Mi è capitato ieri, per lavoro, di ascoltare le parole del comitato organizzatore della manifestazione di questo sabato 7 maggio a Roma (trovate tutte le informazioni qui) per cui alcune persone diversamente impegnate nell’ambito della cultura, dello spettacolo e dei beni culturali hanno deciso di impegnarsi per aprire un dibattito pubblico sulle conseguenze della riforma del Ministro Franceschini oltre che sui decreti d’attuazione dello Sblocca Italia e della legge Madia. Tomaso Montanari (che è stato uno dei primi ispiratori della manifestazione) mi spiega che stiamo assistendo (accorgendocene pochissimo) ad una premeditata azione di smontaggio dell’articolo 9 della Costituzione.
«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.»: il 9 è uno di quegli articoli a cui non prestiamo attenzione, dandolo per scontato senza nemmeno immaginare quanta fatica ci sia dietro alla salvaguardia, alla protezione e alla tutela. Che mica per niente sono i verbi di un buon padre di famiglia. E mentre questi professionisti raccontano con passione quasi devota come s’indebolisca la bellezza attraverso i perversi effetti di commi che loro riescono a rendere subito copioni quotidiani mi sono reso conto, guardandoli, di quanta poca attenzione dedichiamo a quelli che hanno chiamato “magistratura indipendente della tutela del territorio”. Ce n’era presente qualcuno e ha raccontato come la scissione tra tutela e valorizzazione nel Ministero serva soprattutto ad alimentare il solito fanfaronismo renziano della tutela (lui la chiama inconsapevolmente burocrazia perché così fa più presa) che rallenta la valorizzazione. E vengo a sapere che i dirigenti dei nostri musei “migliori” di qualche mese fa, quelli che dovevano essere il fiore all’occhiello della meritocrazia di questo governo, hanno fatto sì che a Taranto ci sia un’esperta di Medioevo, alla Reggia di Caserta un esperto di cimiteri (che sta pensando di invitare la Pellegrini a nuotare alla Reggia, giuro), e come il resto del mondo stia ridendo di questa politica che, oltre che nella mafia, si infiltra anche nell’arte e nella bellezza. «Chiudono biblioteche, chiudono gli archivi, chiude tutto ciò che non è funzionale al profitto», si dicono tra loro. Siamo alla mercificazione della bellezza ad uso e consumo dei potenti: questi l’hanno già rimesso in funzione, il Colosseo.
E mentre li osservavo mi è venuto da pensare a quanto sia cambiata la funzione del patrimonio in Italia: dall’energia alternativa che poteva (e doveva) essere è diventato (anche lui) la bomboniera del governo, il souvenir di questi che sono capitati in gita per caso a guidare un Paese. «Franceschini sta facendo da ministro più danni di Sandro Bondi» ha detto uno di loro. E mentre lo diceva aveva tutto il dispiacere di dirlo perché davvero sembrava impossibile che il peggio non fosse passato, almeno su certi argomenti. E per un attimo ho provato le vertigini che incorrono tra la competenza e la propaganda. Chissà che magari prima dell’estate non lo inauguri, Renzi, il Colosseo.
Buon martedì.