«Prometto che non arriveremo ai prezzi imposti dai bagarini, ma con il biglietto a 20 euro ci uniformiamo a tutti gli altri grandi musei europei, come il Louvre di Parigi, il Prado di Madrid, il Belvedere di Vienna e il Rijksmuseum o l’Hermitage di Amsterdam, il cui ingresso varia tra i 17 e i 20 euro». Il direttore della Galleria degli Uffizi, Eike Schmidt, parla della sua proposta, aggiungendo che «con questo provvedimento, poi, il costo d’ingresso dipenderà solo dalle stagioni e non più dalle mostre che organizzeremo perché non è giusto che le persone paghino per le decisioni dei curatori. Il nostro intento è creare la situazione ottimale per una fruizione più profonda e ripetuta nel tempo». Insomma, nuovo tariffario da marzo 2018. Dagli attuali 8 a 20 euro, ma con la possibilità, da novembre a febbraio, di poter entrare beneficiando di uno sconto che potrà arrivare fino al 50%. Naturalmente fermo restando i 4 euro di prenotazione. «Abbiamo deciso di usare il prezzo come strumento attivo per gestire i flussi e creare fruibilità, ma anche per dare un valore a quella che io chiamo l’esperienza Uffizi»dice Schmidt. Ad ispirare la nuova misura «oltre ad alcune esperienze americane anche hotel e trasporti pubblici». Il nuovo tariffario, parte della rivoluzione promessa dal direttore di uno dei siti turistici più visitati anche nel 2016, niente altro è che una duplicazione di quanto propongono le strutture ricettive. Ma come? Un museo, anzi un grande museo, che guarda agli hotel? Qual é il nesso che li lega? Risposta semplice semplice: la monetizzazione della loro fruizione! Quindi prezzi alle stelle durante l'alta stagione, più accessibili durante gli altri mesi. Schmidt non sembra avere dubbi. D'altra parte, la valorizzazione perseguita dal ministro Franceschini e della quale il direttore appare un indiscusso emulo, non contempla deroghe. È necessario incrementare la bigliettazione, come possibile. Aldilà delle dichiarazioni la realtà é rilevabile, con chiarezza. Prima il turismo e poi i beni culturali. Quanto il disegno del direttore potrà incidere sull'afflusso dei visitatori non é possibile dirlo. Quanto potrà regolare l'arrivo delle masse dei turisti nel corso dell'anno é incerto. Ma intanto rimane la sensazione che, insieme agli ipotizzabili benefici, ci potranno essere tutt'altro che irrilevanti svantaggi. Infatti, non é difficile prevedere che a subire maggiormente i nuovi aumenti saranno alcune categorie, a partire dalle famiglie e dai pensionati. Fasce importanti della popolazione che saranno sostanzialmente fatte fuori dalla fruizione del museo italiano con più appeal. Naturalmente per i più disagiati economicamente rimane la possibilità di andare in bassa stagione. Cimabue e Caravaggio, Giotto e Leonardo, Michelangelo e Raffaello, Mantegna e Tiziano, Rubens e Rembrandt saranno allo stesso posto anche da novembre a febbraio. Ma gli “sconti fino al 50%” promessi da Schmidt hanno tanto l'aria di assomigliare ai saldi di abbigliamento e calzature. Il più delle volte lo sconto non raggiunge quel che si pubblicizza. La fruizione della cultura deve essere assicurata a tutti, indistintamente. Un Museo non é un campo da golf all'interno di un circolo esclusivo, nel quale può entrare solo chi ne sia socio. Proprio per queste ragioni il tariffario degli Uffizi sembra innanzi tutto l'ennesimo tentativo di incrementare gli incassi. Poco importa se con un'operazione che, piuttosto che implementare la fruizione, dilatandone i limiti, la renda possibile solo a determinate categorie di persone. «Come Uffizi vogliamo tornare a fare avanguardia, così come si faceva in passato. A me piacerebbe tanto che i fiorentini tornassero a sentire proprio questo museo, ci stiamo provando in tutti i modi, vediamo se il tempo ci darà ragione», sostiene Schmidt. I numeri complessivi, le cifre, alla fine dell'anno gli potranno anche dare ragione. Ma non é così che il museo fa realmente parte della città. Come si verificava, ad esempio, per i portici che delimitavano il Templum Pacis, uno dei grandi complessi forensi della Roma imperiale, nei quali erano esposte al pubblico godimento tante opere d'arte. I Musei, nonostante tutto, non sono hotel.

