Se davvero come dice il vicepremier tedesco il Ttip è giunto al capolinea, ci sarebbe da stappare bottiglie: sarebbe un raro segno del gioco delle oligarchie che si inceppa

Se davvero ha ragione Sigmar Gabriel, il ministro all’economia tedesco nonché vice cancelliere, quando dice che il TTIP in realtà sia ormai saltato, beh, ci sarebbe da aprire le bottiglie migliori. E non solo perché il trattato economico tra USA e Europa (il TTIP, appunto) è la sintesi del turbocapitalismo per leccare il deretano dei potenti ma anche perché il TTIP non è mai diventato popolare. Mentre qualcuno con molta fatica cercava di raccontare quanto fosse prepotente il tentativo di appiattire le regole degli scambi di commerciali in onore del nord America ma anche perché un fallimento del genere sarebbe frutto dell’iniziativa politica europea che, per una volta, decide di non fare politica seguendo le addizioni.

Ma non tutti, no. Io mi emoziono pensando che ci sia una sana indignazione per la brutta frase di Bruno Vespa con cui esulta (in modo cortese e televisivo, si intende) per un terremoto. Se ai tempi del terremoto a l’Aquila abbiamo sentito le risate qui almeno hanno  tentato di nascondersi dietro un patetico digrignar di denti. Almeno quello. Hanno provato a dissimulare per vergogna. Almeno questo.

Intanto Matteo Renzi decide di nominare commissario straordinario per il terremoto il primo nome non servile degli ultimi anni. Attenzione: Errani non è Gandhi, non sia mai, e Renzi non ha dimostrato improvvisa illuminazione. Però se il premier non avesse il dubbio di avere perso consenso avrebbe probabilmente nominato suo padre, suo cugino o al massimo il padre di suo cugino. E quindi incassiamo con una certa insoddisfazione.

Detto questo verrebbe da dire che forse ogni tanto il giochetto delle oligarchie rischi davvero di rallentare. Niente di che, per carità, ma ogni volta che viene messo in discussione una prepotenza che pare ormai scontata si apre uno spazio per inserisci una discussione, un dibattito, per costruire un dubbio. La politica, insomma, intesa come differenza tra ciò che crediamo vero anche se non lo è e ciò che sarebbe giusto anche se difficilmente popolare.

Nel Paese della speranza, quella vera, qualcuno si infilerebbe per provare a smontare i luoghi comuni. Succede? Succederà?

Buon lunedì’.