Lo straordinario patrimonio di biblioteche pubbliche in Italia è ridotto al lumicino, per mancanza di personale e tagli ai finanziamenti. Ma oltre alla crisi ora si aggiunge la beffa. Dei 500 nuovi assunti promessi dal ministero dei Beni culturali ne sono stati reclutati solo 25. Di fronte all’assoluta insufficienza di queste nuove assunzioni (e alla grancassa della politica degli annunci, a cui non seguono i fatti) venerdì 27 maggio si sono dimessi quattro autorevoli componenti del Comitato tecnico scientifico nazionale per le biblioteche. Parliamo dell’ordinario di Biblioteconomia Mauro Guerrini, del direttore della Biblioteca nazionale di Firenze Luca Bellingeri, dell’archeologo e docente emerito Paolo Matthiae e di Gino Roncaglia, fra i maggiori esperti italiani di informatica e new media nel settore dell’editoria e dell’insegnamento universitario.
I quattro studiosi hanno rimesso il loro mandato in netto dissenso con l’operato del ministro Dario Franceschini dal momento che il provvedimento intrapreso è così debole da non cambiare di una virgola la grave situazione delle biblioteche italiane, di cui è compromessa la sopravvivenza stessa. Senza contare che – denunciano i professionisti dei beni culturali riuniti in Emergenza cultura – fu lo stesso Dario Franceschini a ridurre le piante organiche a 19.050 unità, per poi bandire un concorso per 500 posti, ora scemati a 25.
Con analogo dissenso verso l’operato del Mibact anche l’ordinario di biblioteconomia Giovanni Solimine, autore di numerosi saggi sul drammatico stato dell’arte della lettura in Italia, si è dimesso dal Consiglio superiore dei beni culturali e paesaggistici. Nella lettera inviata al ministro Dario Franceschini motiva così la sua scelta: «Per una questione così rilevante come l’attribuzione di risorse umane ad un settore ormai giunto al collasso – riduzione degli orari di apertura, scarsa accessibilità del patrimonio, invecchiamento delle collezioni, costante abbassamento del livello dei servizi erogati, contrazione dell’utenza e, come conseguenza di tutto ciò, una sostanziale marginalità delle biblioteche statali nel panorama bibliotecario nazionale – non si è ritenuto di usare altri parametri se non quelli aritmetici».
Non solo, insomma, il ministero ha applicato un mero criterio economicistico, pensando che i soldi investiti nei beni culturali siano una spesa e non un investimento, ma, come denuncia lo storico dell’arte Tomaso Montanari, non sembra tener in nessun conto lo scenario futuro: «Nell’arco dei prossimi 5 anni, circa il 60 per cento dei bibliotecari attualmente in organico lascerà il servizio e solo nel corso del 2016 sono previsti 37 pensionamenti». Posti che, stando al quadro attuale, resteranno vacanti.
Intanto quanto sia profonda la crisi lo dice, per fare un esempio, il caso della biblioteca dell’Inasa, l’Istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte, fondato nel 1922 da Corrado Ricci e da Benedetto Croce, che ha sede a Palazzo Venezia. A causa dei tagli dei finanziamenti da parte del Mibact, il prestigioso istituto si vede costretto alla vendita straordinaria di libri. L’elenco può essere richiesto via email all’indirizzo [email protected]. Il ricavato delle vendite andrà a sostegno di attività di studio, di ricerca e per lavori di restauro. Grazie alle borse di studio dell’Inasa, va ricordato, si sono formati alcuni dei più importanti storici dell’arte e archeologi del Novecento.
In foto la Biblioteca Girolamini di Napoli che fu saccheggiata dal suo direttore, De Caro: sottrasse circa duemila libri antichi poi rivenduti, come ha stabilito una sentenza passata in giudicato