Il garante del Movimento sottopone agli iscritti un Codice di comportamento per le vicende giudiziarie. A lui resta l'ultima parola ma è un passo indietro sul giustizialismo. Così il Movimento reagisce alle difficoltà romane e, forse, però, sta crescendo. Una buona notizia anche per chi lo ha inseguito

Gli attacchi sono arrivati subito, con i dem, soprattutto, pronti a segnalare l’ennesima giravolta del Movimento 5 stelle, che ha reso pubblico il nuovo “Codice di comportamento in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie“, regolamento a cui, scrivono sul blog, “ogni eletto del Movimento 5 Stelle sarà tenuto ad attenersi”.

Un regolamento, è il punto, che (oltre a dare ampi poteri alla discrezionalità del Garante del Movimento e al Collegio dei Probiviri che potranno muoversi a prescindere dall’esistenza di un procedimento penale) stabilisce ora che un avviso di garanzia non è più motivo sufficiente per le dimissioni, non comportando “alcuna automatica valutazione di gravità dei comportamenti potenzialmente tenuti dal portavoce stesso”. Non è, insomma, una sentenza che – già di primo grado – resterà invece per il Movimento “grave ed incompatibile con il mantenimento di una carica elettiva”. Questo – ovviamente – se il regolamento sarà approvato dagli iscritti, che lo voteranno domani.

Dicono i dem (e notano molti cronisti e commentatori) che così, il Movimento, dopo il caso di Quarto, Parma e Livorno, si prepara ad eventuali e ulteriori sviluppi delle indagini romane, che hanno già visto l’allontanamento di un assessore, Paola Muraro, indagata, e l’arresto di uno stretto collaboratore della sindaca, il capo del dipartimento del personale, Raffaele Marra. È sicuramente così. Ma, in fondo, è una buona notizia.

Lo dice pure il deputato dem, renzianissimo, Andrea Marcucci. «Alla fine Grillo scoprirà la Costituzione». Ed è proprio questa la bella notizia. La prima vera esperienza al governo – quella romana – sta facendo crescere il Movimento, che magari non saprà ancora scegliere i collaboratori (supposto che di errore si tratti, come dice Raggi, la scelta di Marra, e non di una scelta politica, come sarebbe stata considerata dagli stessi grillini se a farla fosse stato qualcun altro), non sa scrivere una delibera a prova di Tar, ma impara i limiti del giustizialismo. È già qualcosa. Un pezzo della normalizzazione dei 5 stelle, che non può far che bene a tutti. Soprattuto perché con Grillo, i limiti del giustizialismo, li imparerà di nuovo anche il Partito democratico e tutti quelli che negli ultimi anni da Grillo si sono fatti dettare l’agenda, anche e soprattutto, come sui costi della politica, sulla gestione delle diverse indagini.

C’è da esser contenti, insomma, come dice a Dire un democristiano di lungo corso, Cirino Pomicino. «Io sono un cattolico, coltivo la virtù cristiana della speranza», dice Pomicino, con ironia da Prima Repubblica, «e ho sempre sperato che Grillo, come tutti i folli, prima o poi si ravvedesse. È accaduto, ed è un bene per il Paese». Anche se dovesse servire a salvare la sindaca Raggi, sì: «Le vie della provvidenza possono essere molte», continua Pomicino sempre biblico, «se questo è lo strumento per riportare Grillo sulla via di Damasco, ben venga».

Sono nato a Roma, il 23 febbraio 1988. Vorrei vivere in Umbria, ma temo dovrò attendere la pensione. Nell'attesa mi sposto in bicicletta e indosso prevalentemente cravatte cucite da me. Per lavoro scrivo, soprattutto di politica (all'inizio inizio per il Riformista e gli Altri, poi per Pubblico, infine per l'Espresso e per Left) e quando capita di cultura. Ho anche fatto un po' di radio e di televisione. Per Castelvecchi ho scritto un libro, con il collega Matteo Marchetti, su Enrico Letta, lo zio Gianni e le larghe intese (anzi, "Le potenti intese", come avevamo azzardato nel titolo): per questo lavoro non siamo mai stati pagati, nonostante il contratto dicesse il contrario.