«Speriamo nella Cassazione» dice Emiliani del Comitato per la bellezza, dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha dato il via libera al Parco archeologico del Colosseo. E il ministro Franceschini torna alla carica con l’idea di usare l’arena per spettacoli

La sentenza con cui il Consiglio di Stato ha dato il via libera al Parco archeologico del Colosseo ci costringe a riprendere il tema della tutela del patrimonio, oggi sempre più a rischio in Italia; ci spinge a tornare sulla riforma Franceschini e sulla sua idea di valorizzazione a cui abbiamo già dedicato un’intera storia di copertina, mettendone in luce la pericolosità, le falle, le contraddizioni e l’effetto paralizzante che ha prodotto in musei e soprintendenze.
Il ribaltamento della pronuncia del Tar Lazio del 7 giugno ha fatto gridare vittoria al ministro, che ha subito colto l’occasione per rilanciare la sua dispendiosa idea di rifare l’arena del Colosseo per poterla sfruttare come palcoscenico. A questa annosa vicenda Vittorio Emiliani, fondatore del Comitato per la bellezza, ha dedicato molte pagine di giornali e libri, anche nel suo nuovo Lo sfascio del Belpaese, perciò gli chiediamo:
Quali conseguenze comporta questa sentenza?
Le sentenze vanno rispettate, però ad una prima lettura quelle del Tar mi sembravano molto ben costruite, argomentate. Mentre queste del Consiglio di Stato paiono francamente piuttosto sbrigative. Condivido in pieno il comunicato di Emergenza cultura (vedi box) nel quale si sottolinea che non tutto è perduto «in quanto esiste pur sempre il rimedio del ricorso in Cassazione per motivi di giurisdizione».
Il ministro Franceschini promette un progetto per «l’area archeologica più importante del mondo» e annuncia un concorso internazionale per la direzione. Il precedente concorso, per venti musei, si è rivelato un passo falso, anche perché  si è svolto in modo irregolare, con esami orali a porte chiuse e senza tener conto della norma che non consentiva l’accesso a stranieri. Errare humanum est, persevare?
Non si è trattato di veri concorsi europei bensì di selezioni pubbliche che pubbliche poi non sono state…

L’articolo di Simona Maggiorelli prosegue su Left in edicola


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