Da qualche tempo leggo e annoto gli slogan che spuntano in ogni luogo della città: sui muri, sui cartelli pubblicitari, sui marciapiedi, sulle vetrine dei negozi, nelle manifestazioni, in piazza. Proprio sotto casa hanno scritto “Leur futur n’a pas d’avenir”, il loro futuro è senza avvenire. I francesi amano giocare con le parole e in questa stagione di mobilitazione anche le parole sembrano aver voglia di liberarsi. L’uso del linguaggio è molto diverso secondo i contesti e credo che questo contribuisca al dialogo tra sordi che si è stabilito tra il governo e i protestatari. Paradossalmente i due attori principali dello scontro, il governo e il sindacato di sinistra, la Cgt, usano lo stesso linguaggio ingessato di sempre. Il primo ministro ha accusato la Cgt di essere una minoranza che tiene in ostaggio la Francia, il sindacato ribatte che il governo ha mostrato il suo vero volto: antidemocratico, aggressivo, illiberale. Settimo giorno di mobilitazione nazionale, giovedì 27 maggio, 87 marzo per il calendario Nuit Debout: la partecipazione alle manifestazioni è in aumento in tutto il Paese, lo slogan è “On arrête tout”, fermiamo tutto. A Parigi le pompe di benzina sono a secco da tre giorni, le centrali nucleari sono in sciopero, i porti e molte reti autostradali sono presidiate, il governo ha dovuto attingere alle riserve di risorse previste in caso di emergenza. La Francia non è nuova a queste forme di protesta estreme ma ci sono due cose che appaiono insolite. La prima è il dispositivo di stampo paramilitare che viene utilizzato per gestire il dissenso. Lo stato di emergenza a seguito degli attentati di novembre ha favorito l’installarsi di dispositivi di sicurezza impressionanti. Con il passare dei giorni aumenta vertiginosamente il numero dei feriti da entrambe le parti, ma soprattutto tra i manifestanti che vengono colpiti dalle flash-ball dei CRS e dai gas lacrimogeni. Centinaia di camionette della polizia attraversano incessantemente la città a sirene spiegate. L’altro fenomeno è quello della convergences des luttes, o lotte convergenti. La protesta contro la legge del lavoro ha messo in moto un movimento profondo e sempre più diffuso nella società, un movimento di protesta e di critica radicale al sistema capitalista i cui danni sono sempre più gravi, manifesti e incontrollati. Non è più possibile stare a guardare il disastro che è sotto i nostri occhi; è per questo che sempre più gente si sta mobilitando. Le persone che animano i dibattiti di piazza del movimento Nuit Debout e che scendono in strada non certo sono tutti sindacalisti! Il governo e i partiti nella loro forma tradizionale sembrano del tutto impreparati a gestire l’emergere di un conflitto complesso, multiforme, stratificato e di lunga durata. La confusione regna, le dichiarazioni ufficiali si contraddicono di ora in ora, per un voto ieri non è passata all’Assemblée la proposta di legge per la regolamentazione degli stipendi dei dirigenti d’impresa. Prendo a prestito le parole di Yves Pagès, scrittore e editore engagé dal suo blog: «non lasciamoci ingannare da questa criminalizzazione preventiva delle dissidenze sociali e esistenziali in corso. Oggi più che mai, la rivolta dei precari è all’ordine del giorno. E lo è la Nuit Debout, se vi ritroviamo l’eterogeneità dei nostri vissuti, se riaffermiamo che non crediamo più al ritorno del Pieno-impiego stabile, e soprattutto se non ne desideriamo il ritorno nella sua versione deregolata (come in Germania e nel Regno Unito). È tempo di lottare per strappare nuovi diritti a fronte di nuove forme di impiego che ci vengono imposte. Ci vorrebbero intercambiabili e usa e getta, diventiamo permanentemente instabili!». Parigi quasi senza macchine è bellissima e si moltiplicano gli annunci di car sharing tra vicini. Io continuo la mia “flânerie” alla ricerca delle parole liberate che raccontano quello che sta accadendo.

