Se n'è andato a Roma, nella sua città, Enzo Carella. Aveva 65 anni. Da mesi era ricoverato in terapia intensiva, da anni era accovacciato nell'ombra della grande canzone d'autore italiana.
La prima chitarra la prende in mano a 13 anni, gliel'hanno regalata i suoi genitori. Inizia a suonare da solo, prova a imparare scimmiottando gli artisti in voga a quei tempi. Adriano Celentano e Fabrizio De Andrè, ma anche i Beatles, gli Stones e Bob Dylan. Ma è quando incontra Jimi Hendrix, nel 1966, che resta folgorato da quel modo nuovo di suonare. Così, termina il Liceo Scientifico a Roma e si iscrive alla facoltà di Architettura, ma sa bene che alle porte ad attenderlo c'è la musica. Che musica? «Ho sempre fatto la musica che piaceva a me, magari sperando che il pubblico italiano si sarebbe evoluto», amava dire Carella.​
«Questo nome questo gesto questa cortesia, questo passo questo dire, questa tua mania». Con "Fosse Vero" Enzo Carella fa il suo ingresso nella musica italiana, nel 1976, e dà il via al sodalizio con Pasquale Panella. L'album, "Vocazione", arriva un anno dopo, al suo interno c'è "Malamore", singolo che lo rende popolare.
«Consideravano la mia musica come qualcosa avanti di dieci o vent'anni rispetto a quella in circolazione». Enzo sperimenta, liberamente. Canta a modo suo, suona a modo suo. Il precoce Carella in quegli italiani anni 70, se ne frega e gioca d'anticipo. Ne rimane folgorato Renzo Arbore, che spesso lo propone ad Alto gradimento. Alla fine dei Settanta, con tre album tra il 1977 e il 1981 (It e Rca, entrambe rigorosamente romane) tocca l'apice. E poi quel secondo posto a Sanremo, con “Barbara”, nel '79. È all'apice, è fuori da ogni dubbio. Ma seguono anni di silenzio.
Cantautorato a tinte black e latine, e gli immancabili testi di Panella, così torna nel 2007 con “Ahoh Yé Nanà”. Ma non si fa nemmeno in tempo a dire “Bentornato Enzo” che il silenzio ripiomba sulla sua casa di Spinaceto, perfieria di Roma. Fino a quel 18 agosto del 2011, quando le pagine della cronaca lo sbattono in prima pagina perché lo hanno arrestato per "produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti". Per quelle piante di marijuana coltivate sul balcone viene processato per direttissima e rilasciato la mattina dopo, era incensurato.
Mille e più cose stiamo dimenticando, lo sappiamo. In una delle sue ultime interviste - a Stanza 51 - alla domanda "Cosa si sente di dire oggi Enzo Carella ai suoi fans (che non saranno moltissimi ma sono senz'altro dei palati musicalmente fini)?" Rispose: «Come disse Carlo Verdone in uno dei suoi primi film, solo tre parole: "love love love". CIAO!». Enzo Carella era così. Love.  

Parigi

Amara

Veleno

Se n’è andato a Roma, nella sua città, Enzo Carella. Aveva 65 anni. Da mesi era ricoverato in terapia intensiva, da anni era accovacciato nell’ombra della grande canzone d’autore italiana.

La prima chitarra la prende in mano a 13 anni, gliel’hanno regalata i suoi genitori. Inizia a suonare da solo, prova a imparare scimmiottando gli artisti in voga a quei tempi. Adriano Celentano e Fabrizio De Andrè, ma anche i Beatles, gli Stones e Bob Dylan. Ma è quando incontra Jimi Hendrix, nel 1966, che resta folgorato da quel modo nuovo di suonare. Così, termina il Liceo Scientifico a Roma e si iscrive alla facoltà di Architettura, ma sa bene che alle porte ad attenderlo c’è la musica. Che musica? «Ho sempre fatto la musica che piaceva a me, magari sperando che il pubblico italiano si sarebbe evoluto», amava dire Carella.​

«Questo nome questo gesto questa cortesia, questo passo questo dire, questa tua mania». Con “Fosse Vero” Enzo Carella fa il suo ingresso nella musica italiana, nel 1976, e dà il via al sodalizio con Pasquale Panella. L’album, “Vocazione”, arriva un anno dopo, al suo interno c’è “Malamore”, singolo che lo rende popolare.

«Consideravano la mia musica come qualcosa avanti di dieci o vent’anni rispetto a quella in circolazione». Enzo sperimenta, liberamente. Canta a modo suo, suona a modo suo. Il precoce Carella in quegli italiani anni 70, se ne frega e gioca d’anticipo. Ne rimane folgorato Renzo Arbore, che spesso lo propone ad Alto gradimento. Alla fine dei Settanta, con tre album tra il 1977 e il 1981 (It e Rca, entrambe rigorosamente romane) tocca l’apice. E poi quel secondo posto a Sanremo, con “Barbara”, nel ’79. È all’apice, è fuori da ogni dubbio. Ma seguono anni di silenzio.

Cantautorato a tinte black e latine, e gli immancabili testi di Panella, così torna nel 2007 con “Ahoh Yé Nanà”. Ma non si fa nemmeno in tempo a dire “Bentornato Enzo” che il silenzio ripiomba sulla sua casa di Spinaceto, perfieria di Roma. Fino a quel 18 agosto del 2011, quando le pagine della cronaca lo sbattono in prima pagina perché lo hanno arrestato per “produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti”. Per quelle piante di marijuana coltivate sul balcone viene processato per direttissima e rilasciato la mattina dopo, era incensurato.

Mille e più cose stiamo dimenticando, lo sappiamo. In una delle sue ultime interviste – a Stanza 51 – alla domanda “Cosa si sente di dire oggi Enzo Carella ai suoi fans (che non saranno moltissimi ma sono senz’altro dei palati musicalmente fini)?” Rispose: «Come disse Carlo Verdone in uno dei suoi primi film, solo tre parole: “love love love”. CIAO!». Enzo Carella era così. Love.

 

Parigi

Amara

Veleno