#FreeGabriele! Il commento del direttore di Left
Gabriele Del Grande non è un “trattenuto” di quelli che impietosiscono in un secondo tutti gli strati del pietismo ufficiale, quello sempre ben cotto per fiaccole istantanee. Gabriele è terribilmente libero, innanzitutto. Libero di raccontare la complessità senza tradirla Gabriele ci ha raccontato i limiti della democrazia (e le sue bugie narcotizzanti) nelle zone del mondo lì dove non è concesso il vizio della curiosità.
Eppure Gabriele Del Grande è anche il documentarista che con il suo “Io sto con la sposa” (che racconta la vera storia di cinque profughi palestinesi e siriani, sbarcati a Lampedusa, che per arrivare in Svezia mettono in scena un finto matrimonio) ha dovuto finanziarsi con un crowdfunding perché tutto ciò che non rassicura (su migranti e pessime democrazie, come quella turca) deve faticare il triplo per riuscire ad avere voce.
Per questo è normale che Gabriele sia stato fermato in Turchia al confine con la Siria: se c’è un orlo del mondo che vorremmo scoprire raccontato da lui è proprio quel confine degli orrori (con la complicità dell’Europa). Gabriele è l’occhio (e la voce) che in molti vorremmo proprio lì.
Ciò che non è normale invece è che uno Stato sempre più sultanato come la Turchia (ne scrivevo giusto nel mio buongiorno di ieri) possa permettersi di trattenere un cittadino italiano con i documenti in regola senza dargli la possibilità di comunicare con l’esterno o di avvalersi di un avvocato. Dice il ministro Alfano che spedirà presto (si è svegliato, alla buon’ora) l’ambasciatore per gestire il suo rilascio (da cosa o per cosa chissà se ce lo spiegheranno) come se Erdogan non fosse lo stesso Erdogan che tratta altri 150 giornalisti allo stesso modo da mesi.
Intanto sappiamo (finalmente) che è riuscito a mettersi in contatto con l’Italia e che ha cominciato uno sciopero della fame:
Ma a noi non basta Gabriele libero. Vogliamo Gabriele libero di raccontare, anche. E anche tutti gli altri.
Buon mercoledì.