Ma dove sono tutti i sovranità e i difensori della Patria di fronte a questa Italia calpestata, stropicciata, abusata e derisa da Al Sisi e il suo Egitto che trattano l’Italia come scema del villaggio? Ma dove sono Gentiloni e Alfano, quelli che si ostinano a garantirci che l’Egitto è un partner “corretto e affidabile” se non addirittura “ineludibile” mentre la verità sulla morte di Giulio Regeni non solo si allontana ma addirittura viene sfigurata ogni giorno di più? Ma che dice l’ambasciatore italiano in Egitto, fresco di nomina che ci hanno detto essere indispensabile, di ciò che accade? Non ha tempo, l’ambasciatore, di rilasciare una dichiarazione, divergere almeno un tiepido comunicato stampa? E dove sono i difensori dei marò di fronte a questo giovane italiano ucciso e alla sua famiglia senza risposte?
Ieri l’avvocato egiziano Ibrahim Metwally Hegazy, uno dei componenti dell’associazione che cura la difesa di Giulio Regeni in Egitto, è apparso davanti al magistrato della sicurezza in stato di arresto. Era “scomparso” domenica mentre si imbarcava per Ginevra invitato dalle Nazioni Unite per presentare una relazione sugli “scomparsi” in Egitto. L’accusa? Dice Al Sisi che farebbe parte di un gruppo che vorrebbe sovvertire la democrazia in Egitto. Funziona sempre così: nei governi tirannici, anche se travestiti, la parola “democrazia” diventa un vuoto sinonimo della volontà del capo.
In pratica, secondo Al Sisi, non solo Regeni si è ammazzato da solo (se non ci sono colpevoli alla fine la colpa è dei morti) ma addirittura chi difende la sua famiglia sarebbe un pericoloso terrorista. Terrorismo italiano in terra d’Egitto.
E in tutto questo rimbomba tetra la frase nuda di un tiepido Gentiloni che ieri ha ripetuto il ritornello della “verità su Giulio Regeni” come “dovere di Stato”. Ogni giorno uno schizzo. Tutti i giorni.
Buon mercoledì.