«Un atto di terrore e di odio». Barack Obama ha descritto così la strage di Orlando. Un atto di terrore e di odio che aveva un obiettivo specifico: la comunità LGBT, perché l'attentatore, Omar Siddiqui Mateen, ha scelto volutamente di colpire un locale gay

«Un atto di terrore e di odio». Barack Obama ha descritto così la strage di Orlando. Un atto di terrore e di odio che aveva un obiettivo specifico: la comunità LGBT, perché l’attentatore, Omar Siddiqui Mateen, non ha scelto una piazza affollata o un locale come tanti, non ha voluto colpire tutti indiscriminatamente, ha scelto con precisione: un locale gay in Florida nel mese in cui ogni anno in tutto il mondo si festeggia il Pride.
A Los Angeles probabilmente poteva accadere qualcosa di molto simile, visto che la polizia, a quanto riporta L.A Times, ha fermato un uomo che si stava recando alla parata del Gay Pride con un auto carica di armi e esplosivo, un vero e proprio arsenale.
E proprio l’odio nei confronti della comunità Lgbt è una delle chiavi per capire davvero cosa è successo a Orlando domenica sera durante la più terribile sparatoria di massa nella storia degli Stati Uniti. «Una sparatoria senza precedenti – scrive la rivista statunitense The Atlantic – in termini di numero di vittime coinvolte (50 ragazzi uccisi e 53 feriti) e di violenza, ma non nella scelta dell’obiettivo. Questo infatti è un esempio extra ordinario di una tipologia di aggressioni che invece sono molto comuni negli Stati Uniti: quelle motivate da un odio profondo nei confronti delle persone Lgbt».

Dei fiori e un cartello lasciati all'esterno dell'ambasciata deli Stati Uniti a Bangkok in Thailandia per commemorare le vittime di Orlando (AP Photo/Mark Baker)
Dei fiori e un cartello lasciati all’esterno dell’ambasciata deli Stati Uniti a Bangkok in Thailandia per commemorare le vittime di Orlando (AP Photo/Mark Baker)

Per capire quanto sia diffuso il fenomeno basta guardare infatti ai dati diffusi dall’Fbi sui cosiddetti hate-crimes, i crimini che hanno come movente l’odio razziale, religioso o sessuale. In un’analisi realizzata nel 2011 dal Southern Poverty Law Center a partire dai dati rilasciati dall’intelligence emerge, per esempio, che fra il 1995 e il 2008, su un totale di 88 mila 463 aggressioni, 15mila 351, ben il 17,4% di tutti gli hate-crimes rilevati, sono avvenute contro persone Lgbt. Confrontando questi numeri con quelli degli altri gruppi sociali si scopre che lesbiche, gay, bisessuali e trans sono in media vittime di violenza 2,4 volte in più rispetto a una persona di origine ebraica, 2, 6 volte in più di uomini o donne di colore, 4,4 volte in più di un musulmano, 13,8 volte in più rispetto a messicani e persone di etnia latina, ma soprattutto ben 41,5 volte in più rispetto agli eterosessuali bianchi. Si tratta una semplice questione di matematica: la comunità Lgbt americana è più piccola rispetto agli altri gruppi etnici o religiosi che compongono la società statunitense e questo fa sì che il numero di crimini che colpisce persone Lgbt impatti maggiormente a livello statistico. Dando uno sguardo anche ai dati diffusi dall’Fbi nel 2013 emerge inoltre che i reati e le aggressioni che avevano come movente principale l’odio erano motivati da questioni legate all’orientamento sessuale ben nel 20% dei casi. L’orientamento sessuale dunque è, ad oggi, l’unico fattore che sembra ancora contare di più della “razza” nello scatenare la violenza e fa riflettere che la maggior parte di questi crimini non sono stati commessi da degli estremisti islamici, ma che sia quindi qualcosa che scorre, nemmeno troppo sotto traccia, nella stessa America che rende legali in tutti i suoi stati i matrimoni gay.

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Non è la prima volta che un club gay diventa un obiettivo per attacchi violenti e aggressioni, nel 2014, per esempio un uomo, Musab Masmari, aveva tentato di incendiare un locale Lgbt di Seattle il giorno della vigilia di Capodanno. Nel bar c’erano 750 persone, fortunatamente nessuno rimase ferito.
Il dato che conta però è che, per tutti questi episodi eclatanti e ben visibili, esistono, e sono la maggior parte, una gran quantità di casi isolati e micro aggressioni, dal pestaggio per strada ad azioni di bullismo nelle scuole, che dimostrano come la discriminazione nei confronti delle persone Lgbt sia ancora molto diffusa e comune. «Molto spesso chi è omosessuale viene diffamato con affermazioni volgari e pesanti» spiega Mark Potok del Southern Poverty Law Center «i gay vengono destritti come pervertiti, pedofili, persone che sono invischiate in pratiche ripugnanti e innaturali. Ci sono tante forme di odio nei confronti di gruppi specifici o minoranze in questo Paese (basta pensare a quanto sta avvenendo con la comunità afroamericana ndr), ma raramente ci si riferisce a loro apostrofandoli in modo così umiliante».
E questa non è una caratteristica propria solo degli integralisti religiosi, siano essi musulmani che inneggiano a Isis perché schifati dal fatto che due uomini si possano baciare per strada, o ferventi e bigotti cristiani convinti di essere portavoce della parola di un qualche dio bianco e altrettanto bigotto. Questa è una forma di discriminazione che fa parte di quel composito Dna di cui sono fatti gli Stati Uniti, un melting pot nel quale agli elettori di Clinton e Sanders si mescolano quelli repubblicani e quelli razzisti e intransigenti di Trump. Nel 2014, secondo dati diffusi dal Public Religion Research Institute, la maggior parte degli Americani riteneva che il sesso omosessuale fosse “moralmente inaccettabile” e il 14% si diceva convinto che l’Aids potesse essere “una punizione divina per aver avuto dei comportamenti sessuali immorali”.

Un luogo di commemorazione per le vittime in Australia (AP Photo/Rick Rycroft)
Un luogo di commemorazione per le vittime di Orlando in Australia (AP Photo/Rick Rycroft)

«Ovviamente non c’è un automatica relazione fra l’odio nei confronti dei gay e le sparatorie di massa – si legge sempre su The Atlantic – ma la retorica e i sentimenti anti Lgbt, che non sono poco comuni, sono parte integrante di gran parte del contesto sociale di cui si compongono gli Stati Uniti» e anche con questa compagine dovrà, deve, fare i conti la politica americana, soprattutto in questi mesi di campagna elettorale e in particolare quando in corsa per la Casa Bianca c’è un candidato come Donald Trump che a aggressioni fondate sull’odio risponde fomentando altro odio.
Ma numeri e dati dell’omofobia negli States uniti a quanto successo con la strage di Orlando aprono la riflessione anche fuori dai confini degli Stati Uniti e ricordare, soprattutto a quelli che “abbiamo tanti problemi più urgenti da risolvere dei diritti Lgbt”: si tratta di una questione di democrazia, vitale (e urgente) quanto tante altre per distinguerci da chi democratico non è.