Non bastavano gli 80 euro. Evidentemente a qualcuno non è ancora chiaro che un lascito o una promessa del governo nazionale a ridosso delle elezioni è sempre di cattivo gusto specialmente se arriva da Presidente del Consiglio autoproclamatosi statista e invece sempre più concentrato sul prossimo quarto d’ora. C’è un’inopportunità che rasenta il voto di scambio ogni volta che un politico quantifica con sospetta precisione il beneficio in grado di elargire in tempi strettissimi. Non è un reato, certo ma è una cosa schifosa. Schifosa sì.
A Roma Giachetti s’è sparato la campagna elettorale tirando fuori ciclicamente la propria vicinanza a Renzi e al governo: i suoi “chiederò a Renzi” pronunciati con la faccetta di quello che gigioneggia sulle sue amicizie che contano hanno trasformato la campagna elettorale in un bisticcio sul “mio padre è più bravo del tuo”, quelli da asilo, quei duelli che solitamente si conclude con qualcuno che sibila “io sempre uno più di te” e niente. Vince lui. Dibattiti profondi, insomma.
Oggi ci cade anche la Boschi, ovviamente: se a Torino non vince il PD, dice, Torino perderà 250 milioni. Poi si corregge ovviamente chiarendo come si riferisse in realtà ad un progetto che il M5S aveva detto di non voler fare. Smentito anche questo: la Appendino (candidata sindaco per il M5S, appunto) dichiara di non essersi mai espressa così. Tante scuse. Tutto finito. Con Fassino che parla di fraintendimento. Olè.
Di certo sembra che oggi “essere del PD” o meglio ancora renziano sia un prerequisito fondamentale per candidarsi in una città che possa ottenere un occhio di riguardo dal governo. Sempre la solita storia del merito di essere vicino a qualcuno che conta. A proposito di meritocrazia. E con questa abitudine di essere solidali soprattutto con i propri sodali. Come Salvini. Come una banda. Un clan.