«Prometto che non arriveremo ai prezzi imposti dai bagarini, ma con il biglietto a 20 euro ci uniformiamo a tutti gli altri grandi musei europei, come il Louvre di Parigi, il Prado di Madrid, il Belvedere di Vienna e il Rijksmuseum o l’Hermitage di Amsterdam, il cui ingresso varia tra i 17 e i 20 euro». Il direttore della Galleria degli Uffizi, Eike Schmidt, parla della sua proposta, aggiungendo che «con questo provvedimento, poi, il costo d’ingresso dipenderà solo dalle stagioni e non più dalle mostre che organizzeremo perché non è giusto che le persone paghino per le decisioni dei curatori. Il nostro intento è creare la situazione ottimale per una fruizione più profonda e ripetuta nel tempo».

Insomma, nuovo tariffario da marzo 2018. Dagli attuali 8 a 20 euro, ma con la possibilità, da novembre a febbraio, di poter entrare beneficiando di uno sconto che potrà arrivare fino al 50%. Naturalmente fermo restando i 4 euro di prenotazione.
«Abbiamo deciso di usare il prezzo come strumento attivo per gestire i flussi e creare fruibilità, ma anche per dare un valore a quella che io chiamo l’esperienza Uffizi»dice Schmidt. Ad ispirare la nuova misura «oltre ad alcune esperienze americane anche hotel e trasporti pubblici».
Il nuovo tariffario, parte della rivoluzione promessa dal direttore di uno dei siti turistici più visitati anche nel 2016, niente altro è che una duplicazione di quanto propongono le strutture ricettive. Ma come? Un museo, anzi un grande museo, che guarda agli hotel? Qual é il nesso che li lega? Risposta semplice semplice: la monetizzazione della loro fruizione!

Quindi prezzi alle stelle durante l’alta stagione, più accessibili durante gli altri mesi. Schmidt non sembra avere dubbi. D’altra parte, la valorizzazione perseguita dal ministro Franceschini e della quale il direttore appare un indiscusso emulo, non contempla deroghe. È necessario incrementare la bigliettazione, come possibile. Aldilà delle dichiarazioni la realtà é rilevabile, con chiarezza. Prima il turismo e poi i beni culturali. Quanto il disegno del direttore potrà incidere sull’afflusso dei visitatori non é possibile dirlo. Quanto potrà regolare l’arrivo delle masse dei turisti nel corso dell’anno é incerto. Ma intanto rimane la sensazione che, insieme agli ipotizzabili benefici, ci potranno essere tutt’altro che irrilevanti svantaggi.

Infatti, non é difficile prevedere che a subire maggiormente i nuovi aumenti saranno alcune categorie, a partire dalle famiglie e dai pensionati. Fasce importanti della popolazione che saranno sostanzialmente fatte fuori dalla fruizione del museo italiano con più appeal. Naturalmente per i più disagiati economicamente rimane la possibilità di andare in bassa stagione. Cimabue e Caravaggio, Giotto e Leonardo, Michelangelo e Raffaello, Mantegna e Tiziano, Rubens e Rembrandt saranno allo stesso posto anche da novembre a febbraio. Ma gli “sconti fino al 50%” promessi da Schmidt hanno tanto l’aria di assomigliare ai saldi di abbigliamento e calzature. Il più delle volte lo sconto non raggiunge quel che si pubblicizza.

La fruizione della cultura deve essere assicurata a tutti, indistintamente. Un Museo non é un campo da golf all’interno di un circolo esclusivo, nel quale può entrare solo chi ne sia socio. Proprio per queste ragioni il tariffario degli Uffizi sembra innanzi tutto l’ennesimo tentativo di incrementare gli incassi. Poco importa se con un’operazione che, piuttosto che implementare la fruizione, dilatandone i limiti, la renda possibile solo a determinate categorie di persone.

«Come Uffizi vogliamo tornare a fare avanguardia, così come si faceva in passato. A me piacerebbe tanto che i fiorentini tornassero a sentire proprio questo museo, ci stiamo provando in tutti i modi, vediamo se il tempo ci darà ragione», sostiene Schmidt. I numeri complessivi, le cifre, alla fine dell’anno gli potranno anche dare ragione. Ma non é così che il museo fa realmente parte della città. Come si verificava, ad esempio, per i portici che delimitavano il Templum Pacis, uno dei grandi complessi forensi della Roma imperiale, nei quali erano esposte al pubblico godimento tante opere d’arte. I Musei, nonostante tutto, non sono hotel.