In tv è arrivato Il Collegio, ne avrete sentito parlare. Addirittura tra i critici c’è chi lo candida già fra i format più riusciti dell’anno. Per chi non l’avesse visto: si tratta di un docu-reality in quattro puntante in onda su Rai Due che ha fatto il boom di ascolti (su per giù 2 milioni di spettatori a puntata), dove una classe di adolescenti di oggi, tutti smartphone, lacca, trucchi e videogiochi, è stata "rinchiusa" in un collegio degli anni 60 nel tentativo di ottenere la licenza media dei loro nonni. Su Left in edicola abbiamo deciso di dedicare un approfondimento al tema. Dal punto di vista televisivo, infatti, l’esperimento, nato dal format britannico «That’ll teach’em» di Channel Four, è molto interessante e mostra una luce in fondo al tunnel, capace forse di salvare la tv generalista. Un risultato per nulla scontato visto che oggi i competitors, agguerritissimi, del servizio pubblico sono tv on demand, Netflix e streaming online. L’arma segreta giocata dalla Rai per attirare di nuovo a sé pubblici di adulti e allo stesso tempo catturare l’attenzione dei più giovani, tendenzialmente più orientati all’internet tv, è la nostalgia capace di far sentire a casa i primi e di incuriosire i secondi. Scriviamo su Left: «L’appeal da Rai dei bei tempi andati si può ritrovare nella voce narrante di Giancarlo Magalli, familiare agli adulti, che, oltre a fare la telecronaca di quello che accade fra le mura de Il Collegio, racconta anche qualche spaccato di vita degli anni 60. Al docu-reality infatti si mescolano non di rado filmati d’archivio che raccontano l’Italia, il mondo della scuola e la televisione di quegli anni. Un espediente che ha il vantaggio duplice in primis di far ricordare ai genitori cose che per loro erano state molto famigliari (quale adulto di oggi non è stato minacciato di venire spedito in collegio?) anche se proprie della generazione precedente. E poi di avvicinare i ragazzi dell’era digitale a un mondo lontano, che forse non erano più nemmeno in grado di immaginare concretamente. È questo infatti il valore aggiunto de Il Collegio che ne fa un format di successo». Ma i collegi non sono solo un pretesto nostalgico per dare vita a un buon prodotto di fiction, Donatella Coccoli, ha fatto un punto su come funzionano i collegi oggi e ha scoperto che esistono in tutto ancora 43 convitti con 7 “educandati” per le femmine e una popolazione complessiva di 32mila studenti. Non solo, è singolare che proprio all’interno di queste strutture, l’unica cosa che si voglia fare è guardare al futuro e scrollarsi di dosso quel passato. Un passato che, almeno a giudicare dalla legge in vigore che ne regola il funzionamento, è ben più lontano di quello raccontato dal docureality: «Il 1960, l’anno di ambientazione della serie televisiva, infatti, non è poi così tanto lontano, almeno dal punto di vista della normativa, dall’attuale sistema dei convitti nazionali. Le “istituzioni educative” del Ministero dell’Istruzione dipendono infatti da un regio decreto del 1 settembre 1925 firmato da Vittorio Emanuele III e, a parte le modifiche del decreto legislativo 297/1994, non è che sia cambiato granché dentro quelle mura» scrive Coccoli. [su_divider text="In edicola" style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

De Il Collegio e dei collegi (quelli veri) parliamo su Left in edicola dal 21 gennaio

 

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In tv è arrivato Il Collegio, ne avrete sentito parlare. Addirittura tra i critici c’è chi lo candida già fra i format più riusciti dell’anno. Per chi non l’avesse visto: si tratta di un docu-reality in quattro puntante in onda su Rai Due che ha fatto il boom di ascolti (su per giù 2 milioni di spettatori a puntata), dove una classe di adolescenti di oggi, tutti smartphone, lacca, trucchi e videogiochi, è stata “rinchiusa” in un collegio degli anni 60 nel tentativo di ottenere la licenza media dei loro nonni. Su Left in edicola abbiamo deciso di dedicare un approfondimento al tema. Dal punto di vista televisivo, infatti, l’esperimento, nato dal format britannico «That’ll teach’em» di Channel Four, è molto interessante e mostra una luce in fondo al tunnel, capace forse di salvare la tv generalista. Un risultato per nulla scontato visto che oggi i competitors, agguerritissimi, del servizio pubblico sono tv on demand, Netflix e streaming online. L’arma segreta giocata dalla Rai per attirare di nuovo a sé pubblici di adulti e allo stesso tempo catturare l’attenzione dei più giovani, tendenzialmente più orientati all’internet tv, è la nostalgia capace di far sentire a casa i primi e di incuriosire i secondi. Scriviamo su Left: «L’appeal da Rai dei bei tempi andati si può ritrovare nella voce narrante di Giancarlo Magalli, familiare agli adulti, che, oltre a fare la telecronaca di quello che accade fra le mura de Il Collegio, racconta anche qualche spaccato di vita degli anni 60. Al docu-reality infatti si mescolano non di rado filmati d’archivio che raccontano l’Italia, il mondo della scuola e la televisione di quegli anni. Un espediente che ha il vantaggio duplice in primis di far ricordare ai genitori cose che per loro erano state molto famigliari (quale adulto di oggi non è stato minacciato di venire spedito in collegio?) anche se proprie della generazione precedente. E poi di avvicinare i ragazzi dell’era digitale a un mondo lontano, che forse non erano più nemmeno in grado di immaginare concretamente. È questo infatti il valore aggiunto de Il Collegio che ne fa un format di successo».
Ma i collegi non sono solo un pretesto nostalgico per dare vita a un buon prodotto di fiction, Donatella Coccoli, ha fatto un punto su come funzionano i collegi oggi e ha scoperto che esistono in tutto ancora 43 convitti con 7 “educandati” per le femmine e una popolazione complessiva di 32mila studenti. Non solo, è singolare che proprio all’interno di queste strutture, l’unica cosa che si voglia fare è guardare al futuro e scrollarsi di dosso quel passato. Un passato che, almeno a giudicare dalla legge in vigore che ne regola il funzionamento, è ben più lontano di quello raccontato dal docureality: «Il 1960, l’anno di ambientazione della serie televisiva, infatti, non è poi così tanto lontano, almeno dal punto di vista della normativa, dall’attuale sistema dei convitti nazionali. Le “istituzioni educative” del Ministero dell’Istruzione dipendono infatti da un regio decreto del 1 settembre 1925 firmato da Vittorio Emanuele III e, a parte le modifiche del decreto legislativo 297/1994, non è che sia cambiato granché dentro quelle mura» scrive Coccoli.

De Il Collegio e dei collegi (quelli veri) parliamo su Left in edicola dal 21 gennaio

 

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