Non molla, Marika Cassimatis. Ma c'è da chiedersi quanto durerà ancora. La ex candidata sindaco M5s di Genova, votata dagli attivisti ma "squalificata" da Grillo, è misteriosamente ancora interna al Movimento 5 stelle. Nonostante non sia stata ritenuta degna di rappresentare i Cinquestelle alle prossime amministrative e nonostante lei e gli altri 28 consiglieri esclusi abbiano presentato stamattina ricorso in Tribunale«Io e la mia lista, risultata vincitrice alle "primarie" 5s, vogliamo essere reintegrati. E chiediamo la sospensiva del voto nazionale», oltre a pubbliche scuse per tutti. Scavalca Grillo e va dritta al punto, la docente ligure, appellandosi alla legge nazionale che dovrebbe valere per tutti - inclusa l'Associazione M5s, che pure si è dotata di un proprio impianto para-giudiziario, ma che, puntualmente, si scontra con i dettami costituzionali che regolamentano la vita democratica (come abbiamo ricostruito sulle nostre pagine). E così, ai giudici amministrativi Cassimatis chiederà di correre col simbolo pentastellato, nonostante la proprietà - Grillo e la Casaleggio Associati - abbia espresso pubblico diniego. Denuncia che va ad aggiungersi a quella per diffamazione rivolta proprio al guru dei Cinquestelle Beppe Grillo per l'accusa, non meglio specificata, di aver «ripetutamente e continuativamente danneggiato l'immagine del Movimento 5 stelle». «Molti dei 28 componenti di questa lista, incluso la candidata sindaco», scriveva Grillo il 17 marzo sul blog, «hanno tenuto comportamenti contrari ai principi del MoVimento 5 Stelle». Il post, definito da Cassimatis «estremamente oltraggioso» ha poi comportato la revoca del simbolo. Onta massima, nel Movimento 5 stelle - e che solitamente precede l'espulsione irrevocabile. Invece Cassimatis è ancora in sella e stamattina in conferenza stampa ha rilanciato: per la prima volta, un attivista Cinquestelle anticipa il Garante e lo trascina davanti al giudice. Una querela arriva anche ad Alessandro Di Battista, «per aver rilasciato dichiarazioni ingiuriose» nei confronti di Cassimatis e dei suoi compagni, definendoli "squali". «A noi, che volevamo offrire il nostro tempo e la nostra passione per un ideale politico, per un'idea di giustizia. Sono insegnati, operai, lavoratori, studenti, tutti impegnati da anni al M5s. Alcuni di loro sono iscritti dal 2009, anno di nascita del Movimento». Gli hanno dato degli "infiltrati": «Ma di cosa stiamo parlando?», rimanda al mittente una determinatissima Cassimatis. «I consiglieri (autocandidatisi, che votando il loro candidato sindaco ne vanno eventualmente a comporre la lista, ndr) non erano noti a nessuno, quindi anche ci fosse stato un camorrista tra i miei votanti, la responsabilità sarebbe stata di chi li ha selezionati, ovvero lo staff». Senza contare che stando al Metodo Genova, sviluppato dalla capogruppo regionale appositamente per queste elezioni, «il sindaco avrebbe potuto, una volta giunta a conoscenza dell'identità dei suoi consiglieri, ricusarne uno o più e sostituirli con altri candidati. Senza bisogno dunque di invalidare tutta la lista». Hanno chiesto ripetutamente - pubblicamente e formalmente - documenti e chiarimenti, gli estromessi, ma dallo staff e da Grillo - che pure abita a due passi da lì - nessuna risposta, mail o telefonata. L'unica motivazione addotta da Grillo per far mandare giù agli attivisti il suo atto di imperio è stato quel "Fidatevi di me". Che per Cassimatis «non esiste, come prova, in nessuno Stato di diritto. Ma nemmeno nella Repubblica delle Banane». Dice di più, Cassimatis: «È rischioso, molto rischioso, andare dietro a questo tipo di impostazioni. Perché la democrazia è fatta di trasparenza. E la trasparenza qui non c'è». Non solo. Come spiega l'avvocato Lorenzo Borrè (il legale che segue tutte le cause degli espulsi M5s e ora anche dei ricorrenti genovesi) sul numero di Left in edicola questa settimana, ogni persona ha diritto, come da articolo 111 della Costituzione, alla propria difesa. «Io devo essere messo in condizioni non solo di difendermi dalle accuse, ma anche di poter esercitare tale diritto in un contraddittorio, e con i documenti della accuse alla mano». E questo, per altro, «prima che avvenga il sanzionamento, non dopo». E, sempre in base alla Carta, sarebbe tutelato anche il diritto di espressione, ricorda la grillina: «Per intenderci, mettere un like a un post di Pizzarotti, è sintomo di libertà di espressione, e non è un'aggressione al Movimento 5 stelle». Perché questi sono i "crimini" di cui stiamo parlando. «Che cosa sta accadendo nel Movimenti 5 stelle?», si chiede dunque Cassimatis. «Ce lo stiamo chiedendo, come molti altri attivisti di tutta Italia ormai». Ma chissà che non sia la giustizia a raddrizzare la piega poco democratica del  Movimento 5 stelle.
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Di Genova e del M5s parliamo su Left in edicola

