Un approfondimento sulla figura pedagogica del parroco di Barbiana. Un mito che ha relegato la sinistra a un ruolo subordinato rispetto al cattolicesimo. Ecco alcuni brani della “Lettera” che dimostrano l'avversione per la scuola pubblica laica

Un ulteriore approfondimento di Giuseppe Benedetti sulla figura di don Milani dal punto di vista pedagogico. 

Provo a replicare alle rare critiche, tra i tanti insulti. L’articolo (vedi Left del 17 giugno ndr) non è l’analisi con gli occhi di oggi di una realtà vecchia di 50 anni, ma la riflessione sul senso di una celebrazione che porta inevitabilmente con sé l’influenza della Lettera di una professoressa nel dibattito pedagogico e nella realizzazione di riforme scolastiche anche recentissime. L’articolo non corrisponde alla già vista autoflagellazione di una parte della sinistra che vuole distinguersi preparando così l’ennesima sconfitta, ma un tentativo di far chiarezza su un mito che ha relegato la sinistra a un ruolo subordinato rispetto al cattolicesimo nell’elaborazione di idee da sostenere e diffondere per diventare forza di governo. Avrei condiviso il contenuto della Lettera se si fosse limitata a denunciare le storture della scuola classista del tempo invece di aggredire un sistema che, con la riforma della media unica, cominciava a tradurre in realtà il dettato costituzionale. Per don Milani, l’unica alternativa era nell’educazione cattolica, come si può leggere nel florilegio seguente (le pagine tra parentesi, dopo ogni citazione, si riferiscono alla pubblicazione della Libreria Editrice fiorentina, 1996, Firenze).

«La maestra è difesa dalla sua smemoratezza di mamma a mezzo servizio […] Le maestre son come i preti e le puttane. Si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno tempo di piangere. Il mondo è una famiglia immensa. C’è tante altre creature da servire» (41-2).
«Certe scuole di preti sono più leali. Sono strumento della lotta di classe e non lo nascondono a nessuno. Dai barnabiti a Firenze la retta d’un semiconvittore è di 40.000 lire al mese. Dagli scolopi 36.000. Mattina e sera al servizio d’un padrone solo. Non a servire due padroni come voi» (65)
«La buona fede degli insegnanti è un problema a parte. Siete pagati dallo Stato. Avete le creature davanti. Avete studiato storia. La insegnate. Dovreste veder chiaro. Certo delle creature vedete solo quelle scelte. La cultura v’è toccata farvela sui libri. E i libri sono scritti dalla parte padronale. L’unica che sa scrivere. Ma potevate leggere tra le righe. Possibile che siate ancora in buona fede? Cerco di capirvi. Avete un aspetto così rispettabile. Non avete nulla del criminale. Forse qualcosa del criminale nazista. Cittadino onestissimo e obbediente che registra le casse di sapone. Si farebbe scrupolo a sbagliare una cifra (quattro, quattro meno), ma non domanda se è sapone fatto con carne d’uomo» (77-8)
«La scuola a tempo pieno presume una famiglia che non intralcia. Per esempio quella di due insegnanti, marito e moglie, che avessero dentro la scuola una casa aperta a tutti e senza orario […] L’altra soluzione è il celibato» (86)
«il vostro orario è indecente […] La scusa che avete da rivedere i compiti a casa e da studiare non vale. Anche i magistrati hanno da scrivere le sentenze. Voi poi i compiti potreste non darli. E se li date potreste correggerli coi ragazzi nel tempo che li fanno» (88)
«Finora si diceva che la scuola statale è un progresso rispetto alla privata. Ora bisognerà ripensarci e rimettere la scuola in mano d’altri. Di gente che abbia un motivo ideale per farla e farla a noi» (89)
«I maestri valgono perché son stati poco a scuola. I professori sono quello che sono perché son tutti laureati» (114).
«Tre anni su Dante. Neanche un minuto solo sul Vangelo. Non dite che il Vangelo tocca ai preti. Anche levando il problema religioso restava il libro da studiare in ogni scuola e in ogni classe. A letteratura il capitolo più lungo toccava al libro che più ha lasciato il segno, quello che ha varcato le frontiere. A geografia il capitolo più particolareggiato doveva essere la Palestina. A storia i fatti che hanno preceduto accompagnato e seguito la vita del Signore. In più occorreva una materia apposta: scorsa sull’Antico Testamento, lettura del Vangelo su una sinossi, critica del testo, questioni linguistiche e archeologiche. Come mai non ci avete pensato? Forse chi v’ha costruito la scuola Gesù l’aveva un po’ in sospetto: troppo amico dei poveri e troppo poco amico della roba» (120-1).