Domenica scorsa, decine di migliaia di ungheresi sono scesi per le strade di Budapest per protestare contro la legge che prevede (indirettamente) la chiusura della Central European University e invitare il presidente Janos Ader non ratificare il disegno di legge. Due giorni, mentre il ministro dell'istruzione László Palkovics spiegava a Bruxelles che il governo non avrebbe chiuso nessuna università, il presidente ha apposto il suo timbro sulla legge, ignorando le pressioni internazionali e quelle del partito popolare europeo di cui Fidesz, il partito del premier Orban, è parte. La legge prevede che i campus stranieri possano aprire nel Paese solo se hanno un campus aperto nel Paese di origine. La misura, sostengono a Budapest, non è diretta contro la CEU, ma contro tutte le università. Non proprio vero.
Qual'è la ragione per la chiusura di un centro fondato nel 1991, con 1.440 studenti provenienti da 117 Paesi e molti corsi di scienze sociali che sono tra i migliori offerti al mondo? Semplice, l'università è finanziata da Soros, il nemico numero uno di Orban - che proprio grazie a una borsa di studio di Soros ha studiato a Oxford. Ader è un alleato politico di Orban e con la sua firma, garantisce la costituzionalità del testo di legge e ignora gli appelli dei direttori di una serie di grandi università (Harvard, London School of Economics), editoriali su importanti giornali e le ramanzine dei colleghi popolari che hanno chiamato da Bruxelles. O le pressioni americane e canadesi, i cui rappresentanti diplomatici erano alla conferenza stampa dell'università. La Commissione europea ha annunciato che avvierà un dialogo con il governo ungherese sulla tenuta dello Stato di diritto - una procedura simile è stata avviata contro il governo polacco dopo l'approvazione di una legge che regola i media. E le pressioni e richieste al PPE affinché decida finalmente di espellere Fidesz dalle proprie fila, si fanno pressanti. La misura è particolarmente grave perché è un intervento diretto sulla libertà di insegnamento: se le cose che si insegnano in una scuola che non costa allo Stato e che anzi porta cervelli stranieri a Budapest non ci piacciono, noi chiudiamo l'università. L'Europa democratica, che ha molti limiti, per carità, sta cambiando di natura in Ungheria. E questo è molto male.

Domenica scorsa, decine di migliaia di ungheresi sono scesi per le strade di Budapest per protestare contro la legge che prevede (indirettamente) la chiusura della Central European University e invitare il presidente Janos Ader non ratificare il disegno di legge. Due giorni, mentre il ministro dell’istruzione László Palkovics spiegava a Bruxelles che il governo non avrebbe chiuso nessuna università, il presidente ha apposto il suo timbro sulla legge, ignorando le pressioni internazionali e quelle del partito popolare europeo di cui Fidesz, il partito del premier Orban, è parte. La legge prevede che i campus stranieri possano aprire nel Paese solo se hanno un campus aperto nel Paese di origine. La misura, sostengono a Budapest, non è diretta contro la CEU, ma contro tutte le università. Non proprio vero.

Qual’è la ragione per la chiusura di un centro fondato nel 1991, con 1.440 studenti provenienti da 117 Paesi e molti corsi di scienze sociali che sono tra i migliori offerti al mondo? Semplice, l’università è finanziata da Soros, il nemico numero uno di Orban – che proprio grazie a una borsa di studio di Soros ha studiato a Oxford.

Ader è un alleato politico di Orban e con la sua firma, garantisce la costituzionalità del testo di legge e ignora gli appelli dei direttori di una serie di grandi università (Harvard, London School of Economics), editoriali su importanti giornali e le ramanzine dei colleghi popolari che hanno chiamato da Bruxelles. O le pressioni americane e canadesi, i cui rappresentanti diplomatici erano alla conferenza stampa dell’università. La Commissione europea ha annunciato che avvierà un dialogo con il governo ungherese sulla tenuta dello Stato di diritto – una procedura simile è stata avviata contro il governo polacco dopo l’approvazione di una legge che regola i media. E le pressioni e richieste al PPE affinché decida finalmente di espellere Fidesz dalle proprie fila, si fanno pressanti.

La misura è particolarmente grave perché è un intervento diretto sulla libertà di insegnamento: se le cose che si insegnano in una scuola che non costa allo Stato e che anzi porta cervelli stranieri a Budapest non ci piacciono, noi chiudiamo l’università. L’Europa democratica, che ha molti limiti, per carità, sta cambiando di natura in Ungheria. E questo è molto male.