 

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Non molla, Marika Cassimatis. Ma c’è da chiedersi quanto durerà ancora. La ex candidata sindaco M5s di Genova, votata dagli attivisti ma “squalificata” da Grillo, è misteriosamente ancora interna al Movimento 5 stelle. Nonostante non sia stata ritenuta degna di rappresentare i Cinquestelle alle prossime amministrative e nonostante lei e gli altri 28 consiglieri esclusi abbiano presentato stamattina ricorso in Tribunale«Io e la mia lista, risultata vincitrice alle “primarie” 5s, vogliamo essere reintegrati. E chiediamo la sospensiva del voto nazionale», oltre a pubbliche scuse per tutti. Scavalca Grillo e va dritta al punto, la docente ligure, appellandosi alla legge nazionale che dovrebbe valere per tutti – inclusa l’Associazione M5s, che pure si è dotata di un proprio impianto para-giudiziario, ma che, puntualmente, si scontra con i dettami costituzionali che regolamentano la vita democratica (come abbiamo ricostruito sulle nostre pagine).

E così, ai giudici amministrativi Cassimatis chiederà di correre col simbolo pentastellato, nonostante la proprietà – Grillo e la Casaleggio Associati – abbia espresso pubblico diniego. Denuncia che va ad aggiungersi a quella per diffamazione rivolta proprio al guru dei Cinquestelle Beppe Grillo per l’accusa, non meglio specificata, di aver «ripetutamente e continuativamente danneggiato l’immagine del Movimento 5 stelle». «Molti dei 28 componenti di questa lista, incluso la candidata sindaco», scriveva Grillo il 17 marzo sul blog, «hanno tenuto comportamenti contrari ai principi del MoVimento 5 Stelle». Il post, definito da Cassimatis «estremamente oltraggioso» ha poi comportato la revoca del simbolo. Onta massima, nel Movimento 5 stelle – e che solitamente precede l’espulsione irrevocabile. Invece Cassimatis è ancora in sella e stamattina in conferenza stampa ha rilanciato: per la prima volta, un attivista Cinquestelle anticipa il Garante e lo trascina davanti al giudice. Una querela arriva anche ad Alessandro Di Battista, «per aver rilasciato dichiarazioni ingiuriose» nei confronti di Cassimatis e dei suoi compagni, definendoli “squali”. «A noi, che volevamo offrire il nostro tempo e la nostra passione per un ideale politico, per un’idea di giustizia. Sono insegnati, operai, lavoratori, studenti, tutti impegnati da anni al M5s. Alcuni di loro sono iscritti dal 2009, anno di nascita del Movimento». Gli hanno dato degli “infiltrati”: «Ma di cosa stiamo parlando?», rimanda al mittente una determinatissima Cassimatis.
«I consiglieri (autocandidatisi, che votando il loro candidato sindaco ne vanno eventualmente a comporre la lista, ndr) non erano noti a nessuno, quindi anche ci fosse stato un camorrista tra i miei votanti, la responsabilità sarebbe stata di chi li ha selezionati, ovvero lo staff». Senza contare che stando al Metodo Genova, sviluppato dalla capogruppo regionale appositamente per queste elezioni, «il sindaco avrebbe potuto, una volta giunta a conoscenza dell’identità dei suoi consiglieri, ricusarne uno o più e sostituirli con altri candidati. Senza bisogno dunque di invalidare tutta la lista».

Hanno chiesto ripetutamente – pubblicamente e formalmente – documenti e chiarimenti, gli estromessi, ma dallo staff e da Grillo – che pure abita a due passi da lì – nessuna risposta, mail o telefonata.

L’unica motivazione addotta da Grillo per far mandare giù agli attivisti il suo atto di imperio è stato quel “Fidatevi di me”. Che per Cassimatis «non esiste, come prova, in nessuno Stato di diritto. Ma nemmeno nella Repubblica delle Banane». Dice di più, Cassimatis: «È rischioso, molto rischioso, andare dietro a questo tipo di impostazioni. Perché la democrazia è fatta di trasparenza. E la trasparenza qui non c’è».

Non solo. Come spiega l’avvocato Lorenzo Borrè (il legale che segue tutte le cause degli espulsi M5s e ora anche dei ricorrenti genovesi) sul numero di Left in edicola questa settimana, ogni persona ha diritto, come da articolo 111 della Costituzione, alla propria difesa. «Io devo essere messo in condizioni non solo di difendermi dalle accuse, ma anche di poter esercitare tale diritto in un contraddittorio, e con i documenti della accuse alla mano». E questo, per altro, «prima che avvenga il sanzionamento, non dopo».
E, sempre in base alla Carta, sarebbe tutelato anche il diritto di espressione, ricorda la grillina: «Per intenderci, mettere un like a un post di Pizzarotti, è sintomo di libertà di espressione, e non è un’aggressione al Movimento 5 stelle». Perché questi sono i “crimini” di cui stiamo parlando.

«Che cosa sta accadendo nel Movimenti 5 stelle?», si chiede dunque Cassimatis. «Ce lo stiamo chiedendo, come molti altri attivisti di tutta Italia ormai». Ma chissà che non sia la giustizia a raddrizzare la piega poco democratica del  Movimento 5 stelle.

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Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.