«Se siete nella condizione di sbloccare le carte e di sistemare quello che è fermo da 10 anni noi ci siamo», ha detto Matteo Renzi a Pietro Salini. Più che sull'oggetto, questa volta, ci fermiamo sul soggetto: Salini-Impregilo. È alla festa per i 110 anni del gruppo delle costruzioni (capofila del consorzio che aveva vinto la gara per la realizzazione del Ponte) che il capo del governo e segretario del Pd annuncia la propria disponibilità. Pochi giorni prima, sul Corriere della Sera, l'ad Salini aveva “mandato a dire”, nemmeno troppo tra le righe, «noi siamo pronti. Bastano sei anni. Certo non dipende da noi».
[caption id="attachment_85875" align="aligncenter" width="800"] Il premier Matteo Renzi a Milano per i 110 anni di Salini Impregilo[/caption]
Il Ponte è inutile (cattedrale nel deserto), è dannoso (messa in sicurezza del territorio), sulla sua realizzazione non sono d'accordo i sindaci delle due città metropolitane interessate (Reggio Calabria e Messina). Ma il premier insiste. Vuole spendere questi 8,5 miliardi di euro, questo il costo secondo il cda della Stretto di Messina Spa. Da un anno e mezzo governo e Impregilo si corteggiano: prima con Alfano, poi con lo stesso Renzi a Porta a Porta: ricordate «ogni cosa a suo tempo»? E poi: 40mila posti di lavoro (Renzi ne annuncia 100mila, come Cetto Laqualunque) e vantaggi economici miliardari: «Dieci miliardi per lo Stato tra maggiori tasse, imposte dirette, mancati contributi alla disoccupazione». Giubilo. Anche perché sul cielo azzurro di un radioso futuro grava la minacciosa penale dovuta a seguito della “rottura” del contratto per decisione del governo Monti: oltre un miliardo per il consorzio Eurolink, di cui Impregilo è parte. «Siamo disponibili a rinunciare alle penali e a ricominciare. Vogliamo lavorare, non incassare penali per cose di cui il Paese ha grande necessità. Il Ponte non è né di destra né di sinistra. Serve ai siciliani e agli italiani».
[caption id="attachment_85874" align="aligncenter" width="800"] Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano consegna le insegne di Cavaliere dell'Ordine "Al Merito del Lavoro" a Pietro Salini[/caption]
Vediamo chi è Pietro Salini, che ha molto a cuore la sorte dei siciliani. «Lo Stretto separa 5 milioni e mezzo di siciliani, la Sicilia è grande come la Danimarca. Se non investiamo per collegare l’Europa alla Sicilia - non la Sicilia all’Europa -, perdiamo una occasione straordinaria», ha detto un anno fa al Corriere. Primo dei dieci figli di Simonpietro (classe 1932), patron del Gruppo che veste i panni di presidente, Pietro nasce il 29 marzo di 58 anni fa a Roma, a 20 anni entra nel gruppo di famiglia (Salini Costruttori Spa) e intanto prende una laurea in Economia e commercio a La Sapienza. Piano piano, Pietro, fa la sua scalata dentro il suo gruppo, fino alla nomina di amministratore delegato della Impregilo Spa nel 2012. Quando, un anno dopo, il gruppo arriva a detenere il 92% del controllo di Impregilo, parte il progetto di fusione, dando così vita a Salini Impregilo nel 2014. Prima di giungere alla magnifica sede di via della Dataria, ai piedi del Quirinale, i Salini percorrono una lunga strada. Per trovare il primo appalto bisogna tornare indietro fino ai tempi del Duce, quando nel 1936 nonno Pietro ottiene la commessa per uno stadio da 100mila posti in cui il regime fascista voleva ricevere Adolf Hitler. Una pausa dovuta alla guerra e poi venne la Democrazia cristiana: gli affari crescono negli anni del boom e i Salini si lanciano nel mercato internazionale. La prima occasione si presenta con la costruzione di 250 chilometri di strada, 200 di acquedotto, 50 ponti e la bonifica di 20mila ettari a Tana Beles, in Etiopia, il progetto sponsorizzato da Giulio Andreotti. In due anni i Salini portano a termine le opere. Guadagnata la fama di affidabili, moltiplicano gli affari in Africa. E non solo: autostrade in Georgia, Bielorussa, Ucraina e Turchia, la metro di Stoccolma (1,7miliardi di euro) e molte commesse italiane (tra cui la metro B1 di Roma). I Salini non li ha fermati nemmeno lo scandalo della P2, eppure il padre di Pietro, Simonpietro, risultò iscritto negli elenchi della loggia massonica di Licio Gelli. Infine, recentemente, i Salini si sono sobbarcati i 200 milioni di euro di debiti per acquisire la Todini costruzioni di Luisa Todini, ex europarlamentare vicina a Silvio Berlusconi e Gianni Letta.
