile capacità di intessere relazioni – per ammantare di verde scelte di fondo che non determinano una svolta decisa in chiave sostenibile. Nel 2013, il Chicco Testa presidente di Assoelettrica è stato destinatario di un sacco di carbone da parte dell’associazione che ha guidato da giovanissimo: Legambiente gli contestava le sue posizione eco-scettiche e di «aver dimenticato la sua lotta contro il vecchio e inquinante carbone», esponendo foto che lo ritraevano anni prima nelle vesti di manifestante contro la fonte fossile più inquinante.
Anche sul nucleare Testa ha cambiato idea repentinamente. Ai tempi di Chernobyl aveva contribuito a promuovere il referendum contro l’atomo, mentre nel 2010 lo abbiamo visto alla guida del Forum Nucleare, associazione (ormai defunta) pro energia atomica sostenuta ai tempi dai big dell’industria energetica. L’anno successivo è poi arrivato l’incidente alla centrale di Fukushima, in Giappone, che lo stesso Forum ha inizialmente provato a ridimensionare, e a seguire il referendum che ha detto nuovamente no all’atomo.
La battaglia è persa ma la guerra è ancora tutta da combattere, avrà pensato il manager milanese: così lo abbiamo trovato impegnato tra gli Ottimisti e razionali a contrastare il Sì alla recente consultazione sulle trivelle. Ancora una volta dalla parte giusta, quella dell’industria delle fossili, alla faccia degli obiettivi di riduzione dei gas serra e dell’esito dell’accordi sul clima di Parigi. E ancora una volta dalla parte del manovratore, tanto da meritarsi la nomination e forse la poltrona di ministro dello Sviluppo. Una cosa è certa: se la nomina arriverà, dall’ex ambientalista “comodo” sapremo cosa aspettarci.