«Ridono di me perché sono diverso, io rido di loro perché sono tutti uguali», diceva Kurt Cobain che oggi avrebbe compiuto 50 anni. «Preferisco essere odiato per ciò che sono che essere amato per ciò che non sono», diceva il ragazzo di Seattle dell'infanzia difficile e che, proprio grazie alla psichiatria organicista americana, imparò da bambino a mettere a tacere l'angoscia ricorrendo alle sostanze. Trattato per lunghi anni con il Ritalin, passò poi all'eroia per tenere a bada la depressione e i dolori lancinanti dell'ulcera.
E ancora: «Ridono di me perché sono diverso, io rido di loro perché sono tutti uguali», diceva rivendicando spazi di poesia e un modo di fare musica cercando di rimanere fedeli alla propria ispirazione, senza infingimenti.
Già qui c'è tutto il mondo di Kurt Cobain, voce sofferta e bellissima dei Nirvana nati lontanto dagli incanti della Grande Mela, nella quotidianità grigia di Seattle. In quella periferia musicale negli anni Novanta è nato il grunge, quel rock ruvido e strappato con cui lui sapeva toccare corde profondissime.
Come in All apologies, che ha aperto mille domande. Sull'impatto che aveva avuto su di lui l'attenzione ossessiva dei media. Fu un messaggio per sua figlia Frances? Annunciava l'addio? Come è stato notato nella versione unplugged di quel brano, registrata nel novembre del 1993, pochi mesi prima del suicidio, la frase “all in all is all we are” diventò “all alone is all we are”.
Kurt Cobain che sentiva la pressione dello show biz, che viveva nel delirio angoscioso di aver tradito i propri fans, in realtà non era affatto una creatura dell'industria discografica. Aveva talento, ma era anche senza pelle, con tutto ciò che comporta in termini di dolore. Era una voce solitaria come Jeff Buckley, colorata di rabbia e struggente malinconia. Ma anche un chitarrista sensibile. «Aveva un tocco per il quale molti chitarristi ucciderebbero», ha detto di lui uno che se ne intende come Chuck Berry.
Non si contano gli omaggi. Da artisti visionari come Gus Van Sant che nel 2005 gli ha dedicato il cortometraggio Gli ultimi giorni di Kurt Cobain Cronaca (immaginaria) degli ultimi giorni del musicista a e compositore morto suicida a soli 27 anni. E da musicisti sideralmente lontani, come Caetano Veloso che ha creato la più "sbilenca", trasversale e inaspettata delle registrazioni di Come as You Are dei Nirvana. Elevando al rango di classico la canzone che già KurtCobain aveva intuito essere una delle sue più riuscite. Basta ascoltarne l'intima e bruciante versione unplugged.
«Ridono di me perché sono diverso, io rido di loro perché sono tutti uguali», diceva Kurt Cobain che oggi avrebbe compiuto 50 anni. «Preferisco essere odiato per ciò che sono che essere amato per ciò che non sono», diceva il ragazzo di Seattle dell’infanzia difficile e che, proprio grazie alla psichiatria organicista americana, imparò da bambino a mettere a tacere l’angoscia ricorrendo alle sostanze. Trattato per lunghi anni con il Ritalin, passò poi all’eroia per tenere a bada la depressione e i dolori lancinanti dell’ulcera.
E ancora: «Ridono di me perché sono diverso, io rido di loro perché sono tutti uguali», diceva rivendicando spazi di poesia e un modo di fare musica cercando di rimanere fedeli alla propria ispirazione, senza infingimenti.
Già qui c’è tutto il mondo di Kurt Cobain, voce sofferta e bellissima dei Nirvana nati lontanto dagli incanti della Grande Mela, nella quotidianità grigia di Seattle. In quella periferia musicale negli anni Novanta è nato il grunge, quel rock ruvido e strappato con cui lui sapeva toccare corde profondissime.
Come in All apologies, che ha aperto mille domande. Sull’impatto che aveva avuto su di lui l’attenzione ossessiva dei media. Fu un messaggio per sua figlia Frances? Annunciava l’addio? Come è stato notato nella versione unplugged di quel brano, registrata nel novembre del 1993, pochi mesi prima del suicidio, la frase “all in all is all we are” diventò “all alone is all we are”.
Kurt Cobain che sentiva la pressione dello show biz, che viveva nel delirio angoscioso di aver tradito i propri fans, in realtà non era affatto una creatura dell’industria discografica. Aveva talento, ma era anche senza pelle, con tutto ciò che comporta in termini di dolore. Era una voce solitaria come Jeff Buckley, colorata di rabbia e struggente malinconia. Ma anche un chitarrista sensibile. «Aveva un tocco per il quale molti chitarristi ucciderebbero», ha detto di lui uno che se ne intende come Chuck Berry.
Non si contano gli omaggi. Da artisti visionari come Gus Van Sant che nel 2005 gli ha dedicato il cortometraggio Gli ultimi giorni di Kurt Cobain Cronaca (immaginaria) degli ultimi giorni del musicista a e compositore morto suicida a soli 27 anni. E da musicisti sideralmente lontani, come Caetano Veloso che ha creato la più “sbilenca”, trasversale e inaspettata delle registrazioni di Come as You Are dei Nirvana. Elevando al rango di classico la canzone che già KurtCobain aveva intuito essere una delle sue più riuscite. Basta ascoltarne l’intima e bruciante versione unplugged.