Raggi ha trovato il suo assessore al Bilancio. Alla fine tocca al fedelissimo Mazzillo, già suo tesoriere elettorale. Visto quanto sono durati i predecessori, però, lasciamo alla sindaca altri cinque nomi, cinque perfetti assessori che noi chiameremmo subito

Roberto Saviano dalle nostre pagine ha suggerito una strada a Virginia Raggi: «Alessandro Di Battista assessore al bilancio». L’idea di Saviano, per nulla sbagliata, era quella di riconoscere così che quello dell’assessore al Bilancio è un incarico politico, che i tecnici si possono sempre prendere come consulenti, ma che decidere dove allocare le risorse è l’azione fondamentale di una giunta, da cui poi dipende tutto – o quasi. La sindaca sembrava escludere un’ipotesi così. Voleva un tecnico, magari un giudice. I no però son stati molti (anche per effetto dei veti incrociati nel Movimento) e qualcosa è dunque cambiato. Al bilancio del Comune andrà Andrea Mazzillo, suo fedelissimo, commercialista, docente a Tor Vergata ma soprattutto suo tesoriere elettorale e (brevemente quindi) capo dello staff in Campidoglio.

In qualche modo è così passata l’idea di Saviano, anche se con un profilo certo meno pesante di Alessandro Di Battista. Noi di Left però avevamo pronta una lista, altri nomi per Virginia Raggi, altri suggerimenti. E visto quanto sono durati gli assessori al bilancio finora, la lasciamo qui per ogni evenienza.

È un po’ un gioco un po’ no, viste le reali difficoltà della sindaca. Sappiamo sarebbe tentato, ad esempio, Ernesto Longobardi. Per noi è un prezioso collaboratore, ma siamo pronti a concederlo in prestito. Economista, professore di Scienza delle finanze presso il Dipartimento di Scienze economiche e metodi matematici dell’Università degli studi di Bari “Aldo Moro”, è anche consigliere economico del sottosegretario per gli Affari regionali, le autonomie e lo sport, Gianclaudio Bressa. Collabora quindi con palazzo Chigi ma con il governo è spesso critico, non è certo compiacente. Così ad esempio ha stroncato la proposta di abolizione indiscriminata della tassa sulla prima casa: «Con l’annuncio della detassazione dell’abitazione principale, Matteo Renzi emula in maniera sfacciata Silvio Berlusconi, il quale, esattamente con la stessa proposta, vinse una prima volta le elezioni, nel 2008, e una seconda volta, nel 2013, rimediò all’ultimo momento a una ormai certa sconfitta elettorale, impedendo al Pd di Bersani una piena vittoria». Per capire il personaggio, il suggerimento è di sentire il suo intervento alla nostra festa, nel 2014, quando citando largamente il maestro Bruno Trentin, ci spiega perché «l’attacco al lavoro di questi anni sia anche l’attacco al tempo libero».

Altro economista – ma di solida cultura politica, di sinistra – è Emiliano Brancaccio. Un economista critico (e che tiene all’indipendenza, quindi forse lui non accetterebbe), docente di Economia politica presso l’Università del Sannio e promotore del “monito degli economisti” pubblicato nel 2013 sul Financial Times. Quando già si potevano mettere insieme gli elementi oggi alla base dello scetticismo sulla tenuta del processo di unificazione europea. Per contrastare il processo (ricercato) di svalutazione del lavoro, Brancaccio è tra quelli che hanno più volte sostenuto l’urgenza di uno standard retributivo europeo. Inascoltato.

Ancora più politica sarebbe la scelta di Vladimiro Giacché. Come Brancaccio il lavoro di Giacché è più sulle dinamiche europee e i mercati globali, ma i principi (marxiani) sono molto ben formati e si possono applicare a un comune come Roma, che peraltro ha il suo penare nella finanza creativa. Giacché – che si è candidato una volta, però, con Ingroia e non sappiamo se sia un problema – lavora nella finanza, a Sator, ma ha formazione filosofica, con un dottorato di ricerca alla Normale di Pisa. Lettura più agevole dei suoi molti (e godibili) volumi (Anschluss. L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa, Costituzione italiana contro trattati europei, entrambi Imprimatur, sono gli ultimi), suggeriamo in questo caso di riprendere questa intervista a La Stampa, su Mps, rilasciata proprio ai tempi della candidatura con Rivoluzione civile.

Il quinto nome è più complicato. Ricevere un no per risposta è molto probabile ma anche solo chiedere sarebbe un gesto politico sorprendente. Si potrebbe chiedere il sacrificio a Francesca Balzani, già assessore al bilancio a Genova ma soprattutto nella Milano di Pisapia. Balzani è stata anche candidata alle primarie del centrosinistra milanese (dividendo il fronte della sinistra, e favorendo così indirettamente Sala, in effetti) ma alcune sue proposte starebbero benissimo nelle linee programmatiche del Movimento. In campagna elettorale lanciò ad esempio la prospettiva della gratuità dei mezzi pubblici. Si scatenò la polemica, ma l’idea non era poi male.