[caption id="attachment_85876" align="aligncenter" width="800"] Un tunnel idraulico per "dissetare" Las Vegas: è quanto sta realizzando Salini Impregilo nel Nevada, a Lake Mead. Un progetto che vale circa 450 milioni di dollari[/caption]
Il Gruppo Salini Impregilo
Oggi, il gruppo Salini Impregilo, è un global player nel settore delle costruzioni, leader mondiale per le infrastrutture nel segmento acqua. Dighe, impianti idroelettrici, opere idrauliche, ferrovie e metropolitane, aeroporti e autostrade, edilizia civile e industriale: con le sue opere di costruzioni e ingegneria è attivo in più di 50 Paesi, con una presenza consolidata in America Latina: Cile, Argentina, Perù, Colombia, Panama, Venezuela e Brasile. Conta 35mila dipendenti e un giro d'affari di 4,7 miliardi di euro l'anno, più dell’80% del suo fatturato è realizzato all’estero, il 20% solo in America Latina. Tra le opere del gruppo: l'ampliamento del canale di Panama (in collaborazione con Sacyr Vallehermoso, Jan de Nul e Constructora Urbana), la Diga Tocoma in Venezuela, per la realizzazione di un impianto idroelettrico nel fiume Caroní (in joint venture con Odebrecht e Vinccler); tre progetti ferroviari in Venezuela (in collaborazione con Ghella e Astaldi), che prevedono la costruzione di tre linee per una estensione totale di più di 580 km; due progetti idroelettrici in Colombia (in collaborazione con OHL), o l’ampliamento a quattro corsie dell’autostrada Ruta del Sol, sempre in Colombia.
«Se siete nella condizione di sbloccare le carte e di sistemare quello che è fermo da 10 anni noi ci siamo», ha detto Matteo Renzi a Pietro Salini. Più che sull’oggetto, questa volta, ci fermiamo sul soggetto: Salini-Impregilo. È alla festa per i 110 anni del gruppo delle costruzioni (capofila del consorzio che aveva vinto la gara per la realizzazione del Ponte) che il capo del governo e segretario del Pd annuncia la propria disponibilità. Pochi giorni prima, sul Corriere della Sera, l’ad Salini aveva “mandato a dire”, nemmeno troppo tra le righe, «noi siamo pronti. Bastano sei anni. Certo non dipende da noi».
Il Ponte è inutile (cattedrale nel deserto), è dannoso (messa in sicurezza del territorio), sulla sua realizzazione non sono d’accordo i sindaci delle due città metropolitane interessate (Reggio Calabria e Messina). Ma il premier insiste. Vuole spendere questi 8,5 miliardi di euro, questo il costo secondo il cda della Stretto di Messina Spa. Da un anno e mezzo governo e Impregilo si corteggiano: prima con Alfano, poi con lo stesso Renzi a Porta a Porta: ricordate «ogni cosa a suo tempo»? E poi: 40mila posti di lavoro (Renzi ne annuncia 100mila, come Cetto Laqualunque) e vantaggi economici miliardari: «Dieci miliardi per lo Stato tra maggiori tasse, imposte dirette, mancati contributi alla disoccupazione». Giubilo. Anche perché sul cielo azzurro di un radioso futuro grava la minacciosa penale dovuta a seguito della “rottura” del contratto per decisione del governo Monti: oltre un miliardo per il consorzio Eurolink, di cui Impregilo è parte. «Siamo disponibili a rinunciare alle penali e a ricominciare. Vogliamo lavorare, non incassare penali per cose di cui il Paese ha grande necessità. Il Ponte non è né di destra né di sinistra. Serve ai siciliani e agli italiani».
