R2G. Non è il nome dell’ultimo videogioco per PlayStation, ma la sigla di un’alleanza partitica che in Germania sta facendo venire le farfalle nello stomaco a un’intera area politica: quella della sinistra.
R2G sta per “Rot-Rot-Grün” (“Rosso-Rosso-Verde”), dove i primi due colori indicano rispettivamente il partito Socialdemocratico tedesco (Spd) e Die Linke (il partito della sinistra radicale), mentre il verde, va da sé, il partito ecologista tedesco. E si tratta di un’alleanza che, in vista delle elezioni politiche tedesche del 2017, non è tanto campata in aria. Insomma, altro che divisioni à la “Labour” inglese, “PSOE” spagnolo, o “Partito Democratico” italiano. In Germania, questa volta, si potrebbe fare sul serio. Anche perché Angela Merkel governa da 12 anni e la destra dell’Afd (Alternative für Deutschland) ormai è una realtà. Insomma, bisogno inventarsi qualcosa di nuovo.
Quali sono gli indizi per una possibile svolta unitaria della sinistra tedesca? In realtà ce ne sono più di uno.
Martedì 18 ottobre ci sono stati due incontri targati R2G. Il primo, si è svolto nel Bundestag (Parlamento tedesco) poco prima di cena e ha visto incontrarsi 90 deputati dei tre partiti per un’ampia discussione politica. Lo stesso leader della Spd, Sigmar Gabriel – che nel governo ricopre i ruoli di vice-Cancelliere, nonché ministro dell’Economia – avrebbe seguito, almeno parzialmente, le discussioni dei parlamentari.
Perché si è fatto vedere Gabriel? Da un lato, probabilmente era veramente interessato. Dall’altro, è notizia di qualche giorno fa che, sebbene Gabriel sia stato il politico socialdemocratico più in vista per il suo ruolo nel governo, non abbia fatto breccia tra gli elettori e soprattutto tra i suoi colleghi. Anzi, c’è un nome pesante che gli fa concorrenza. È quello di Martin Schulz, Presidente del Parlamento europeo. E guarda caso, come ha scritto, Christoph Hickmann sulla Süddeutsche Zeitung, sarebbe proprio l’ala di sinistra della Spd a preferire Schulz a Gabriel.
In ogni caso, la visita del Ministro ha fatto storcere più di una bocca tra i conservatori. La Spd è infatti al governo nel quadro di un’alleanza con i Cristiano-democratici di Angela Merkel. Il Segretario generale della Csu (il partito gemello della Cdu, ma spostato su posizioni di destra sociale), Andreas Scheuer, ha affermato: «Ora tutti sanno che esiste l’obiettivo di una “Repubblica di sinistra rosso-rosso-verde”». In realtà, il meeting è stato motivato ufficialmente come una prima riflessione sull’affermarsi di forze di destra in Europa. Tant’è che si è parlato della «necessità di creare un fronte progressista comune». Per carità, si tratta di un’analisi ragionevole (e tardiva), ma è evidente che c’è altro che bolle in pentola. Poco prima dell’incontro, Caren Lay, vice-capogruppo della Die Linke nel Bundestag, ha affermato che il Trialog (“Dialogo a tre”, nome ufficioso dato all’incontro) sarebbe servito «a gettare le basi per un rapporto di fiducia tra le formazioni politiche».L’altra riunione invece, forse meno interessante perché svoltasi lontano dalle luci del Parlamento, sarebbe avvenuta in un locale nel centro di Berlino, sempre di martedì, e avrebbe visto partecipare un numero ristretto di deputati dei tre partiti, accomunati però dall’affiliazione al think tank socialdemocratico: “Denkfabrik” (“Fabbrica della pensare”). La Denkfabrik si occupa da anni di favorire un avvicinamento delle forze progressiste tedesche.
Il giorno dopo il Trialog, i media tedeschi hanno scritto molto sulla potenziale coalizione R2G. Quali sono stati i principali punti dei commenti critici? In primo luogo, durante l’incontro erano presenti soltanto alcuni deputati di ogni gruppo parlamentare, il che indica come ci siano, in ognuno dei partiti, gruppi più o meno consistenti che non si sentirebbero a loro agio sotto a un cappello comune. In secondo luogo, per una coalizione a tre teste serve una maggioranza sufficiente per assorbire eventuali defezioni sui singoli voti parlamentari. Infine, sebbene ci possano essere intese su alcuni grandi temi dell’economia nazionale, rimangono dubbi sulla possibilità che un governo R2G riesca a gestire situazioni di crisi inaspettate, a livello europeo e internazionale, soprattutto se dovessero implicare interventi militari. Questo punto vale soprattutto alla luce della nota intransigenza della Die Linke sul tema. Proprio Die Linke viene descritta da Christophe Herwartz, su Die Zeit, come l’alleato meno pronto a scendere a compromessi. Herwartz scorge nella carismatica Sahra Wagenknecht, leader di punta del partito di sinistra radicale, il principale ostacolo a una potenziale collaborazione R2G.
Poi, però, al di là delle speculazioni politiche ed editoriali, ci sono alcuni fatti.
Sulla Süddeutsche Zeitung, Thorsten Denkler sottolinea come R2G sia già una realtà se si guarda, innanzitutto, all’esperienza di governo della regione della Turingia. Qui R2G esiste dal 2014 nella forma di una coalizione solida guidata da Bodo Ramelow. In secondo luogo, il risultato delle elezioni locali a Berlino, ha creato uno scenario di governo progressista che lascia ben sperare per un’alleanza tra gli stessi tre partiti che si sono incontrati nel Bundestag martedì.
D’altra parte, una cosa sono le possibilità di intesa, un’altra il numero di voti a cui si può aspirare. Mercoledì sono stati pubblicati i risultati degli ultimi sondaggi relativi alle preferenze di voto degli elettori tedeschi. Se, sulla base di queste, si guarda alle potenziali maggioranze di governo, l’unica che sarebbe possibile, è ancora quella della grande coalizione tra Socialdemocratici e Cristiano-democratici. Al secondo posto ci sarebbe la possibilità di un’unione così detta “giamaicana” (sempre per i colori che chiama in causa) tra Cristiano-democratici, partito Liberale (Fdp) e Verdi. Mentre R2G chiuderebbe al terzo posto arrivando a un 46 per cento totale. A un anno di distanza dalle elezioni quindi, le buone intenzioni non bastano. Ma a maggio si vota in Nord-Reno Westfalia, la regione più grande della Germania. E poi ci sono le elezioni in Francia con Marine Le Pen. Per non parlare della potenziale negoziazione sul debito greco e di quella legata al Brexit. Insomma, le carte in tavola per spostare gli equilibri delle preferenze elettorali sono tante. E chissà che, alla fine, nel 2017, non ci sia spazio per un R2G tedesco.
Quanto conterebbe per un’Europa in cui, al di là degli auspici, i governi nazionali contano ancora molto più del Parlamento europeo, è inutile scriverlo. La stessa finestra di opportunità si era già aperta dopo le elezioni tedesche del 2005 e del 2013. Ma in quelle occasioni l’unica traccia di rosso era stata quella del tappeto steso ai piedi del primo e terzo governo di Angela Merkel.