È stata prosciolta dall’accusa di traffico illecito di virus la ricercatrice Ilaria Capua. Un’accusa che l’aveva portata ad essere iscritta nel registro degli indagati in seguito a un’inchiesta dei Nas coordinati dalla Procura di Roma. «Non luogo a procedere» per la virologa romana e altre 12 persone. Così il giudice per l’udienza preliminare di Verona, Laura Donati.
Il caso ha visto la ricercatrice al centro di una gogna mediatica che alla fine l’ha portata alla decisione di trasferirsi all’estero. Oggi Ilaria Capua (che nel 2013 è stata eletta in Parlamento con Scelta civica di Monti) è alla guida di un centro di eccellenza statunitense: il dipartimento dell’Emerging Pathogens Institute dell’università della Florida, dopo essere stata direttore del Dipartimento di scienze biomediche comparate dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie di Legnano, centro di riferimento in Italia per lo studio del virus dell’aviaria.
Tutto cominciò una decina di anni fa, quando scoppiò il caso della pandemia di aviaria (virus H5n1) la cui pericolosità fu ingigantita dai media occidentali e la conseguenza fu l’acquisto di milioni di inutili dosi del farmaco Tamiflu da parte di numerosi Paesi, Italia compresa. Nel 2006 la virologa decise di rendere pubblica la sequenza genetica del virus dell’aviaria, con l’idea che ci dovesse essere un libero accesso a tutti i dati su sequenze genetiche dei virus influenzali. Capua ha sempre avuto l’idea della ricerca open source di piena condivisione dei dati da parte della comunità scientifica, anche per questo, consapevole di sfidare il sistema, depositò la sequenza genetica del ceppo africano dell’influenza H5N1 in un database open access. Una decisione che accese l’interesse dei media, con interviste e articoli apparsi su giornali anche Oltreoceano dal Wall Street Journal al New York Times, ma anche con interventi su riviste specializzate e autorevoli come Science e Nature.
Si accesero così i riflettori su di lei e il caso della ricercatrice che ha il coraggio di rompere consuetudini consolidate, che sfida le istituzioni e gli steccati delle specializzazioni diventa internazionale. Ilaria Capua ha sempre sostenuto che non si possono leggere le malattie virali umane e quelle animali in modo scisso, ma bisogna sempre considerare e studiare le interazioni con l’intero contesto di vita.
Nonostante il suo percorso scientifico convalidato da laurea e specializzazione, nonostante i suoi circa duecento lavori pubblicati su riviste scientifiche indicizzate, si determinò intorno a lei un clima di veleni e di sospetti. Nel 2014 l’Espresso le dedicò la storia di copertina raccontando che era stata iscritta nel registro degli indagati. L’accusa è pesante: associazione a delinquere per corruzione, abuso d’ufficio, e traffico di virus. Un’accusa che, se provata, per uno scienziato e ricercatore significa la fine della carriera, comportamenti simili non solo violano la legge, ma vanno contro i principi che fondano la ricerca e la sperimentazione, volta a trovare una cura per le malattie, non per produrre danno alla salute delle persone.
La storia di copertina dell’Espresso (qui l’articolo originale “Quel business segreto della vendita dei virus”) parlava di un traffico internazionale di virus in cui l’Italia sarebbe stata uno snodo fondamentale. Questo inquietante scenario, secondo il settimanale, sarebbe emerso da un’inchiesta top secret della procura di Roma su virus «scambiati da ricercatori senza scrupoli e dirigenti di industrie farmaceutiche». Nell’articolo si parlava di una presunta cessione illecita di stipiti virali ad aziende farmaceutiche per la produzione di vaccini veterinari, ma anche di sfruttamento illecito dei diritti del brevetto Diva a favore di nuovo cartello di industrie farmaceutiche veterinarie per il controllo di epidemie H7 nel pollame in un lungo arco di anni, dal 1999 al 2006.
Sempre stando all’Espresso, in quella “impresa” sarebbe stato coinvolto anche il marito di Ilaria Capua, Richard John William Currie insieme ad altre 38 persone. La ricercatrice si difese pubblicamente scrivendo una lettera al Messaggero Veneto in cui si diceva certa di essere presto scagionata da quelle accuse infamanti e lesive della sua immagine. Oggi l’Espresso dà notizia del suo proscioglimento, ribadendo che l’inchiesta dei Nas «mette in risalto gli affari e i conflitti di interessi celati dietro emergeneze sanitarie», raccontando «con dati di fatto quanto l’avaria abbia arricchito Big Pharma». Sull’inefficacia del Tamiflu per l’avaria sono state pubblicate numerose inchieste e una infinita messe di articoli negli ultimi anni. Inchieste che hanno documentato dati alla mano – contestati dalla farmaceutica Roche – che questo farmaco ha più o meno la stessa efficacia del paracetamolo.