« A cinquant'anni dal 4 novembre 1966 l'Arno è ancora un pericolo.Non è stata fatta alcuna prevenzione. Mentre aumentano in Italia le zone a rischio alluvione», denuncia Francesco Niccolini, coautore de Il racconto del Vajont, che debutta con un nuovo spettacolo dedicato a Firenze

A Cinquant’anni dall’alluvione che colpì Firenze il 4 novembre 1966, l‘Arno è ancora  nelle condizioni in cui era allora. Tanto che il presidente del comitato alluvione, Giorgio Federici dice che «la speranza è mettere in sicurezza il fiume che attraversa Firenze entro il 2026» . Lo scrive nella prefazione del testo teatrale  Il filo dell’acqua (pubblicato da Scienza Express) scritto da Francesco Niccolini, regista e drammaturgo che con Arca Azzurra Teatro, dopo l’anteprima il 2 novembre nella rassegna Tutto Esaurito di Radio 3   lo presenta  il 5  al Teatro Verdi di Pisa Affidando la narrazione a tre attori della compagnia fondata da Ugo Chiti – Dimitri Frosali, Massimo Salvianti e Lucia Socci – capaci di dare vivo spessore all’impasto linguistico del testo, ricco di accenti  toscani. Come era già accaduto per Il racconto del Vajont scritto con Marco Paolini,  anche questa volta Niccolini ha fatto un lungo lavoro d’inchiesta e di ricostruzione storica prima di mettersi a scrivere. La prima domanda dunque non può che essere sull’attualità.
«Rispetto a dieci anni fa  quando lavorai per la prima volta a questo testo  la situazione dell’Arno è incredibilmente peggiorata» risponde Niccolini che del Filo dell’acqua è anche regista insieme a Roberto Aldorasi. «Al punto che ho deciso di cambiare il finale. Nella prima versione andava sott’acqua solo la Toscana, parte della Liguria e del Piemonte. Oggi finiscono sott’acqua due terzi dell’Italia con sempre nuove città che finiscono alluvionate. L’unica cosa che non cambia mai – denuncia il drammaturgo toscano – sono  le criminali affermazioni dei sindaci quando danno la colpa a una pioggia senza precedenti. E questo non è accettabile, perché non è vero. Piogge violente ci sono sempre state. Il problema è che  di anno in anno è diminuita la cura, e la prevenzione e  intanto si è continuato a costruire dove non si dovrebbe». La geografia dell’Italia a rischio alluvioni è sempre più vasta dunque?  «Non c’è nemmeno bisogno di studiare molto, basta aprire i giornali  per vedere squadernata questa geografia che va da Padova, a Vicenza alla Puglia. Da marzo a dicembre, non più solo da ottobre a dicembre, questa è a realtà». Quanto alla città di Firenze è ancora fortemente a rischio. Tanto che il comitato alluvioni spera che la messa in sicurezza dell’Arno possa avvenire entro il 2026 inviando Francesco Niccolini a preparare per quella data una nuova edizione de Il filo dell’acqua! Una data che la dice lunga su quanto la situazione sia difficile.  Anche e soprattutto a causa della deregulation,  dei ripetuti condoni che si sono succeduti negli ultimi trent’anni. Dagli anni Novanta ad oggi abbiamo vissuto pericolosamente in Italia? «Abbiamo sempre vissuto pericolosamente rispetto alla mancata tutela del territorio. Ma dall’ultimo ventennio del secolo scorso – sottolinea Niccolini – con i condoni è stato possibile costruire ovunque. Il paesaggio italiano è bellissimo ma la penisola ha anche delle fragilità.  Non possiamo chiudere gli occhi  davanti allo scempio  ambientale che facilmente scivola nel crimine. Ne paghiamo pesantemente le conseguenze». Il prezzo pagato fu altissimo nel caso del Vajont, «morirono duemila persone. L’avvocato Canestrini che difendeva i Comuni offesi, denunciò il genocidio di un popolo».  «A Firenze i morti furono 37 e avrebbero potuto essere molti di più se non si fossero verificate alcune circostanze fortunate. A cominciare dal fatto che era festa civile, nessuno andava a scuola o a lavorare,  nessuno era andato a messa,  i fiorentini quando l’Arno ha esondato erano quasi tutti a casa», racconta l’autore de Il filo dell’acqua. « Ma i vertici  dell’amministrazione fiorentina erano del tutto impreparati, non sapevano cosa fare, e non hanno fatto niente, neanche dare l’allarme. Noonostante questo, nonostante le colpe  e l’inerzia dello Stato che per alcuni giorni, a sua volta, non ha fatto nulla, non è stata una catastrofe irreparabile. In quei giorni sono state scritte alcune delle più belle pagine di intervento civile, pensiamo a quello che è accaduto con gli “angeli del fango” – rimarca Niccolini -,  che salvarono le opere d’arte e e s’impegnarono nella ripulitura di migliaia di libri. La storia dell’alluvione in Toscana è completamente diversa dalla storia del Vajont, da quest’ultima si esce completamente distrutti, dentro e fuori. Dall’alluvione fiorentina emerse una componente meravigliosa di umanità solidale che allora sapeva ancora riconoscere qualcosa di importante da salvare». Tanto che viene da chiedersi come sia avvenuto il degrado culturale che oggi porta la classe di governo a disinvestire nella tutela del patrimonio storico artistico.
«Questa è la grande sciagura dell’Italia – dice Niccolini -, noi più di altri Paesi europei, siamo stati vittime dell’americanizzazione, del rapporto con i media, siamo diventati dipendenti dalla Tv, abbiamo dimenticato l’importanza che una cultura viva per la qualità della vita, per la mente e la felicità dei cittadini.  Abbiamo acceso la tv e ci siamo spenti, siamo diventati un popolo corrotto che non riesce a distinguere nulla.  Ha prevalso il modello del successo tv, la ricchezza in moneta sonante». Ne ha risentito molto anche il mondo del teatro italiano? «Moltissimo. Io vado spesso vado all’estero  e vedo una abissale differenza. In Italia tante compagnie mi dicono : se non troviamo un grande nome e un titolo forte non riusciamo a fare lo spettacolo. Non c’è più il valore della compagnia, il valore dello spettacolo, cose che trent’anni fa si potevano fare con tranquillità entusiasmo e successo ora nessuno ha più il coraggio di farle. Non accade così a  Parigi, a Marsiglia,  a Praga.  Nella stessa Svizzera i teatri sono sempre pieni. Noi invece ci siamo rassegnati al modello televisivo».

