Il premio al presidente colombiano per la costanza nel perseguire la pace con le Farc. Anche dopo la bocciatura degli accordi nel referendum

Il presidente colombiano José Manuel Santos è il nuovo premio Nobel per la pace. Il comitato di Oslo ha deciso di fare una scelta in qualche modo sicura, evitando di entrare su terreni spinosi e minati come quello dei rifugiati e della guerra siriana – tra i possibili vincitori c’erano gli isolani di Lesbo e i Caschi bianchi, i corpi civili di pace della città siriana. Il premio a Santos è una specie di incoraggiamento ad andare avanti nel processo di pace che ha conosciuto un brusco stop dopo il voto del popolo colombiano che ha rigettato l’accordo firmato da Farc e governo di Bogotà.

Dopo quel voto sia Santos che i ribelli hanno promesso di proseguire negli sforzi per trovare una nuova intesa e Santos ha anche coinvolto l’ex presidente Uribe, il capo del fronte del No all’accordo – che però, invitato al tavolo, potrebbe assumere toni meno drastici: in fondo la pace conviene al Paese. Il premio è anche a questa costanza nel ricercare la pace: dalla campagna elettorale per la presidenza, fino al proseguimento degli sforzi dopo la sconfitta nel referendum.

I punti controversi dell’accordo riguardano l’amnistia e il salario per gli ex ribelli. Difficile non trovare una formula che, salvo in casi più gravi, non consenta a quelli che diventeranno ex ribelli di evitare il carcere, tra l’altro efferatezze e brutalità ce ne sono state molte anche da parte delle truppe governative.

Volendo essere un po’ dietrologi, si può ricordare che il processo di pace è stato mediato, oltre che da Cuba (e con un ruolo degli Usa) dalla Norvegia, la cui diplomazia ha spesso la capacità e forte volontà di promuovere negoziati e lavorare per la pace. Il capo del team diplomatico norvegese che è garante del processo di pace è Dag Nylander, che dal 2012 ha lavorato a Cuba dal 2012. Il premio è anche un premio indiretto al ruolo svolto da Cuba che, dopo la riapertura dei canali con gli Stati Uniti, può giocare un ruolo di grande interesse nella politica latinoamericana.

 

People hold up letters that form the word "Peace" in Spanish during a gathering at Bolivar square in Bogota, Colombia, Monday, Sept. 26, 2016. Colombia's government and the Revolutionary Armed Forces of Colombia signed a peace agreement to end over 50 years of conflict, in Cartagena. (AP Photo/ Jennifer Alarcon)
(AP Photo/ Jennifer Alarcon)

Su Left in edicola sabato un reportage dalla Colombia del post referendum


 

La cronologia della guerra civile colombiana

1964: nasce il gruppo armato per reagire alla repressione militare e con l’intento di formare uno Stato indipendente.
1996: arriva il primo grande attentato: 450 guerriglieri uccidono 27 sodati e ne sequestrano 60 alla base militare Las Delicias, a Puerto Leguízamo.
1998: accettando i negoziati per il disarmo, i guerriglieri ottengono un territorio indipendente nella regione di Caguán.
2002: il presidente Pastrana revoca il territorio e le Farc tornano nella foresta. Eletto presidente, Álvaro Uribe annuncia una guerra senza quartiere.
2008: il 4 febbraio molti colombiani manifestano cotnro le Farc. L’esercito uccide il leader del Farc Tirofijo e il portavoce Raúl Reyes.
2010: il neo-presidente Juan Manuel Santos avvia una trattativa segreta con le Farc.
2012: partono i negoziati di pace a L’Avana.
2015: Annunciato l’accordo definitivo per marzo del 2016.
25 marzo 2016: la firma dell’accordo slitta.
26 settembre 2016: a Cartagena de Indias la firma dell’accordo.
2 ottobre 2016: vince il No al referendum popolare.