Al mondo esistono circa 7000 diverse lingue parlate, un patrimonio culturale che sta scomparendo. Ma c’è di più, secondo un recente studio condotto da Anne Kandler (Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology) e da James Steele (University College London) e pubblicato sul sito dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti d’America il declino di questa ricchezza linguistica e culturale sarebbe correlato alla perdita di biodiversità. La maggior parte delle lingue a rischio è parlata da piccoli gruppi che abitano in luoghi remoti, quelli che custodiscono grande biodiversità e che sono in pericolo - come l'Amazzonia o la Papua Nuova Guinea. Secondo Kandler e Steele infatti il 70% delle lingue parlate nel mondo è localizzato nei luoghi chiave per la biodiversità del pianeta e i dati raccolti mostrano chiaramente che quando queste aree sono sottoposte a un degrado dal punto di vista ambientale, si realizza anche una perdita in termini di ricchezza e varietà linguistica e culturale. «I biologi - si legge nello studio - stimano che il numero di specie che si estinguono ogni anno sia di mille volte superiore a quello delle precedenti epoche e i linguisti prevedono che entro la fine del secolo scompariranno tra il 50 e il 90 per cento delle lingue». A partire da queste informazioni e suffragati dai dati i due ricercatori dunque hanno scoperto l’esistenza di una stretta connessione fra ambiente e patrimonio linguistico culturale. In passato altri studiosi avevano intuito la relazione fra cultura e ambiente, Larry Gorenflo della Penn State University per esempio aveva parlato di una connessione geografica fra i due fattori, ma non era riuscito a raggiungere un livello di approfondimento sufficiente a supportare la tesi. La raccolta dei dati in effetti è piuttosto complessa, anche a causa della natura estremamente fluida del linguaggio, per la quale è difficile identificare con chiarezza e precisione i confini geografici di un ceppo linguistico piuttosto che di un altro. Eppure gli studiosi di dicono piuttosto certi di poter trarre una correlazione: «In moltissimi casi abbiamo dati che provano il fatto che la biodiversità è parte integrante della diversità culturale di una determinata area e viceversa». Delle più di 6900 lingue parlate nel mondo, almeno 4800 sono state riscontrate in regioni dove esiste un alto tasso di biodiversità. Territori che quindi dovrebbero essere non solo biologicamente ma anche culturalmente tutelati per non rischiare di perdere questa ricchezza. Per Gorenflo inoltre questa scoperta rappresenta anche un’ottima possibilità per gli studiosi di collaborare in modo diverso, «potremmo finalmente realizzare un approccio integrato in cui chi si occupa della conservazione biologica delle specie collabora con chi si occupa di preservare il linguaggio e la cultura di quelle stesse aree» ha dichiarato il professore in un’intervista rilasciata alla Bbc sul tema. «In genere - ha concluso - i biologi non prestano molta attenzione alle persone che vivono nell’ecosistema che stanno studiando»

Al mondo esistono circa 7000 diverse lingue parlate, un patrimonio culturale che sta scomparendo. Ma c’è di più, secondo un recente studio condotto da Anne Kandler (Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology) e da James Steele (University College London) e pubblicato sul sito dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti d’America il declino di questa ricchezza linguistica e culturale sarebbe correlato alla perdita di biodiversità. La maggior parte delle lingue a rischio è parlata da piccoli gruppi che abitano in luoghi remoti, quelli che custodiscono grande biodiversità e che sono in pericolo – come l’Amazzonia o la Papua Nuova Guinea. Secondo Kandler e Steele infatti il 70% delle lingue parlate nel mondo è localizzato nei luoghi chiave per la biodiversità del pianeta e i dati raccolti mostrano chiaramente che quando queste aree sono sottoposte a un degrado dal punto di vista ambientale, si realizza anche una perdita in termini di ricchezza e varietà linguistica e culturale.

«I biologi – si legge nello studio – stimano che il numero di specie che si estinguono ogni anno sia di mille volte superiore a quello delle precedenti epoche e i linguisti prevedono che entro la fine del secolo scompariranno tra il 50 e il 90 per cento delle lingue». A partire da queste informazioni e suffragati dai dati i due ricercatori dunque hanno scoperto l’esistenza di una stretta connessione fra ambiente e patrimonio linguistico culturale. In passato altri studiosi avevano intuito la relazione fra cultura e ambiente, Larry Gorenflo della Penn State University per esempio aveva parlato di una connessione geografica fra i due fattori, ma non era riuscito a raggiungere un livello di approfondimento sufficiente a supportare la tesi.
La raccolta dei dati in effetti è piuttosto complessa, anche a causa della natura estremamente fluida del linguaggio, per la quale è difficile identificare con chiarezza e precisione i confini geografici di un ceppo linguistico piuttosto che di un altro. Eppure gli studiosi di dicono piuttosto certi di poter trarre una correlazione: «In moltissimi casi abbiamo dati che provano il fatto che la biodiversità è parte integrante della diversità culturale di una determinata area e viceversa». Delle più di 6900 lingue parlate nel mondo, almeno 4800 sono state riscontrate in regioni dove esiste un alto tasso di biodiversità. Territori che quindi dovrebbero essere non solo biologicamente ma anche culturalmente tutelati per non rischiare di perdere questa ricchezza. Per Gorenflo inoltre questa scoperta rappresenta anche un’ottima possibilità per gli studiosi di collaborare in modo diverso, «potremmo finalmente realizzare un approccio integrato in cui chi si occupa della conservazione biologica delle specie collabora con chi si occupa di preservare il linguaggio e la cultura di quelle stesse aree» ha dichiarato il professore in un’intervista rilasciata alla Bbc sul tema. «In genere – ha concluso – i biologi non prestano molta attenzione alle persone che vivono nell’ecosistema che stanno studiando»