Non solo Pompei e la potente seduzione del rosso degli affreschi. Anche Roma accese la fantasia di Pablo Picasso nel 1917 durante un soggiorno di un paio di mesi, esattamente cento anni fa. All’epoca in cui lavorava per i Ballets Russes – e con il giovane pittore Alberto Magnelli a fargli da guida – Picasso andò alla scoperta della capitale. Visitò la cappella Sistina, ma più che le «linee tormentate» di Michelangelo, fu conquistato dalla «linea pura e aerea» di Raffaello nelle Stanze vaticane. Tanto da arrivare a dire che l’Urbinate era riuscito a “volare” più, e meglio, di Leonardo da Vinci.
A Roma, il genio malagueño approfondì lo studio dell’antico e dei “primitivi”, si interessò al barocco e a Bernini in particolare. Ma da alcune lettere di compagni di viaggio, fra i quali Cocteau, sappiamo anche che volle andare a vedere Caravaggio. La full immersion nella storia dell’arte italiana e una certa curiosità per la commedia dell’arte alimentarono la sua ricerca in quel delicato momento di crisi e di ripensamento del proprio lavoro, dopo la rivoluzionaria svolta cubista. È questo il filo che percorre la mostra Pablo Picasso tra classicismo e cubismo 1915-1925 alle Scuderie del Quirinale (22 settembre 2017-21 gennaio 2018), curata da Olivier Berggruen riallacciando i nessi fra arte e biografia picassiana .
Dopo la morte della giovane compagna, Eva, il pittore aveva attraversato un lungo periodo buio da cui sembrò riprendersi lavorando alle scenografie degli spettacoli di Sergej Djaghilev, dove conobbe Olga Kochlova , ballerina russa che sposerà nel 1918. Il celebre ritratto del 1917 in cui appare come una bambola di cera, dice molto di quella fase.
Picasso le scattò una foto e proiettò la figura sulla tela, tracciandone i contorni, prima di dipingere. Il risultato è un quadro straniante, che segna il suo ritorno al naturalismo e al classico. Ma a ben vedere non è del tutto vero, c’è uno svisamento in quel quadro: il fondo grezzo nega ogni profondità, così come la posa scelta esclude ogni prospettiva. Olga appare come una figura bidimensionale, lontana, distaccata. L’artista la vedeva così? O con questa presenza algida, immobile, di “vetro”, Picasso coglie e rappresenta qualcosa di invisibile? Forse un vuoto o quella fragilità interna che di lì a poco sarebbe diventata una drammatica voragine? La critica si è limitata a sottolineare il neoclassicismo di Picasso.La mostra alle Scuderie del Quirinale che il 21 settembre viene presentata alla stampa promette nuovi spunti di riflessione.
Alle Scuderie del Quirinale si possono seguire le orme di Picasso ripercorrendo a a cent’anni di distanza, il viaggio che Picasso fece in compagnia di Cocteau e Stravinsky al seguito della compagnia dei Balletti Russi di Sergej Djaghilev. Dal 17 febbraio 1917 una sorta di Grand Tour che mise il pittore in rapporto con la grande arte romana e etrusca ma anche con la cultura «popolare», della commedia dell’arte, degli spettacoli di marionette, delle cartoline con le giovani donne in costume tradizionale e con i fermenti del Futurismo. il racconto si snoda attraverso un centinaio di opere, prestiti da grandi musei come il Musée Picasso di Parigi e il Metropolitan di New York: dal Ritratto di Olga in poltrona a quello di Paul, il loro figlio, vestito da Arlecchino; da L’italiana alla natura morta Chitarra, bottiglia, frutta, piatto e bicchiere su tavola; da Il Flauto di Pan alle Due donne che corrono sulla spiaggia. senza dimenticare il sipario realizzato per il balletto Parade e per la compagnia di Djaghilev proveniente dal Centre Pompidou. La mostra delle Scuderie rientra nel progetto Picasso-Mediterranée avviato nel 2015 dal Musée Picasso di Parigi e dal presidente Laurent Le Bon.
Intanto prosegue fino al 7 gennaio 2018, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia la mostra Picasso. Sulla spiaggia, a cura di Luca Massimo Barbero. Con tre dipinti, dieci disegni realizzati da Pablo Picasso tra febbraio e dicembre del 1937 e una scultura, esposte insieme per la prima volta, il curatore mette in luce i nessi della pittura di Picasso con il Mediterraneo: un rapporto costante con il Mare nostrum connota tutto il percorso di Picasso cominciato a Malaga in Spagna, e proseguito nella Francia del sud. Nata dalla collaborazione con il Musée Picasso- di Parigi, la mostra si snoda attorno a una delle tele più amate da Peggy, il dipinto picassiano Sulla spiaggia (La Baignade), conservato nel museo veneziano. Anche questa mostra rientra nel progetto triennale “Picasso-Méditerranée”, promosso dal Musée national Picasso-Paris, che coinvolge più di sessanta istituzioni. A Venezia la mostra sottolinea lo sguardo nuovo di Picasso capace di rileggere in maniera del tutto originale la tradizione, da Giorgione a Tiziano, da Ingres a Manet, Cézanne, Matisse, rileggendone l’iconografia e le strutture compositive, concentrandosi sulla rivisitazione del tema del nudo in movimento, che Picasso ricrea in base a un vissuto personalissimo e profondo.
Il viaggio sulle orme di Picasso in Italia prosegue poi Genova dove sono esposte le opere che Picasso. Ci sono le ceramiche e i disegni, le celebri bagnanti e le fotografie all’interno dello studio e di eccentrici atelier, dal Bateau-Lavoir alle dimore nella campagna provenzale, residenze degli ultimi anni. Dopo la rassegna da poco chiusa a Napoli – che ospitava Parade nell’appartamento Reale del Museo di Capodimonte, l’arte picassiana continua ad essere presente in Italia in un trittico di mostre a Roma, a Genova e Venezia. UN triplice omaggio al suo genio ludico, passionale, ribelle. In Palazzo Ducale a Genova, al 10 novembre al 6 maggio si possono vedere le sue bagnanti mediterranee e i ritratti di donna degli anni Trenta e Cinquanta. Molte delle opere in mostra sono quelle alle quali l’artista era più affezionato, al punto da portarle sempre con sé nel corso degli anni, anche durante i suoi ripetuti spostamenti.La mostra è curata da Coline Zellal e organizzata da Mondomostre Skira in collaborazione con il Musée Picasso di Parigi.