Dopo l’anteprima il 2 novembre a Tutto esuarito, il festival teatrale di Radio 3  trasmesso live dalle sale di via Asiago a Roma, lo spettacolo Il filo dell’acqua, prodotto da Arca Azzurra, va in  scena in prima nazionnale al 5 novembre al Teatro Verdi di Pisa  l’8 novembre al Teatro Puccini di Firenze. 

Il 4 novembre Radio3 dedica uno speciale all’alluvione, trasmettendo in diretta dal Niccolini di Firenze

l libro Il filo dell’acqua di Francesco Niccolini sarà presentato al Pisa book festival , l’11 novembre

  E tantissime sono le iniziative fiorentine dedicate al 4 novembre 1966, a cominciare dalla mostra degli straordinari scatti di Balthazar Korab  e poi la rassegna della Fondazione Toscana Alluvione, 50 anni dopo il fiume in città che si tiene dal 7 al 23 novembre. 2 prime nazionali per un mese di spettacoli, proiezioni e incontri, tra la Pergola, il Niccolini e il Teatro Studio.

 

alluvione Firenze
alluvione Firenze

alluvione 1966
alluvione 1966

alluvione Firenze
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Alluvione di Firenze 1966 : zampata dell' Arno al lungarno della Zecca
Alluvione di Firenze 1966 : zampata dell’ Arno al lungarno della Zecca