È iniziato in Australia lo storico processo per pedofilia al numero tre della gerarchia vaticana. Lui si dichiara innocente ed ha scelto come legale un famoso avvocato che ha difeso mafiosi e assassini. In Vaticano tutto tace ma presto Bergoglio dovrà trovare un sostituto alla guida del superministero dell’Economia

Il 26 luglio si è tenuta a Melbourne la prima udienza del processo penale contro il cardinale George Pell, ministro dell’Economia e delle finanze della Santa sede. Terza carica più importante del Vaticano – dopo il pontefice e il ministro degli Esteri -, Pell è accusato di aver stuprato dei minori intorno agli anni 70 ed è dovuto volare in Australia, il suo Paese d’origine, dopo essere stato messo in aspettativa da papa Francesco.

Come abbiamo raccontato su Left in altre occasioni, era andata diversamente negli anni scorsi quando la giustizia australiana ha chiamato il monsignore a rispondere dell’accusa di aver insabbiato numerosi casi di pedofilia clericale di cui era a conoscenza in qualità di capo delle diocesi di Melbourne e di Sidney. Pell si è sempre rifiutato di intraprendere il viaggio, adducendo motivi di salute, e a marzo del 2016 gli investigatori australiani sono venuti a Roma per interrogarlo. Due mesi dopo è stato indagato per pedofilia.

Tornando al processo di Melbourne, è la prima volta nella storia della Chiesa che lo scandalo degli abusi sui minori coinvolge una personalità così importante. Mai un cardinale è stato accusato in prima persona di aver commesso atti di pedofilia. I fatti risalirebbero a quando Pell era solo un sacerdote nella sua città natale di Ballarat. L’iter processuale potrebbe essere molto lungo. Alcuni analisti sostengono che durerà addirittura fino al 2019. Questo significa che molto probabilmente papa Francesco dovrà presto nominare un successore.

La mattina del suo giorno più difficile, Pell è arrivato in tribunale scortato dalla polizia, e assediato da fotografi e giornalisti. Nel corso della prima udienza non ha rilasciato alcuna dichiarazione e il suo legale ha detto che il cardinale respinge tutte le accuse e si dichiara «innocente».

Come riporta l’Herald Sun, è significativa la scelta del cardinale per la propria difesa. Questa è ricaduta su Robert Richter, uno dei migliori penalisti di tutta l’Australia. Richter vanta un curriculum notevole. Fra i suoi clienti più importanti vale la pena ricordare Mick Gatto, ex pugile di origini italiane, che è stato il capo clan della vita criminale di Melbourne, e Julian Knight, cadetto dell’esercito australiano di 19 anni, autore di una delle più cruente stragi nella storia australiana, conosciuta come il “massacro di Hoddle street”. Sotto i colpi di arma da fuoco esplosi da Knight morirono sette persone mentre 19 rimasero ferite gravemente. Ma forse, prima ancora della scelta dell’avvocato è interessante rilevare l’intenso dibattito che si è scatenato nelle settimane immediatamente precedenti al processo relativo alla composizione della giuria. L’Australia è un Paese sostanzialmente ateo e una buona parte della cittadinanza ha chiesto che tra i giurati non vi fossero persone di religione cattolica, temendo che la loro fede ne potesse influenzare le decisioni. Il sistema giuridico australiano però, diversamente per esempio da quello Usa, non permette questo tipo di invasione della privacy. Ai candidati della giuria viene chiesto solo di dichiarare nome e l’occupazione, senza menzionare l’eventuale religione professata.

