Le Ong si spaccano di fronte al Codice di condotta messo sul tavolo dal Viminale, che disciplina ulteriormente le attività delle organizzazioni umanitarie che salvano vite nel Mediterraneo. Moas e Save The Children firmano, Proactiva Open Arms fa sapere che il testo va bene e firmerà, mentre arriva un «no, grazie» da Medici Senza Frontiere e Jugent Rettet. Tra tutti i 13 punti, i maggiormente contestati - ancora una volta - sono stati quelli legati al divieto di trasbordo delle persone soccorse su altre navi «eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo (Mrcc)» e quello che imporrebbe alle Ong di ospitare forze dell'ordine armate a bordo, seppure «eventualmente e per il tempo strettamente necessario», come specificato nell'ultima formulazione del testo. «La presenza di funzionari di polizia armati a bordo e l’impegno che gli operatori umanitari raccolgano prove utili alle attività di investigazione sarebbero una violazione dei principi umanitari fondamentali di indipendenza, neutralità e imparzialità», chiarisce in una nota Medici Senza Frontiere. «Questo rischierebbe di ricondurre le organizzazioni umanitarie agli interessi politici e militari di uno Stato membro dell’Unione Europea». La non adesione al Codice non sarà senza conseguenze. Per il ministero dell'Interno «l’aver rifiutato l’accettazione e la firma pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto». La minaccia che era stata paventata dal ministro Minniti era quella di chiudere i porti chi non aderisse all'intesa. Ad ogni modo Gabriele Eminente, direttore generale di Msf (che ha firmato una lunga lettera al Viminale), puntualizza che «Msf rispetta già molte delle disposizioni che non rientrano tra le nostre preoccupazioni principali, come ad esempio la trasparenza finanziaria» e che «Msf continuerà a condurre le operazioni di ricerca e soccorso sotto il coordinamento della guardia costiera italiana e in conformità con tutte le leggi internazionali e marittime pertinenti». Save The Children invece firma, anche se «l'organizzazione monitorerà costantemente che l’applicazione (del codice, n.d.r) non ostacoli l’efficacia delle operazioni di soccorso in mare anche alla luce degli accordi in via di definizione tra Italia a Libia e auspica che si ristabilisca il giusto clima di fiducia e collaborazione». Sea Watch, Sea Eye e Sos Mediterranee, infine, non hanno preso parte all'incontro. L'incontro di ieri segue il primo confronto di martedì scorso, definito "interlocutorio", e quello di venerdì, nel quale si è lavorato ad una versione "addolcita" del codice. Le prime indiscrezioni secondo le quali il governo stesse lavorando ad un Codice di condotta erano uscite il 12 Luglio. Per l'Organizzazione internazionale delle migrazioni, dall'inizio del 2017 fino al 21 Giugno sono morte 2011 persone nella rotta del Mediterraneo centrale, tra Nord Africa e Italia. Negli stessi mesi, le Ong hanno effettuato il 35% delle operazioni di soccorso in quella area.

Le Ong si spaccano di fronte al Codice di condotta messo sul tavolo dal Viminale, che disciplina ulteriormente le attività delle organizzazioni umanitarie che salvano vite nel Mediterraneo. Moas e Save The Children firmano, Proactiva Open Arms fa sapere che il testo va bene e firmerà, mentre arriva un «no, grazie» da Medici Senza Frontiere e Jugent Rettet.

Tra tutti i 13 punti, i maggiormente contestati – ancora una volta – sono stati quelli legati al divieto di trasbordo delle persone soccorse su altre navi «eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo (Mrcc)» e quello che imporrebbe alle Ong di ospitare forze dell’ordine armate a bordo, seppure «eventualmente e per il tempo strettamente necessario», come specificato nell’ultima formulazione del testo.

«La presenza di funzionari di polizia armati a bordo e l’impegno che gli operatori umanitari raccolgano prove utili alle attività di investigazione sarebbero una violazione dei principi umanitari fondamentali di indipendenza, neutralità e imparzialità», chiarisce in una nota Medici Senza Frontiere. «Questo rischierebbe di ricondurre le organizzazioni umanitarie agli interessi politici e militari di uno Stato membro dell’Unione Europea».

La non adesione al Codice non sarà senza conseguenze. Per il ministero dell’Interno «l’aver rifiutato l’accettazione e la firma pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto». La minaccia che era stata paventata dal ministro Minniti era quella di chiudere i porti chi non aderisse all’intesa.

Ad ogni modo Gabriele Eminente, direttore generale di Msf (che ha firmato una lunga lettera al Viminale), puntualizza che «Msf rispetta già molte delle disposizioni che non rientrano tra le nostre preoccupazioni principali, come ad esempio la trasparenza finanziaria» e che «Msf continuerà a condurre le operazioni di ricerca e soccorso sotto il coordinamento della guardia costiera italiana e in conformità con tutte le leggi internazionali e marittime pertinenti».

Save The Children invece firma, anche se «l’organizzazione monitorerà costantemente che l’applicazione (del codice, n.d.r) non ostacoli l’efficacia delle operazioni di soccorso in mare anche alla luce degli accordi in via di definizione tra Italia a Libia e auspica che si ristabilisca il giusto clima di fiducia e collaborazione».

Sea Watch, Sea Eye e Sos Mediterranee, infine, non hanno preso parte all’incontro.

L’incontro di ieri segue il primo confronto di martedì scorso, definito “interlocutorio”, e quello di venerdì, nel quale si è lavorato ad una versione “addolcita” del codice. Le prime indiscrezioni secondo le quali il governo stesse lavorando ad un Codice di condotta erano uscite il 12 Luglio.

Per l’Organizzazione internazionale delle migrazioni, dall’inizio del 2017 fino al 21 Giugno sono morte 2011 persone nella rotta del Mediterraneo centrale, tra Nord Africa e Italia. Negli stessi mesi, le Ong hanno effettuato il 35% delle operazioni di soccorso in quella area.