Vediamo chi è Pietro Salini, che ha molto a cuore la sorte dei siciliani. «Lo Stretto separa 5 milioni e mezzo di siciliani, la Sicilia è grande come la Danimarca. Se non investiamo per collegare l’Europa alla Sicilia – non la Sicilia all’Europa -, perdiamo una occasione straordinaria», ha detto un anno fa al Corriere. Primo dei dieci figli di Simonpietro (classe 1932), patron del Gruppo che veste i panni di presidente, Pietro nasce il 29 marzo di 58 anni fa a Roma, a 20 anni entra nel gruppo di famiglia (Salini Costruttori Spa) e intanto prende una laurea in Economia e commercio a La Sapienza. Piano piano, Pietro, fa la sua scalata dentro il suo gruppo, fino alla nomina di amministratore delegato della Impregilo Spa nel 2012. Quando, un anno dopo, il gruppo arriva a detenere il 92% del controllo di Impregilo, parte il progetto di fusione, dando così vita a Salini Impregilo nel 2014. Prima di giungere alla magnifica sede di via della Dataria, ai piedi del Quirinale, i Salini percorrono una lunga strada. Per trovare il primo appalto bisogna tornare indietro fino ai tempi del Duce, quando nel 1936 nonno Pietro ottiene la commessa per uno stadio da 100mila posti in cui il regime fascista voleva ricevere Adolf Hitler. Una pausa dovuta alla guerra e poi venne la Democrazia cristiana: gli affari crescono negli anni del boom e i Salini si lanciano nel mercato internazionale. La prima occasione si presenta con la costruzione di 250 chilometri di strada, 200 di acquedotto, 50 ponti e la bonifica di 20mila ettari a Tana Beles, in Etiopia, il progetto sponsorizzato da Giulio Andreotti. In due anni i Salini portano a termine le opere. Guadagnata la fama di affidabili, moltiplicano gli affari in Africa. E non solo: autostrade in Georgia, Bielorussa, Ucraina e Turchia, la metro di Stoccolma (1,7miliardi di euro) e molte commesse italiane (tra cui la metro B1 di Roma). I Salini non li ha fermati nemmeno lo scandalo della P2, eppure il padre di Pietro, Simonpietro, risultò iscritto negli elenchi della loggia massonica di Licio Gelli. Infine, recentemente, i Salini si sono sobbarcati i 200 milioni di euro di debiti per acquisire la Todini costruzioni di Luisa Todini, ex europarlamentare vicina a Silvio Berlusconi e Gianni Letta.
Il Gruppo Salini Impregilo
Oggi, il gruppo Salini Impregilo, è un global player nel settore delle costruzioni, leader mondiale per le infrastrutture nel segmento acqua. Dighe, impianti idroelettrici, opere idrauliche, ferrovie e metropolitane, aeroporti e autostrade, edilizia civile e industriale: con le sue opere di costruzioni e ingegneria è attivo in più di 50 Paesi, con una presenza consolidata in America Latina: Cile, Argentina, Perù, Colombia, Panama, Venezuela e Brasile. Conta 35mila dipendenti e un giro d’affari di 4,7 miliardi di euro l’anno, più dell’80% del suo fatturato è realizzato all’estero, il 20% solo in America Latina. Tra le opere del gruppo: l’ampliamento del canale di Panama (in collaborazione con Sacyr Vallehermoso, Jan de Nul e Constructora Urbana), la Diga Tocoma in Venezuela, per la realizzazione di un impianto idroelettrico nel fiume Caroní (in joint venture con Odebrecht e Vinccler); tre progetti ferroviari in Venezuela (in collaborazione con Ghella e Astaldi), che prevedono la costruzione di tre linee per una estensione totale di più di 580 km; due progetti idroelettrici in Colombia (in collaborazione con OHL), o l’ampliamento a quattro corsie dell’autostrada Ruta del Sol, sempre in Colombia.