Le parole trafugate a Berdini sono solo l'ultimo episodio di una serie lunga. Giornalismo e politica cambiano con la tecnologia e chi vuol fare politica deve attrezzarsi. Anche se non è necessariamente un bene.

Ad ascoltare l’audio di Berdini pubblicato da La Stampa torna alla mente un episodio della campagna elettorale Usa del 2012 che coinvolse il candidato repubblicano Mitt Romney. Cosa hanno in comune il battagliero urbanista di sinistra romano contro e il miliardario repubblicano americano? Entrambi sono stati beccati a dire le cose sbagliate nel momento sbagliato. Nel 2012 il candidato Mitt Romney veniva pescato da un oppositore politico a dire che «il 47 per cento delle persone voterà per Obama a prescindere…dipendono dal governo, credono di essere vittime e ritengono che lo Stato abbia la responsabilità di prendersi cura di loro, pensano di avere diritto all’assistenza sanitaria, al cibo, alla casa…il mio lavoro non sarà preoccuparmi di quelle persone non potrò mai convincerli che dovrebbero prendersi delle responsabilità». Dopo quel nastro, diffuso da Mother Jones, Romney diventò il candidato dell’1%, nell’anno di Occupy Wall Street e con la rabbia verso le banche ancora forte in tutta la società americana.

In questi giorni, invece, l’assessore all’urbanistica si è lasciato andare a commenti sulla giunta Raggi con un giovane giornalista considerato più o meno un confidente, una persona con la quale poter parlare. I contenuti li conosciamo.

Due casi molto diversi di rovina politica causati da un audio registrato all’insaputa della persona che parla francamente, non rivelando qualcosa di illegale, di controverso, ma semplicemente dicendo quel che pensa. Un caso simile è quello che ha coinvolto John Podesta, capo della campagna Clinton, le cui mail hackerate da Wikileaks (o forse dai russi che le hanno passate all’organizzazione guidata da Assange) lasciavano trapelare una certa rabbia nei confronti della sua candidata. Anche in questo caso non c’era qualcosa di losco da nascondere, ma dei rapporti difficili che sarebbe stato meglio non rendere pubblici.

In ciascun caso stiamo parlando di scoop giornalistici e in ciascun caso stiamo parlando di una politica che non sa fare i conti con il mondo dei media e della tecnologia che cambia. Dalla campagna democratica, il cui server era penetrabile come il tonno che si taglia con un grissino, a Romney che si lascia andare a un «francamente noi dobbiamo proteggere i ricchi» senza pensare che non sta necessariamente parlando a una platea di soli sostenitori e che, se c’è un nemico in sala, questi ti registra e filma con un telefono. Stesso discorso per Berdini, che parla con Federico Capurso come si fa al bar, con una persona che si conosce e di cui ci si fida. In ciascun caso si tratta di errori dettati dall’incapacità di leggere il presente e il giornalismo.

Berdini, abituato a frequentare luoghi militanti della politica romana, assemblee alla fine delle quali ci si ferma a chiacchierare, chiacchiera amabilmente. Ma l’assessore all’urbanistica del Comune di Roma che si oppone allo stadio e che è una specie di corpo estraneo alla giunta 5 Stelle non può permettersi di andare al bar e parlare di quel che pensa. Quello lo può fare un urbanista di opposizione sociale che frequenta luoghi di sinistra. Berdini non è (o non era) più quello, e mentre parla con Capurso è impegnato in una trattativa complicata e importante e per questo avrebbe dovuto fare attenzione. 

I media cambiano, gli strumenti per fare uno scoop sono alla portata di tutti e il giornalista precario, come pare di capire essere Capurso dalla risposta alla domanda amichevole di Berdini, deve avere merce buona da vendere.

Chi conosce bene questa realtà, perché è cresciuto alla politica non nell’epoca dei grandi movimenti sociali ma nell’epoca della rivolta e dello sdegno telematici, sono i 5 Stelle. Virginia Raggi parla in terrazza, sta attenta a quel che dice anche in bagno. Nella loro ingenuità talvolta grottesca, i 5 Stelle che ripetono sempre le stesse frasi sono educati all’idea che ci sono microfoni ovunque. La cosa rimanda una pessima idea di cosa sia l’informazione e anche di cosa sia la politica. Quel che è certo è che, con la Brexit e l’elezioni di Trump, con gli hackeraggi e l’uso politico delle informazioni rubate o ottenute in maniera poco trasparente siamo entrati in una nuova fase. Berdini è la vittima minore. Aspettiamo di vedere cosa ci aspetta durante la campagna elettorale francese – Fillon è già stato colpito e forse affondato – e durante quella tedesca.