Da qualche tempo leggo e annoto gli slogan che spuntano in ogni luogo della città: sui muri, sui cartelli pubblicitari, sui marciapiedi, sulle vetrine dei negozi, nelle manifestazioni, in piazza. Proprio sotto casa hanno scritto “Leur futur n’a pas d’avenir”, il loro futuro è senza avvenire.

I francesi amano giocare con le parole e in questa stagione di mobilitazione anche le parole sembrano aver voglia di liberarsi. L’uso del linguaggio è molto diverso secondo i contesti e credo che questo contribuisca al dialogo tra sordi che si è stabilito tra il governo e i protestatari. Paradossalmente i due attori principali dello scontro, il governo e il sindacato di sinistra, la Cgt, usano lo stesso linguaggio ingessato di sempre. Il primo ministro ha accusato la Cgt di essere una minoranza che tiene in ostaggio la Francia, il sindacato ribatte che il governo ha mostrato il suo vero volto: antidemocratico, aggressivo, illiberale.
Settimo giorno di mobilitazione nazionale, giovedì 27 maggio, 87 marzo per il calendario Nuit Debout: la partecipazione alle manifestazioni è in aumento in tutto il Paese, lo slogan è “On arrête tout”, fermiamo tutto. A Parigi le pompe di benzina sono a secco da tre giorni, le centrali nucleari sono in sciopero, i porti e molte reti autostradali sono presidiate, il governo ha dovuto attingere alle riserve di risorse previste in caso di emergenza. La Francia non è nuova a queste forme di protesta estreme ma ci sono due cose che appaiono insolite.
La prima è il dispositivo di stampo paramilitare che viene utilizzato per gestire il dissenso. Lo stato di emergenza a seguito degli attentati di novembre ha favorito l’installarsi di dispositivi di sicurezza impressionanti. Con il passare dei giorni aumenta vertiginosamente il numero dei feriti da entrambe le parti, ma soprattutto tra i manifestanti che vengono colpiti dalle flash-ball dei CRS e dai gas lacrimogeni. Centinaia di camionette della polizia attraversano incessantemente la città a sirene spiegate.
L’altro fenomeno è quello della convergences des luttes, o lotte convergenti. La protesta contro la legge del lavoro ha messo in moto un movimento profondo e sempre più diffuso nella società, un movimento di protesta e di critica radicale al sistema capitalista i cui danni sono sempre più gravi, manifesti e incontrollati. Non è più possibile stare a guardare il disastro che è sotto i nostri occhi; è per questo che sempre più gente si sta mobilitando. Le persone che animano i dibattiti di piazza del movimento Nuit Debout e che scendono in strada non certo sono tutti sindacalisti! Il governo e i partiti nella loro forma tradizionale sembrano del tutto impreparati a gestire l’emergere di un conflitto complesso, multiforme, stratificato e di lunga durata. La confusione regna, le dichiarazioni ufficiali si contraddicono di ora in ora, per un voto ieri non è passata all’Assemblée la proposta di legge per la regolamentazione degli stipendi dei dirigenti d’impresa.
Prendo a prestito le parole di Yves Pagès, scrittore e editore engagé dal suo blog: «non lasciamoci ingannare da questa criminalizzazione preventiva delle dissidenze sociali e esistenziali in corso. Oggi più che mai, la rivolta dei precari è all’ordine del giorno. E lo è la Nuit Debout, se vi ritroviamo l’eterogeneità dei nostri vissuti, se riaffermiamo che non crediamo più al ritorno del Pieno-impiego stabile, e soprattutto se non ne desideriamo il ritorno nella sua versione deregolata (come in Germania e nel Regno Unito). È tempo di lottare per strappare nuovi diritti a fronte di nuove forme di impiego che ci vengono imposte. Ci vorrebbero intercambiabili e usa e getta, diventiamo permanentemente instabili!».
Parigi quasi senza macchine è bellissima e si moltiplicano gli annunci di car sharing tra vicini. Io continuo la mia “flânerie” alla ricerca delle parole liberate che raccontano quello che sta accadendo.