Uno studio sul genoma dimostra che il popolo australiano è l'antenato dell'uomo moderno.

Gli aborigeni australiani avevano ragione: sono il popolo più antico del mondo.

I risultati di uno studio genomico dell’università del Queensland e di Cambridge dimostrano che gli uomini moderni discendono da un’unica ondata migratoria dall’Africa iniziata 72 mila anni fa che ha portato gli aborigeni a insediarsi in Australia 50 mila anni fa.

«Questa storia era scomparsa da lungo tempo dal campo della scienza» – commenta Elke Willesrlev, uno dei direttori della ricerca, – «Ora sappiamo che i loro parenti più lontani sono stati anche i primi esploratori umani reali. I loro antenati si sono attivati per affrontare questo eccezionale viaggio attraverso l’Asia e l’oceano».

 

La ricerca scientifica

Lo studio, pubblicato su Nature, si è servito del genoma di 280 persone di diverse popolazioni aborigene e – partendo dal presupposto che ogni genoma contiene la storia di tutti gli antenati precedenti – ha dimostrato che gli antenati degli aborigeni e dei papuanesi si sono messi in viaggio alla conquista dell’Oceania insieme 58 mila anni fa, dopo essersi separati dal gruppo principale.

Una volta raggiunto il continente di Sahul, che comprendeva Tasmania, Australia e Nuova Guinea, i due gruppi sono rimasti lì fino alla separazione del continente in varie isole 8 mila anni fa, creando due popoli distinti.

Nel viaggio dall’Africa, secondo lo studio, gli aborigeni hanno acquisito i genomi dei Neanderthal e dei Denisoviani (ominidi siberiani) che oggi rappresentano il 4 per cento del loro genoma, facendo decadere la teoria che i non-Sapiens fossero dei goffi preistorici molto diversi da noi.

 

La tradizione orale aborigena

Che la cultura nativa australiana sia una delle più viventi del mondo lo sanno bene gli aborigeni che da millenni si tramandano oralmente di generazione in generazione “Il Tempo del Sogno” (Dream Time), la narrazione mitica della genesi della terra e della civilizzazione umana.  «Questo studio»- commenta Aubrey Lynch, un’aborigena dell’area Goldfields – «conferma le nostre convinzioni che abbiamo antichi collegamenti con le nostre terre e siamo stati qui molto più a lungo di chiunque altro.»

Le analisi al carbone fossile sulle pitture rupestri, infatti, confermano da tempo i risultati della ricerca sul genoma, ma gli archeologi si sono a lungo divisi sulla datazione dell’insediamento aborigeno, sul quale gli antropologi sembrano avere le idee più chiare già da prima.

Lo studio della cultura aborigena – sostengono i prof. Nick Reid e Patrick D. Nunn dell’University of England – dimostra che la tradizione aborigena del “Tempo del Sogno” contiene inestimabili dati sui cambiamenti geologici del continente australiano, come la progressiva comparsa della barriera corallina prima sommersa e del Golfo di Spencer o l’improvviso innalzamento della marea 7000 mila anni fa.

Il patrimonio culturale aborigeno ha sempre destato poco interesse tra gli occidentali, che per secoli hanno considerato la loro mitologia un passatempo per bambini, senza fondamento artistico o storico, eccezion fatta per qualche antropologo come Walter Baldwin Spencer che si è spinto fin lì già nel 1800.

 

Il popolo aborigeno oggi

Il popolo aborigeno, che rappresenta oggi il 3 per cento della popolazione australiana, è stato decimato del 90 per cento dall’incontro con l’Occidente nel XVIII secolo e tuttora non gode di ottima salute: secondo il rapporto del Survival International “Il progresso può uccidere”, gli aborigeni rischiano la morte infantile 6 volte di più rispetto agli altri bambini australiani, si ammalano di diabete 22 volte in più e hanno un’aspettativa di vita di 20 anni inferiore a quella bianca.

Gli aborigeni vivono per lo più nelle riserve o ai margini delle città, scontando il pregiudizio di essere violenti e incivili alimentato da frange intolleranti della politica australiana.

Soltanto nel 2008 sono arrivate le scuse ufficiali del Primo Ministro australiano alla comunità aborigena per la decimazione e la ghettizzazione che ha subito nel corso dei secoli, mentre risale al 1967 il referendum che permette ai nativi di votare e al 1992 l’abolizione del terra nullius, il principio coloniale che espropriava gli aborigeni delle loro terre.

L’anno scorso il parlamento di Canberra ha riconosciuto agli aborigeni lo status di popolazione originaria nel continente prima dell’arrivo dei britannici, ma ancora oggi – secondo Linda Burney, la prima aborigena eletta in Parlamento nella storia –  i diritti della comunità nativa sono in pericolo per la proposta di cambiare il “Racial Discrimination act”, che condanna la discriminazione.