La cantante del gruppo che è esploso negli anni 90 parla del nuovo corso dopo la reunion del 2012. «Il funky è una musica che ha sonorità ben strutturate». Il 9 settembre a Milano per “A funky night”

Chi non li ricorda o non conosce un loro pezzo. Negli anni Novanta, la musica funky in Italia, improvvisamente, esplose con i Dirotta su Cuba. Brani come “Gelosia”, “Liberi di liberi da”, cantati dalla splendida voce di Simona Bencini, ebbero un successo enorme, durato fino al nuovo millennio. Nel 2002 la band si scioglie. Bencini inizierà una carriera solista, intraprendendo anche una fortunata attività teatrale. È del 2012 la reunion del gruppo in formazione originale con Stefano De Donato al basso e Rossano Gentili alle tastiere, per riportare in auge un genere musicale molto poco mainstream come il funky. Un anno fa è uscito Studio Session Vol. 1, album omaggio al loro primo disco omonimo del 1995, e che, insieme al vasto e, ancora caro al pubblico, repertorio, la band porta in tournée senza sosta. Altra occasione per godere dal vivo di un loro spettacolo, quella del 9 settembre all’Open air Theatre di Experience a Milano, per A funky night: strepitosa serata a tutto funky, insieme ai “cugini” Incognito! Tra gli ospiti anche Mario Biondi e l’eccellente tromba di Fabrizio Bosso. Pura energia parlare con la cantante fiorentina, emozionatissima per questa occasione live: «Per la prima volta, suoneremo con gli Incognito, certamente in due set separati perché siamo numerosi sul palco. Non sarebbe possibile fare una cosa tutti insieme, abbiamo due repertori diversi, anche se le nostre storie si sono anche allineate: negli anni Novanta eravamo chiamati gli Incognito italiani. Mi auguro di riuscire a fare una jam tutti insieme, a fine serata!».
Un po’ di rimpianti, pensi sia troppo tardi?
Forse, ma comunque è importante che i nostri due nomi vengano accoppiati; appunto, siamo stati sempre vicini a loro per genere e periodo storico, abbiamo avuto successo nello stesso periodo, ci conosciamo. È comunque bello che in Italia ci sia ancora voglia di funky, non è un genere così frequentato, ma noi crediamo che lo sia più di quanto si pensi.
Dopo un simile successo perché decideste di sciogliervi?
Ci sono state motivazioni personali, artistiche, legate alla nostra sintonia artistica. Più un fatto nostro interno di alchimia nostra. Poi cambiò anche il discografico.
Poi, dopo dieci anni dallo scioglimento, di nuovo insieme.
Sì e abbiamo ripreso il filo del discorso interrotto dieci anni prima; gli stimoli, e le richieste per ricominciare, erano davvero tante. Da quel momento, siamo sempre in giro per l’Italia e abbiamo notato che c’è un seguito, un pubblico, che ama questa musica e che si lamenta che non abbia tanto spazio in Italia e nel mainstream.
All’estero, il funky è un genere molto frequentato, in Italia lo avete suonato voi.
Negli anni Novanta abbiamo avuto la possibilità di arrivare al successo, attraverso tutti i media, ma nel momento in cui noi abbiamo interrotto la nostra attività e nessuno ha preso il nostro posto, il funky non c’è più stato. Quando nel 2012 ci siamo ritrovati, è stata una spinta emotiva per riunirci che i fan che ci facessero notare che questa musica non la suonava più nessuno. A noi questa cosa dà forza ed entusiasmo. Siamo talmente appassionati e contenti, abbiamo ancora nuovi obiettivi. Questo 9 settembre per noi è il coronamento di un sogno, di fare una serata bella con questi ospiti, tutta dedicata alla nostra musica, su un palco prestigioso.
Perché in Italia è così poco fruibile questo genere?
Non è un genere culturalmente italiano. Potremmo definirlo disimpegnato, leggero, ma non nel senso negativo del termine. L’Italia è la terra dei cantautori impegnati, la gente è più concentrata sui testi. Anche io ascolto Fossati, ma la nostra è una musica diversa, che ha bisogno di testi diversi,  che permettano di staccare la spina, ma che allo stesso tempo abbiano sonorità ben strutturate. Intendo, non di disimpegno sociale, ma per non pensare ai problemi, che oggi è importantissimo fare, anzi fondamentale. Lo è per me: quando vado in giro con i Dirotta, è una vacanza, ma questo non vuol dire che io non sia una persona socialmente e politicamente impegnata.
Quale tipo di pubblico vi segue?
Il target per questo tipo di musica è più alto, non sono i ragazzini che ci ascoltano, ci vuole un’altra preparazione per capire un genere che è più da musicista; i nostri fan sono musicisti e capiscono che quello che facciamo, pur essendo fruibile da parte di chi lo ascolta, ha un background difficile da suonare.
Solo live o altri progetti?
A parte tutti i live, che per noi sono un motore di energia, alla fine di settembre ritorneremo in studio per mettere mano agli inediti nuovi, che non erano ancora maturi e che abbiamo lasciato da parte per Studio Session vol. 2.
Quando uscirà?
Non abbiamo più vincoli, non ne vogliamo, per cui usciremo quando saremo pronti, quando avremo un prodotto che ci soddisfa. Suoneremo anche questo inverno nei club. La nostra tournée non finisce mai.