A cavallo, con le facce dipinte di nero e giallo, i Lakota Hunkpapa, discendenti diretti di Toro Seduto, combattono contro l'oleodotto sotterraneo in in North Dakota. Il 9 settembre il giudice deciderà se sospendere i lavori

A cavallo, con le facce dipinte di nero e giallo, i Lakota Hunkpapa, discendenti diretti di Toro Seduto, combattono contro i nuovi cowboy dell’energia fossile e le loro infrastrutture. «Questa è la terra dove sono sepolti i nostri antenati. E in un solo giorno di lavori questa terra sacra è stata trasformata in un buco». La tribù Sioux non esita a definire “resistenza” la lotta contro l’oleodotto sotterraneo in North Dakota e chiama a raccolta tutte le altre tribù proponendosi di ospitare il National Powwow, il raduno annuale dei capi. Accampati da gennaio 2016 nel Sacred Stone Camp, nel bel mezzo della riserva dove il progetto prevede il passaggio dell’oleodotto, attendono che il giudice stabilisca se i lavori vanno sospesi oppure no.

L’udienza si terrà il 9 settembre, intanto si susseguono le proteste e gli scontri: finora si contano più di 20 arresti, dal momento in cui lo sceriffo Kyle Kirchmeier ritiene che la protesta sia illegale. E mentre gli ambientalisti affiancano i nativi d’America nel tentativo di bloccare i cantieri e presidiando la zona, il governatore Jack Dalrympe ha dichiarato lo stato di emergenza per motivi di pubblica sicurezza.

24 agosto 2016: Susan Sarandon prende parte alle proteste contro l'oleodotto
24 agosto 2016: Susan Sarandon prende parte alle proteste contro l’oleodotto

La compagnia petrolifera Energy Transfer, partner del Texas, ha scelto quelle terre sacre per costruire il Dapl (Dakota Access Pipeline): un oleodotto sotterraneo di 1.900 chilometri che dovrebbe sbucare in Illinois. Per realizzarlo si spenderanno circa 3,7 miliardi di dollari. In caso di guasto o rottura della condotta, il rischio va ben oltre la profanazione delle terre sacre ai Sioux: un incidente potrebbe inquinare le falde del Missouri e quindi compromettere i rifornimenti idrici della popolazione locale.

Perciò, spiegano i contestatori, la realizzazione del Dapl è in aperta violazione al Trattato di Fort Laramie del 1868, in cui il governo americano si impegnava a «garantire per sempre l’utilizzo indisturbato delle risorse idriche» ai nativi. Eppure, non appena l’Army Corps of Engineers (il Genio miltare) ha dato il via libera al progetto, i lavori hanno preso il via, sotto la protezione della polizia statale e dello sceriffo.

«Solo quando avrete inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero e pescato l’ultimo pesce, solo allora vi accorgerete di non poter mangiare il denaro accumulato nelle vostre banche», avverte la saggezza dei nativi. E c’è già chi dice che questa potrebbe essere il primo banco di prova per gli Stati Uniti che ratificando in queste stesse ore l’accordo sul clima di Parigi hanno promesso di cambiare rotta.