La politica inglese pensava di essersi disfatta di Boris Johnson. Con la sua ultima conferenza stampa, quella durante la quale aveva rinunciato alla corsa alla leadership del partito, commentatori e analisti avevano tirato un sospiro di sollievo: il “mostro” che avevano contribuito a creare si era autodistrutto. Ma ancora una volta, la sete di potere dell’ex sindaco di Londra ha avuto la meglio e la rinuncia alla premiership gli ha regalato il ruolo di ministro degli esteri nel neo insediato governo di Theresa May.
Boris, licenziato da due quotidiani inglesi per essersi inventato di sana pianta le notizie che scriveva, ha tentato la strada della politica e, sostenuto dai suoi ex-colleghi della carta stampata, è diventato un’icona londinese al pari del Big Ben e i suoi capelli arruffati celebri come i cappelli della regina.
Ma la voglia di mentire non gli è mai passata. Ed è lo stesso ministro degli esteri francese, Jean-Marc Ayrault, che ieri dai microfoni di Europe 1 Radio ha detto quello che mezzo mondo pensa: «È un bugiardo con le spalle al muro. Ha mentito sul referendum e lo farà ancora. Io ho bisogno di avere a che fare con qualcuno di credibile e affidabile, non certo un ministro degli esteri ambiguo e confuso». La sua inclinazione alla menzogna va di pari passo con l’immagine del gaffeur: non ultimo, l’aver definito Barack Obama “mezzo keniano” e l’aver accostato l’idea di Europa di Jean Claude Juncker a quella di Adolf Hitler.
E ieri pomeriggio, per la sua prima uscita pubblica da rappresentante del Regno Unito sulla scena internazionale, Boris è andato proprio al ricevimento del 14 luglio all’ambasciata francese a Londra dove è stato accolto da fischi e insulti. Ad eccezione del Telegraph, giornale di cui Boris è editorialista di punta, molti dei quotidiani inglesi avevano già mandato alle stampe il necrologio dell’ex sindaco, vittima della sua stessa vanità e annegato nel mare delle sue stesse bugie. Ma BoJo è tornato e questa volta sembra determinato nel lasciare un segno indelebile nella diplomazia britannica.
Boris Johnson ministro, fenomenologia della sete di potere
L'ex sindaco di Londra leader del fronte Brexit, l'ex candidato alla premiership del partito conservatore, ritorna in pista come ministro degli Esteri. Ma l'Europa non gradisce