Nel giorno del vertice Gentiloni-Merkel-Macron a Trieste, in cui i tre leader hanno parlato principalmente di migranti senza - pare - grossi passi in avanti, il premier libico del “governo di unità nazionale”, Fayez Al Serraj, passa dalle parole ai fatti, chiedendo alle sue forze armate di «usare l’aviazione» contro «l’emigrazione illegale». È quanto risulta da una comunicazione interna tra Comando supremo dell’esercito e capo di Stato maggiore delle forze aeree, riportata questo pomeriggio dall’Ansa. Nel documento si legge: «Siete pregati di prendere immediatamente e urgentemente le vostre misure di partecipazione alla lotta contro l'emigrazione illegale e il traffico di carburanti e suoi derivati attraverso l'uso dell'Aviazione e servendovi della forza in caso di necessità per impedire, in collaborazione con il Comando delle forze marittime, questo crimine». Una dichiarazione forte, dalla quale trasparirebbe un inasprimento delle prassi con cui le forze libiche tentano di ostacolare la traversata di chi sfida il Mediterraneo. Prassi già piuttosto violente, che consistono spesso nell’aprire il fuoco verso le imbarcazioni cariche di esseri umani. Numerosi sono i resoconti di chi riesce ad approdare in Italia, per non parlare delle raffiche di mitra della Guardia costiera libica rivolte alla motovedetta Cp 288 dei colleghi italiani lo scorso maggio. Le scuse, arrivate a stretto giro dalla Libia, sono piuttosto eloquenti: i militari “avrebbero scambiato l'unità italiana per un barcone di immigrati». Ma sul banco d’accusa del governo italiano non c’è la Libia bensì le Organizzazioni non governative (Ong). Proprio questo pomeriggio, secondo un’altra indiscrezione dell’Ansa, l’Italia avrebbe messo a punto un “Codice di condotta” per le Ong che salvano vite nel Mediterraneo: 11 regole tra le quali il divieto di telefonare «per facilitare la partenza di barconi che trasportano migranti», l'obbligo permettere la presenza a bordo delle forze di polizia giudiziaria e quello di possedere una certificazione tecnica per le attività di soccorso in mare. «L'Italia ha fatto e continuerà a fare la sua parte sul tema del soccorso e dell'accoglienza ma contemporaneamente si batte perché la politica migratoria non sia affidata soltanto ad alcuni paesi ma sia condivisa da tutta la Ue» afferma Gentiloni a margine del vertice trilaterale di Trieste. La volontà è quella - più volte dichiarata - di ridiscutere con l’Ue il regolamento dell’operazione di Frontex "Triton". Ma per il momento, all’orizzonte, si intravedono soltanto più ostacoli per chi rischia la vita nelle acque del Mediterraneo.

 

Nel giorno del vertice Gentiloni-Merkel-Macron a Trieste, in cui i tre leader hanno parlato principalmente di migranti senza – pare – grossi passi in avanti, il premier libico del “governo di unità nazionale”, Fayez Al Serraj, passa dalle parole ai fatti, chiedendo alle sue forze armate di «usare l’aviazione» contro «l’emigrazione illegale». È quanto risulta da una comunicazione interna tra Comando supremo dell’esercito e capo di Stato maggiore delle forze aeree, riportata questo pomeriggio dall’Ansa. Nel documento si legge: «Siete pregati di prendere immediatamente e urgentemente le vostre misure di partecipazione alla lotta contro l’emigrazione illegale e il traffico di carburanti e suoi derivati attraverso l’uso dell’Aviazione e servendovi della forza in caso di necessità per impedire, in collaborazione con il Comando delle forze marittime, questo crimine».

Una dichiarazione forte, dalla quale trasparirebbe un inasprimento delle prassi con cui le forze libiche tentano di ostacolare la traversata di chi sfida il Mediterraneo. Prassi già piuttosto violente, che consistono spesso nell’aprire il fuoco verso le imbarcazioni cariche di esseri umani. Numerosi sono i resoconti di chi riesce ad approdare in Italia, per non parlare delle raffiche di mitra della Guardia costiera libica rivolte alla motovedetta Cp 288 dei colleghi italiani lo scorso maggio. Le scuse, arrivate a stretto giro dalla Libia, sono piuttosto eloquenti: i militari “avrebbero scambiato l’unità italiana per un barcone di immigrati».

Ma sul banco d’accusa del governo italiano non c’è la Libia bensì le Organizzazioni non governative (Ong). Proprio questo pomeriggio, secondo un’altra indiscrezione dell’Ansa, l’Italia avrebbe messo a punto un “Codice di condotta” per le Ong che salvano vite nel Mediterraneo: 11 regole tra le quali il divieto di telefonare «per facilitare la partenza di barconi che trasportano migranti», l’obbligo permettere la presenza a bordo delle forze di polizia giudiziaria e quello di possedere una certificazione tecnica per le attività di soccorso in mare.

«L’Italia ha fatto e continuerà a fare la sua parte sul tema del soccorso e dell’accoglienza ma contemporaneamente si batte perché la politica migratoria non sia affidata soltanto ad alcuni paesi ma sia condivisa da tutta la Ue» afferma Gentiloni a margine del vertice trilaterale di Trieste. La volontà è quella – più volte dichiarata – di ridiscutere con l’Ue il regolamento dell’operazione di Frontex “Triton”. Ma per il momento, all’orizzonte, si intravedono soltanto più ostacoli per chi rischia la vita nelle acque del Mediterraneo.