Il presidente eletto ribadisce di voler espellere milioni di messicani "criminali" e di voler eun giudice anti-abortista alla Corte Suprema. Poi nomina un uomo di apparato a capo dello staff e l'estremista di destra Bannon come stratega

Uno zuccherino al partito e al suo establishment e un po’ di biada alla base furiosa che da anni boicotta la testa del partito. Donald Trump sta muovendo i primi passi da presidente eletto e ieri ha nominato come suo capo gabinetto Reince Preibus, ex capo dell’organizzazione del partito, il Republican National Congress. E poi Stephen Bannon come capo consigliere e stratega. Due nomi che sono scelte opposte o quasi. Allo stesso modo, il miliardario presidente ha fatto dichiarazioni che contraddicono alcune delle promesse fatte in campagna elettorale e altre che rilanciano le sue proposte peggiori.

Preibus è la figura repubblicana che più ha fatto perché la baracca non saltasse per aria nei mesi della campagna presidenziale, quando i moderati si sfilavano, i leader che oggi sono tornati a promettere obbedienza (come lo speaker della Camera Paul Ryan) fischiettavano cercando di non fare campagna contro e neppure a favore di Trump. Questo sforzo è valso a Preibus, che guidava il partito dal 2012, un premio e il compito di continuare a gestire le relazioni, potenzialmente scivolose, tra Trump presidente e la maggioranza repubblicana in Congresso. Intendiamoci, Priebus non è un moderato in termini tradizionali: il Grand Old Party si è spostato così a destra in questi ultimi dieci anni, che l’uomo centrale del partito è piuttosto conservatore. Priebus però non è neppure un rappresentante delle estreme religiose o del trumpismo in senso stretto. E poi è del Wisconsin, uno degli Stati strappati a sorpresa ai democratici. La sua scelta, insomma, serve a rassicurare la maggioranza degli eletti e un pochino anche il mondo.

Bannon è l’opposto. Tra lui e il nuovo chief of staff non è ami corso buon sangue: da capo di un gruppo di media conservatori, Bannon ha sempre sparato e fatto sparare a pallettoni contro il mainstream repubblicano troppo accomodante con Obama, non abbastanza risoluto nel cercare di fare saltare il tavolo istituzionale, incapace di candidare uno come Trump – i precedenti candidati erano stati avversati dall’ala destra e da quella libertaria del partito per il loro essere dei moderati. Bannon ha flirtato con i suprematisti bianchi, si è lasciato andare a battute anti-semite e rappresenta quanto di peggio e più politicamente scorretto ci sia nel panorama conservatore Usa. Nel comunicato con cui il presidente eletto annuncia le nomine viene prima il nome di Bannon. Chissà se si tratta di una svista. Certo è che se pensiamo alla presidenza Bush junior, tutti ricordiamo il nome dello stratega, l’ala dura e conservatrice Karl Rove, che veniva definito il cervello di Bush, e non del capo dello staff Andrew Card. Diversi altri nomi in circolazione, dalla possibiltà dell’ex ambasciatore Onu Bolton come Segretario di Stato all’ultra religioso Ben Carson all’istruzione getterebbero una luce sinistra – se già non bastasse Trump – sulla nuova amministrazione. Molti sono residui degli anni di Bush o di mondi acora precedenti come Rudy Giuliani.

Venendo alle promesse elettorali, Trump ha ribadito la promessa di espellere tre milioni di immigrati senza documenti perché sono dei «criminali» e di nominare un giudice anti abortista alla Corte Suprema. Tre milioni sono un po’ meno dei 35 milioni di cui aveva parlato in campagna elettorale, ma sempre troppi e in genere non hanno commesso altro reato se non l’ingresso nel Paese senza permesso di soggiorno. I calcoli di varie organizzazioni indicano in undici milioni, cifra stabile da diversi anni, il numero di immigrati senza documenti, e in decine di migliaia coloro che hanno commesso reati – il calcolo è fatto utilizzando i numeri sugli arresti e le condanne. Una percentuale più bassa di quella dei cittadini americani. L’idea di espellere milioni di persone dunque rimane. Seminando il terrore in quegli undici milioni e in molti altri: le famiglie in cui un componente è clandestino e altri no sono molto numerose. Pensare di riuscire nell’operazione è una follia e potrebbe generare enormi proteste in una comunità che nel 2005 portò milioni di persone in piazza per la riforma dell’immigrazione.

La scelta di un giudice ultra conservatore alla Corte è una delle cose che più preoccupano gli americani che non hanno votato Trump: aborto, soldi nella politica, ricerca, discriminazioni sono tutti temi di potenziale competenza dai 9 alti giudici e siccome le nomine sono a vita, avere una maggioranza conservatrice significa riaprire quelle guerre culturali che hanno dominato il decennio Bush e che i laici e liberal hanno sostanzialmente vinto.

Su un fronte diverso, Trump ha invece promesso, facendo un passo indietro, che non eliminerà alcune norme contenute nella riforma sanitaria: le assicurazioni continueranno a non poter discriminare gli assicurati con condizioni preesistenti e i giovani potranno rimanere sulla assicurazione dei genitori fino a 26 anni come oggi. Problema: non penalizzare le persone malate, non farle pagare di più, senza l’assicurazione obbligatoria per tutti, rischia di essere un colpo alle assicurazioni, che se non hanno una base ampia di assicurati che pagano premi base e non possono far pagare di più assicurati malati che quindi costano all’assicurazione stessa, rischiano di fallire. Obamacare prevede obbligatorietà e protezioni per i già malati. Una cosa senza l’altra, in questo sistema privato non sono economicamente sostenibili. Ma i numeri e la realtà dei fatti non sembrano un tema al quale Trump dedichi troppa attenzione. La scelta è quella di continuare con la demagogia, cercando di non spaventare troppo i poteri forti del Paese, quello contro cui ha fatto campagna per mesi.

Tra i nomi che circolano per il posto di Segretario al Tesoro ci sono infatti due banchieri. E non a caso il primo incontro con un politico straniero è quello con Nigel Farage, leader dell’Ukip britannico e campione del Brexit. Nonostante i toni meno brutali, insomma, le premesse per una amministrazione molto a destra ci sono. Se l’apparato repubblicano e il mondo degli affari riusciranno a disinnescare Trump riportandolo a una normalità relativa – sempre a destra – è tutto da vedere. Le premesse non sembrano queste.