Gli Stati Uniti non sono più una nazione composta in maggioranza da bianchi di religione cristiana. Per gran parte della sua storia la struttura culturale e politica del Paese infatti è stata costruita principalmente di cristiani protestanti bianchi, i cosiddetti Wasp (White Anglo-Saxon Protestant). Sono stati i Wasp a stabilire i toni e gli ideali sui quali è stato sviluppato tutto il dibattito politico americano fin dalla conquista dell’indipendenza degli Stati Uniti. A partire dagli anni 1990, la White Christian America ha però perso influenza sia nei suoi filoni principali che in quelli evangelici. Questo è dovuto sì alle spinte della secolarizzazione, ma sopratutto ai fenomeni demografici che hanno cambiato profondamente il melting pot americano.
Oggi quindi, di fatto l’America non è più demograficamente, nè tanto meno culturalmente una Nazione a maggioranza bianca e cristiana e questo ha profonde implicazioni sociali e politiche. Secondo il demografo Mark Mather, interpellato dal New York Times in merito: «nessun altro Paese al mondo ha sperimentato un così rapido cambiamento razziale ed etnico».
Gli spettri che aleggiano sono soprattutto quelli dell’estinzione della razza, dell’invasione dello straniero e della perdita dell’identità. Non è un caso che lo slogan di Trump sia “Make America Great Again”. Secondo Robert P. Jones, autore del saggio The End of White Christian America: «La gente lotta perché è come se stesse perdendo il senso di un luogo e di un’appartenenza». Il Paese sta cambiando e l’America bianca cristiana non vuole accettare le conseguenze di questo cambiamento. Non vuole rischiare di cedere il passo, ma volente o meno, si trova e si troverà costretta a ridefinire quello che è il proprio spazio all’interno della vita pubblica del Paese, consapevole di non essere più maggioranza.
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