50 al giorno. Impiccati nella prigione di Saydnaya, a una manciata di chilometri da Damasco, e poi bruciati in un forno crematorio per cancellare le tracce dell'esecuzione di massa. L'accusa dle Dipartimento di Stato Usa nei confronti del regime siriano è pesantissima: l'inviato in Medio Oriente Stuart Jones presenta le immagini declassificate delle modifiche architettoniche all'edificio - realizzate per creare il forno – e parla di «un nuovo livello di depravazione». Nel dossier realizzato con i contributi di media, ong e intelligence si evidenziano la complicità e il “lasciar fare” della Russia, che continua a respingere le accuse e parla di una «deliberata provocazione». Il penitenziario di Saydnaya, considerato fin dagli anni 80 il luogo dove si eliminano gli oppositori del regime e soprannominato dai detenuti "il mattatoio", era già finito sotto accusa in un rapporto di Amnesty International dello scorso febbraio che riporta le testimonianze di ex detenuti e funzionari della struttura: l'accusa è di aver impiccato - per ordine di stretti collaboratori di Bashar Al Assad - 13mila persone in 5 anni, da quando nel 2011 è iniziata la cosiddetta “primavera siriana”. Amnesty ipotizza che le torture, i processi farsa e le esecuzioni sommarie siano proseguite anche dopo il 2015 e rappresentino una pratica ancora in corso. Ora Stuart Jones chiede che il regime di Assad fermi gli attacchi ai civili e alle opposizioni e alla Russia di «assumersi la responsabilità» di garantire il rispetto dei diritti umani. Il nuovo dossier del dipartimento di Stato americano arriva alla vigilia della riapertura del round di negoziati, il sesto, sulla crisi siriana. Lo step precedente, che si è concluso il 31 marzo, non ha registrato progressi, mentre lo scorso 4 maggio ad Astana Russia, Turchia e Iran hanno concluso un accordo per creare aree di "de-escalation" Martedì a Ginevra, in Svizzera, prenderà il via un nuovo round (il sesto) di negoziati sulla crisi siriana tra regime e opposizione sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il round precedente si è concluso lo scorso 31 marzo senza sostanziali passi avanti. L’incontro segue quello del 4 maggio ad Astana, in Kazakistan, terminato con l’accordo firmato da Iran, Russia e Turchia per la creazione di “zone di de-escalation“. Intanto il portavoce della Casa Bianca Sena Spicer fa sapere che sicurezza e stabilità della Siria non saranno garantite fin quando «Assad sarà al potere».

50 al giorno. Impiccati nella prigione di Saydnaya, a una manciata di chilometri da Damasco, e poi bruciati in un forno crematorio per cancellare le tracce dell’esecuzione di massa. L’accusa dle Dipartimento di Stato Usa nei confronti del regime siriano è pesantissima: l’inviato in Medio Oriente Stuart Jones presenta le immagini declassificate delle modifiche architettoniche all’edificio – realizzate per creare il forno – e parla di «un nuovo livello di depravazione». Nel dossier realizzato con i contributi di media, ong e intelligence si evidenziano la complicità e il “lasciar fare” della Russia, che continua a respingere le accuse e parla di una «deliberata provocazione».

Il penitenziario di Saydnaya, considerato fin dagli anni 80 il luogo dove si eliminano gli oppositori del regime e soprannominato dai detenuti “il mattatoio”, era già finito sotto accusa in un rapporto di Amnesty International dello scorso febbraio che riporta le testimonianze di ex detenuti e funzionari della struttura: l’accusa è di aver impiccato – per ordine di stretti collaboratori di Bashar Al Assad – 13mila persone in 5 anni, da quando nel 2011 è iniziata la cosiddetta “primavera siriana”. Amnesty ipotizza che le torture, i processi farsa e le esecuzioni sommarie siano proseguite anche dopo il 2015 e rappresentino una pratica ancora in corso.

Ora Stuart Jones chiede che il regime di Assad fermi gli attacchi ai civili e alle opposizioni e alla Russia di «assumersi la responsabilità» di garantire il rispetto dei diritti umani. Il nuovo dossier del dipartimento di Stato americano arriva alla vigilia della riapertura del round di negoziati, il sesto, sulla crisi siriana. Lo step precedente, che si è concluso il 31 marzo, non ha registrato progressi, mentre lo scorso 4 maggio ad Astana Russia, Turchia e Iran hanno concluso un accordo per creare aree di “de-escalation”

Martedì a Ginevra, in Svizzera, prenderà il via un nuovo round (il sesto) di negoziati sulla crisi siriana tra regime e opposizione sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il round precedente si è concluso lo scorso 31 marzo senza sostanziali passi avanti. L’incontro segue quello del 4 maggio ad Astana, in Kazakistan, terminato con l’accordo firmato da Iran, Russia e Turchia per la creazione di “zone di de-escalation“. Intanto il portavoce della Casa Bianca Sena Spicer fa sapere che sicurezza e stabilità della Siria non saranno garantite fin quando «Assad sarà al potere».