Il trattato di pace tra Farc e governo colombiao bocciato per poche migliaia di voti. Non c'era un piano B

Non tutto è perduto e le figure chiave responsabili dell’accordo di pace dicono di voler andare avanti, ma certo, la bocciatura dell’accordo di pace tra governo colombiano e Farc da parte degli elettori è un drammatico passaggio a vuoto. I colombiani hanno votato per il No alla ratifica al 50,2% contro 48,8% di Sì, 63mila voti su 13 milioni di schede. Molto bassa l’affluenza, attorno al 40%, segno che qualcuno era convinto che il Sì vincesse o che in ceerte aree del Paese dove si è sentita meno la guerra, l’importanza della cessazione delle ostilità non era avvertita.

 

 

Sia il presidente Santos che il leader del gruppo ribelle hanno dichiarato che intendono riprendere i negoziati e tentare una nuova strada e che il cessate il fuoco a tempo indeterminato resta in vigore. Non c’è dunque il pericolo di un ritorno immediato alle armi, ma resta molto difficile capire in che cornice legale si potrà definire un nuovo accordo. Santos era convinto della vittoria e non sembra avere in mente un’alternativa. In teoria le Farc avrebbero dovuto cominciare a deporre le armi e avviare la transizione verso una partecipazione alal vita politica del Paese come partito. Il leader Rodrigo Londono (Timoshenko) ha fatto sapere di voler proseguire su quella strada: «Ribadiamo di voler perseguire il cambiamento con le parole e non con le armi». Le parti torneranno a vedersi a Cuba.

Persino l’ex presidente Uribe, che è il leader del fronte che si oppone all’accordo ed è il vincitore politico di questa partita, ha detto che una strada va cercata, aggiungendo «Vogliamo avere una parte nel negoziato». Lui, come coloro che si sono dichiarati contrari al “trattato di pace” di quasi trecento pagine negoziato a Cuba, lo criticavano perché troppo generoso nei confronti delle Farc. Ora vuole un posto al tavolo delle trattative, se bastasse questo – restituire a un politico sconfitto nell’urna visibilità – andrebbe anche bene.

I punti critici sono l’amnistia per chi dichiara di aver ucciso in cambio di lavoro sociale come la partecipazione allo sminamento o altre attività e un salario di ingresso per un periodo di tempo per reintegrare le migliaia di guerriglieri nella società colombiana. Chi ha votato No ritiene che amnistia e soldi siano una concessione eccessiva a un gruppo tutto sommato in grande difficoltà. Gli accordi di pace, del resto, sono sempre così: si cedono cose in cambio della fine della violenza e si inventano stratagemmi legali – l’amnistia in cambio del lavoro – per evitare il ritorno alla violenza di chi cede le armi.