Il Parlamento greco ha approvato un pacchetto, l’ennesimo, di tagli e risparmi alla spesa pubblica. La misura vale 5,4 miliardi di euro e prevede tagli alle pensioni, la fusione di diversi fondi, l’aumento i contributi previdenziali e aumentare le tasse per i redditi medi e alti. L’approvazione delle misure è stata difesta dal premier Tsipras, che ha sostenuto che così il sistema diventa sostenibile e che solo il 7,5% dei pensionati viene toccato.
Molti greci non la pensano così: sottoposti all’ennesimo pacchetto guidato da una filosofia di austerity non vedono – e con loro la maggior parte degli economisti – come si possa uscire dalla recessione a forza di tagli. In questi giorni il Paese è stato paralizzato da scioperi del settore dei trasporti e da manifestazioni ad Atene e Salonicco. Ad Atene ci sono stati anche scontri tra anarchici e polizia. Su come aiutare il Paese sono divisi anche l’Unione europea e il Fondo Monetario: l’organismo di finanza internazionale guidato da Christine Lagarde ritiene che gli obbiettivi di bilancio fissati da Bruxelles siano eccessivamente duri e che sia ora di parlare di ristrutturazione del debito – ovvero di un ridimensionamento di quanto Atene deve ai creditori. L’Europa chiede un surplus di bilancio del 3,5% entro il 2018, il Fondo ritiene che ci si dovrebbe fermare all’1,5%.
Il voto greco è concomitante, non a caso, con un vertice europeo. Oggi a Bruxelles i ministri delle Finanze discutono di un nuovo prestito. A loro ha scritto una lettera pubblica il ministro dell’economia greco Tsakalos, che spiega: «Nessuno dovrebbe credere che un’altra crisi greca, che potrebbe produrre un default del Paese possa essere utile per qualcuno. Non c’è modo che un simile pacchetto possa essere approvato dal governo attuale, o da qualsiasi governo democratico che sono in grado di immaginare».
Il nodo di oggi e dei prossimi giorni è proprio questo: Tsipras ha fatto quanto gli è stato chiesto ma non può fare di più. Non può per ragioni politiche e di consenso e non può perché il Paese è allo stremo, il Pil si è ridimensionato dle 25% in questi anni e la disoccupazione continua a essere sopra il 20%. Le divisioni tra Fondo monetario e Commissione non aiutano a dare tranquillità ai debitori e aggiungono pathos ai negoziati: il Fondo potrebe decidere di non prestare soldi se l’Europa chiederà misure eccessivamente dure – a Washington sanno che più austerità e nessuna rinegoziazione del debito significa semplicemente aumentare le difficoltà di Atene, anche di restituire una parte dei soldi dovuti.
La grande novità del vertice di oggi è che, per la prima volta, si discuterà di una ristrutturazione. Il ministro dell’economia tedesco Sigmar Gabriel (Spd) ha dichiarato alla Reuters: «Tutti sanno che se ne dovrà parlare prima o poi, rinviare è inutile, bisogna interromprere questa spirale»· Naturalmente il potente ministro delle Finanze Wolfgang Schauble non è d’accordo. Il vertice di oggi è cruciale: senza un nuovo finanziamento, la Grecia non sarà in grado di pagare la tranche di debito prevista a luglio e rischia l’espulsione dall’eurozona. Chiedere però nuove misure di austerity in cambio di un prestito sarebbe, come ha sottolineato Tsakalos, ingestibile per la maggioranza guidata da Tsipras. Ci risiamo. Oggi sapremo se l’Europa è capace di cambiare – leggermente – strada.