Il giudice Melita Cavallo: «Leggi che tutelino i servizi sociali e il lavoro delle donne. E fecondazione per donne single e coppie omosessuali».

Il Fertility day non serve assolutamente a nulla. Meglio leggi sui servizi sociali e il lavoro della donna. E perché no, anche una legge che dia la possibilità di fecondazione assistita alle single e alle coppie omosessuali. Lo sostiene Melita Cavallo, presidente del Tribunale dei minori di Roma fino a dicembre 2015, che ha prodotto sentenze rivoluzionarie che hanno accolto la richiesta di adozione di bambini “in casi particolari” da parte di una coppia omosessuale. È anche autrice del libro Si fa presto a dire famiglia (Laterza) in cui racconta storie di uomini e donne alle prese con i drammi e le conquiste dell’essere genitori, al di là dei ruoli tradizionali.

«Se si vuole che la donna affronti la maternità più giovane oppure che non si fermi al primo figlio, il legislatore deve fare ben altro, rispetto al Fertility day. Deve aiutare la donna con l’incrementare i servizi, dagli asili nido alle scuole per l’infanzia, che adesso non sono mai in sintonia con il lavoro dei genitori. La donna è sola, e se non ci sono nonni o zii è difficile mantenere una baby sitter, con gli stipendi che si ritrovano le giovani coppie», dice Melita Cavallo. Ma soprattutto è necessario garantire il lavoro alle aspiranti madri che hanno un lavoro precario. «E invece adesso in molte aziende si fa capire in qualche modo alla giovane che il contratto non arriverà mai se per caso decide di avere un figlio. Come si fa a chiedere alle donne di fare figli se poi rischiano di essere licenziate una volta incinte?».

Ma non solo, il legislatore può agire anche in altre direzioni. «Molte persone potrebbero scegliere di avere dei figli se ne avessero la possibilità in Italia. Invece sono costrette a recarsi all’estero, con notevoli costi. E non mi riferisco solo alle coppie omosessuali ma anche alle donne single», sottolinea il giudice. Ma come intervenire? «Si potrebbe mettere mano alla legge 40, già smantellata da tante sentenze, cercando di trasformarla in una legge – che deve essere molto rigorosa – che permetta anche alla donna sola di accedere alla fecondazione. Del resto quante madri hanno tirato su i figli abbandonate dal marito o dal convivente? Questa possibilità si potrebbe estendere anche alle coppie omosessuali», continua. Per quanto riguarda i figli di queste ultime che, ricordiamo, in Italia si sono visti riconoscere le unioni civili, Melita Cavallo accenna al fatto che è in arrivo un ricorso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo perché sia consentito presso l’anagrafe il riconoscimento immediato del figlio appena nato.

Un modo per tutelare ancora di più il benessere supremo del bambino, che come dice spesso il giudice, deve essere al centro dell’opera del legislatore. Così sarebbe positivo incrementare l’affido in famiglia dei bambini che si trovano negli istituti. «Un bambino prima dei 5 anni non dovrebbe essere chiuso in un istituto. Bisogna evitare che venga spersonalizzato, che viva lontano da una figura femminile e quindi incentivare l’affido, con contributi alle famiglie». Infine, la cittadinanza ai figli dei migranti che nascono in Italia, un provvedimento giusto, che manca. Nel Piano nazionale della fertilità c’è il riferimento ai “figli come bene comune della società”. Il giudice si indigna: «Ma così torniamo ai tempi del fascismo! I figli non sono un bene comune della società, fanno parte di un progetto individuale di vita di una donna e di un uomo».

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Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.