Finora ha fatto arrivare 58 famiglie siriane, circa 200 persone. È l’imprenditore canadese Jim Estill che dal 2015 si ingegna a trovare casa e soprattutto lavoro a chi fugge dalla guerra. «Quando ho visto le immagini in tv della Siria ho pensato che dovevo fare qualcosa»

La casa, dove I consume the news, dove – letteralmente – “consuma le notizie”. Ti risponde così Jim Estill, imprenditore canadese, 60 anni, se gli chiedi dove si trovava esattamente, quando ha preso la decisione che ha cambiato la vita di centinaia di rifugiati siriani senza più pace, senza più destino, senza più patria. Ora si trovano con una casa, una vita, un lavoro, una chance in Ontario, Canada. Loro gli hanno mandato una mail e Jim ha risposto non offrendogli falsa solidarietà, ma un lavoro.
Un giorno del 2015 c’è un telegiornale che parla in un salotto in Canada. Jim è lì dentro. «Ho visto questa enorme crisi umanitaria in corso. Quello che è successo a quel punto è che ho presto la mia lista delle cose da fare, la mia to do list, e quando aggiungo qualcosa alla mia lista, generalmente viene fatta. Ho chiesto alla mia assistente di organizzare un incontro con chiese, sinagoghe, moschee, l’Esercito della salvezza. Abbiamo fatto degli incontri di un’ora. Io non amo i long meetings». La prima famiglia siriana che la Danby, l’azienda di Jim, ha “adottato” è arrivata nel gennaio del 2016 e l’ultima nel maggio 2017, ma «molte altre famiglie sono in arrivo», dice l’imprenditore. «Finora siamo riusciti a far arrivare 58 famiglie, quindi circa 200 persone. Tutti nuclei familiari, con figli, anche adolescenti. Oltre alle 58 famiglie, lavoriamo e sponsorizziamo altri 200, 300 rifugiati che vengono aiutati dal governo o altre agenzie della zona».
Jim, come ha deciso di compiere questo percorso e far arrivare i rifugiati siriani nella sua azienda per permettere loro di lavorare?
Mi ha aperto gli occhi ascoltare un rabbino che ha detto che una delle ragioni per cui l’olocausto era accaduto era perché molte persone rimanevano ferme, senza fare niente. Quando ho visto i filmati provenienti dalla Siria, ho pensato che le persone non facessero abbastanza o non abbastanza velocemente e un imprenditore diventa frustrato per la lentezza. That is why I took things into my own hands. Entrepreneurs tend to do that. Ecco perché ho preso le cose tra le mie mani, gli imprenditori tendono a farlo. Ho anche pensato: e se succedesse alla mia famiglia, cosa vorrei? Io non vorrei solo essere nutrito. Non vorrei solo una tenda, un posto dove vivere. Io vorrei una chance per ricostruire la mia vita, un piccolo aiuto per ricominciare.
Quanto le è costata questa operazione?…..

L’intervista a Jim Estill prosegue su Left in edicola


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