«Libertà, uguaglianza e solidarietà», sono queste tre parole che scandisce il neo-presidente austriaco dei Verdi Alexander Van Der Bellen nel suo primo discorso: «Cercherò di essere un presidente dalla mentalità aperta, liberale e pro-europeo». La sera del 4 dicembre, mentre l’Italia è col fiato sospeso in attesa dei risultati del referendum, la sede del partito austriaco dei Verdi scoppia in un boato: Van Der Bellen ha sconfitto definitivamente Norbert Hofer del partito nazional-populista delle Libertà (FPÖ). Lo scarto è del 53,3% contro un 46,7%, un distacco decisamente maggiore di quello del secondo turno dello scorso maggio, quando Van Der Bellen aveva vinto contro Hofer per soli 31mila voti: un risultato a cui l’FPÖ si era aggrappato sollevando dubbi legati all’irregolarità nella chiusura delle buste elettorali e che aveva portato la Corte elettorale ad annullare i risultati e far ripetere il secondo turno. «Si tratta un’importante vittoria contro il populismo di destra» dice Anton Pelinka, scienziato politico esperto di nazionalismi e professore all’Università Centrale Europea, soprattutto perché questo dimostra che in Austria esiste una maggioranza che si mobilita contro l’estrema destra dell’FPÖ.
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