A ben vedere, nemmeno la politica australiana sembra essere immune dall’influenza della Chiesa negli affari di Stato. A ricordarlo è The Sydney Morning Herald con l’ex primo ministro Tony Abbott, il più famoso politico cattolico del Paese, che si è immediatamente schierato dalla parte del cardinale Pell, definendolo «un uomo veramente per bene». Abbott e George Pell sono amici di vecchia data e il politico si è sempre schierato al fianco del religioso. Nel 2012 Abott descrisse Pell come «una persona importante e influente nella mia vita. A volte mi chiama per condividere con me qualche suo pensiero e altre volte io lo chiamo per chiedergli di incontrarci. Un paio di volte gli ho chiesto consiglio su alcune questioni importanti su cui sapevo che avrebbe potuto darmi la sua opinione, che sarebbe sicuramente stata diversa da quella di chiunque altro».

Evidentemente Abbott si fida ciecamente dell’uomo che nel 1993, incurante delle vittime, sostenne apertamente don Gerald Ridsdale, un sacerdote della sua diocesi condannato per oltre 50 casi di abuso minorile. Pell all’epoca accompagnò Ridsdale in tribunale a riprova di un legame di amicizia che li univa sin dai tempi in cui i due condividevano un appartamento. Erano gli anni in cui Ridsdale, che era cappellano dell’istituto Sant’Alfio di Ballarat, commetteva gli stupri per cui è stato condannato.

La scelta di accompagnare Ridsdale in tribunale si rivelò un grande errore, come Pell stesso ha successivamente dichiarato. C’è una foto di quel giorno che è entrata nella storia australiana, destando sdegno, e che ancora oggi viene ricordata come simbolo della volontà della Chiesa cattolica di coprire gli abusi compiuti dai preti. Nella foto don Ridsdale con un paio di occhiali da sole, si avvia verso il tribunale per l’inizio del suo processo, “scortato” da Pell che indossa l’abito talare.

A chiudere il cerchio, definendo ancor di più l’immagine di questo controverso cardinale, ci ha pensato il più importante sito di all-news australiano (news.com.au), che ha elencato una serie di frasi da cui emerge come, forte della sua posizione, Pell non si sia mai preoccupato più di tanto se le sue prese di posizione potessero ledere la sensibilità e la dignità di qualcuno. Ne citiamo alcune per rendere l’idea. In sintonia con il Catechismo, nel 1990 lanciò un anatema contro l’omosessualità di questo tenore: «Crediamo che quest’attività sia sbagliata e crediamo che per il bene della società non andrebbe incoraggiata». Nel 2009 invece se la prese con la contraccezione: «I preservativi sono promiscui perché incoraggiano l’irresponsabilità. L’idea che si possa risolve una grande crisi spirituale e di salute come quella dell’Aids con alcuni aggeggi meccanici come i preservativi è ridicolo». Spesso Pell è intervenuto anche sul tema della pedofilia suscitando l’indignazione dell’opinione pubblica. «L’aborto è uno scandalo morale ben peggiore dei preti che abusano i bambini», ha dichiarato nel 2002. Nel 2012 ha invece ribadito che l’ammissione di un abuso raccolta nell’ambito del confessionale «è coperta dal segreto» pertanto il sacerdote «dovrebbe rifiutare di sentire la confessione» del confratello. Il segreto è una regola inviolabile della Chiesa, che bisogno c’era di ricordarlo? Pensando alla storia e al processo di Pell c’è chi sui media australiani ha completato la frase ipotizzando che quello del cardinale fosse un consiglio «per evitare di doverlo eventualmente denunciare».

Infine un’ultima perla che risale al 2014 e che va inquadrata nell’ambito dello smarcamento, dalle accuse di aver insabbiato casi di pedofilia, tentato da Pell: «Se un camionista molesta una donna sul camion, io non penso che sia appropriato che il capo della compagnia sia da ritenere responsabile dell’accaduto» disse paragonando la Chiesa a una compagnia di trasporti e alludendo in maniera perversa a una (presunta e impossibile) istigazione a “cadere in tentazione” da parte delle piccole vittime nei confronti di quei “santi uomini” che sarebbero i preti.

L’articolo di Elena Basso è tratto da Left n. 31 del 5 agosto 2017


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