L’export militare non conosce crisi, mentre l’Italia spinge per contrattare le vendite da governo a governo. In barba ai più elementari principi di democrazia, le nostre armi arrivano persino a Paesi dittatoriali. E il tema della “pace” sembra passato di moda. Parla l'analista della Rete italiana per il disarmo

«Qualcuno ne parla, di armamenti, autorizzazioni e di questo vergognoso incremento nell’export di armi verso Paesi che sono vere e proprie dittature. Sinistra italiana, Civati, M5s. È il Pd, ad avere una certa riluttanza…». Giorgio Beretta si occupa di armamenti da una vita: è sociologo, membro della Rete italiana per il disarmo (Rid), svolge attività di ricerca per l’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia e per l’Osservatorio sul commercio delle armi (Os.c.ar.) di Ires Toscana (Istituto di ricerche economiche e Sociali) sui temi del commercio nazionale e internazionale di armamenti e di armi leggere e sul ruolo degli istituti bancari. Uno che ne sa, insomma.
Partiamo da “aiutiamoli a casa loro”. Mi piacerebbe sapere cosa hai pensato quando hai sentito queste parole pronunciate dal segretario del partito di governo oltre che ex presidente del Consiglio.
Noi di fatto li stiamo già aiutando a casa loro in una maniera terribile: da una parte sottraendo le loro risorse attraverso lo sfruttamento minerario e agricolo e dall’altra parte li aiutiamo con la nostra esportazione di armamenti, che è la cartina di tornasole della veridicità di tantissime affermazioni. Dicono di impegnarsi per la democrazia e per i diritti umani all’estero poi vendono armi a Paesi che sono assolutamente dittatoriali con violazioni dei diritti umani accertati da tutti gli organi competenti (tranne ovviamente da quelli delle Nazioni Unite per via di veti incrociati). Ne è un esempio lo Yemen (in cui c’è in corso una guerra da parte dell’Arabia Saudita, a cui noi forniamo armi)…

 

 

L’intervista al sociologo Beretta (Rete italiana per il disarmo) prosegue su Left in edicola


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