Ha dato un passaggio a una famiglia di rifugiati in difficoltà, e adesso è accusato di «favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La sentenza potrebbe diventare un pericoloso precedente

«Continuo a credere che quello che ho fatto sia del tutto normale». Ricordate Félix Croft? Di lui e degli altri “criminali solidali” vi abbiamo raccontato con Stefano Lorusso su Left del primo aprile. E non era un pesce d’aprile, purtroppo. Il 27 aprile è attesa la sentenza del processo, perché la procura del tribunale di Imperia accusa il ventottenne francese di «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina» e per questo ha chiesto una pena di 3 anni e 4 mesi, oltre a una multa di 50mila euro. È la prima volta che un cittadino francese viene giudicato da un tribunale italiano per quello che noi abbiamo chiamato, anche con l’aiuto dell’avvocata Alessandra Ballerini, un «reato di solidarietà».

Che ha fatto Félix?

Ha dato un passaggio umanitario a una famiglia di sudanesi, una famiglia di rifugiati provenienti dalle zone di guerra del Darfur. E non se n’è affatto pentito: «Fino a quando gli Stati non si prenderanno cura di queste persone, è un dovere continuare ad aiutarle: penso sinceramente che quando la solidarietà si scontra con le leggi, sia l’umanità a dover prevalere», fa sapere Félix grazie a un appello che i volontari francesi e italiani ci hanno inviato (lo trovate cliccando qui, e vi invitiamo a scaricarlo e diffonderlo). «Sono nato in Francia da padre americano e da madre francese di origini italiane, anche la nostra è una storia di migrazione: ho agito secondo quelli che restano ancora i principi fondativi della nostra società: libertà, uguaglianza e fraternità. Oltre che nel rispetto dell’articolo 1 della Convenzione di Ginevra e degli articoli 13 e 14 della Dichiarazione universali dei Diritti dell’Uomo».

Il reato di solidarietà

Che sia declinato in favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in violazione di ordinanze che in nome del decoro e della sicurezza sanitaria vietano la somministrazione di cibo e bevande ai migranti, di fatto assistiamo alla nascita di un “reato di solidarietà” quello che in Francia chiamano “délit de solidarité” e che ha visto aumentare i processi contro volontari o semplici cittadini che aiutano i rifugiati a mettersi in salvo o a ricongiungersi con le proprie famiglie. Si tratta di allarmanti iniziative di intimidazione e dissuasione nei confronti di quei cittadini europei che rimediano alla mancanza di accoglienza nei paesi membri di esseri umani che provengono da aree del pianeta colpite da guerre o carestie. Ed è per questo che il processo a Félix Croft merita tutta la nostra attenzione. La sentenza del 27 aprile potrebbe diventare un pericoloso precedente.

Di Félix Croft e degli altri “criminali solidali” e di chi resiste al “reato di solidarietà abbiamo parlato su Left n. 13

 

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