Ripensando alle dichiarazioni di Virginia Raggi in questi mesi, viene spontaneo chiedersi: ma sindaco, come mai non le dicono mai niente? Dall'omissione del tirocinio allo studio Previti, passando per il complotto dei frigoriferi e Marra fino alla polizza a sua insaputa: ecco una sequela di uscite della prima cittadina pentastellata

Eh no, Virginia, questa non te la passano. Si accettano amicizie con loschi figuri (Raffaele Marra, braccio destro della Raggi poi arrestati per corruzione); passino avvisi di garanzia ad assessori (Paola Muraro) che hai difeso a spada tratta, di cui non sapevi proprio subito; e passi anche quel dossierino che ha fatto fuori il tuo sfidante e collega consigliere Marcello De Vito. Va anche bene che ti indaghino per qualche nomina di manica larga (con le accuse di abuso d’ufficio e falso) – tanto, guarda un po’, c’è un codice di comportamento che te lo consente, se lo dici a Beppe. Passino anche i video all’una di notte e i post alle 5 di mattina, ma la polizza sulla vita a tua insaputa no! Questa volta la Rete non ci sta, e tra il serio e il faceto si ribella.

Ma la questione è ben più seria. Dopo otto ore di interrogatorio, nell’ambito dell’indagine della Procura di Roma sulle nomine del sindaco capitolino, condotta dai pm Paolo Ielo e Francesco Dall’Olioviene fuori anche una polizza assicurativa che il fedelissimo (e probabilmente qualcosa di più) Salvatore Romeo avrebbe intestato alla prima cittadina durante la corsa alla candidatura da sindaco. Sei mesi dopo, lei vince le elezioni e lo promuove da semplice dipendente a capo della segreteria politica. Con un balzo di stipendio equivalente: da 39mila a 110mila (che l’Anac di Cantone gli farà poi ridurre a 93mila).

Beneficiaria di un’attenzione solitamente riservata a un familiare, il sindaco “casca dal tetto”. In caso di morte del dipendente pubblico, il sindaco incasserebbe 30mila euro. Ma lei, non ne sapeva niente: «Della polizza stipulata per me da Romeo ho appreso questa sera. Sono sconvolta». Inevitabile il richiamo alle dichiarazioni dell’ex ministro Claudio Scajola, al quale “a sua insaputa” avevano addirittura intestato una casa vista Colosseo (dalla cui vendita ha incasssato nel 2014 ben 1,63 milioni di euro).

In realtà, la normativa antiriciclaggio (il decreto legislativo 231/2007) prevede che le compagnie di assicurazione, in qualità di intermediari, debbano effettuare l’attività di “adeguata verifica” dei propri clienti. Ovvero, quando si stipula una polizza potrebbe esserci un modulo da firmare, di Adeguata verifica clientela, appunto. Ma a quanto pare, stando alle dichiarazioni di Raggi, «queste polizze possono essere fatte senza informare il beneficiario, non devono essere controfirmate».

Oltre a quella del sindaco, sarebbero uscite nel frattempo altre 10 polizze intestate ad attivisti M5s e parenti, per un valore complessico di circa 100mila euro. Fatto grave, sul quale gli inquirenti stanno continuando a scavare in attesa di capire la ragione di questi investimenti.

Ripensando alle dichiarazioni di Virginia Raggi in questi mesi, però, viene spontaneo chiedersi: ma non le dicono mai niente?

La prima “supercazzola” Virginia ce la propina un anno fa, il 25 febbraio 2016, nella sua conferenza stampa d’esordio da candidato sindaco. Alla domanda sul perché nella presentazione del suo curriculum sul blog avesse omesso il particolare che il tirocinio da avvocato l’aveva svolto nello studio di Previti, lei, educata ma con quel pizzico di strafottenza e piglio finto naiv che la caratterizza, replica: «Non ho nemmeno scritto tutti i luoghi in cui ho fatto la baby sitter, se è per questo». Ma no, Virginia, non era “per quello”.

Un’altra sequela di dichiarazioni di dubbia credibilità, ce la propina durante le indagini che vedono protagonista il suo (ormai ex) assessore all’Ambiente, Paola Muraro. Prima nega e blinda: «La Muraro non si tocca», poi in commissione Ecomafie a settembre scorso, la definisce «presunta contestazione». Dopodiché, in un’intervista a Repubblica, tenta di spiegaci che ci sono strani movimenti di rifiuti ingombranti («Non ho mai visto tanti rifiuti pesanti, divani, frigoriferi abbandonati per strada – innesca la polemica la sindaca – non so se vengono fatti dei traslochi, se tanta gente sta rinnovando casa, ma è strano…»). A dicembre invece, quando proprio non si può negare l’evidenza, pubblica un video in notturna che tutti ricordiamo.

Ora, addirittura viene fuori (dalla chat dei “quattro amici al bar” con Frongia, Marra e Romeo) che la blindatissima delegata all’Ambiente non era stata una nomina voluta da lei. “Mi hanno imposto questa Muraro, è legata ad un sistema di potere, sono molto preoccupata” è la frase che riporta il Messaggero.

Anche su Raffaele Marra, da lei nominato vice capo di gabinetto prima, capo del personale poi, e arrestato il 16 dicembre scorso, ce ne ha riservate parecchie: l’uomo che tutto muoveva, e che sembrerebbe addirittura aver pilotato la stessa elezione a candidata ufficiale del Movimento 5 stelle, sarebbe stato solo «uno dei 23 mila dipendenti del Comune». Peccato che, stando alla testimonianza resa dal capo dell’avvocatura del Campidoglio Rodolfo Murra, «la sindaca Virginia Raggi convocava le riunioni soltanto se lui era presente». Se l’avesse fatto con tutti e 23mila i dipendenti, altroché assemblee fiume. Anche qui, la tesi preponderante è: «Non sapevo. È stata una sorpresa». Chiede scusa, il 16 dicembre, in una conferenza stampa immediatamente dopo l’arresto (sempre col fidato Romeo affianco), ma toppa anche qui le motivazioni: «Marra era già un dirigente dell’amministrazione precedente e ci siamo fidati». Di quale amministrazione precedente parla, esattamente? Di quella di Marino, che per molto meno ha avuto Di Battista e tutto il Movimento sotto il campidoglio per settimane, o di quella di Alemanno?

Ora, della strana liason con il suo ex capo della segreteria, e dall’indagine in corso, siamo sicuri che usciranno altre sorprese. Soprattutto per il sindaco di Roma, Virginia Raggi. E qui, la domanda sorge spontanea: Virginia, ma com’è che a te non dicono mai niente?

Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.