Ancora una volta il Pd di Matteo Renzi (o forse basterebbe scrivere Renzi) crea un precedente e non è un buon precedente: dicono le cronache della politica che il premier Gentiloni si apprestasse a rinominare Ignazio Visco al vertice di Bankitalia, in accordo con il capo dello Stato senza avere idea dell’onda che stava arrivando. Era “sereno”, per dirla secondo il vocabolario di una legislatura che, seppur ai titoli di coda, non disdegna di riservare ancora pessime sorprese.
La decisione del Pd di sfiduciare Visco, addentrandosi per l’ennesima volta nel campo solitamente riservato al Governo e al Presidente della Repubblica è l’ennesimo (e ce ne saranno ancora molti) sgarbo istituzionale di un partito che nel giro di qualche ora riesce a essere prima al governo e poi all’opposizione, alla bisogna, pesando tutto ciò che accade in base alla speculazione elettorale.
Crede, Renzi, di scaricare Visco per disinnescare così le responsabilità (e le famigliarità e le amicizie) della crisi bancaria (e di certe banche più delle altre) indicando in Visco il capro espiatorio di una situazione che (come nel caso di Banca Etruria) pesa più per l’inopportunità politica che per beghe monetarie.
È l’inizio del “tana scarica tutti” che del Dna renziano è uno dei fili principali: da qui alle elezioni sarà tutto un gioco di scarico di responsabilità per non dare risposte nel merito, dedicando a un’exit strategy che punti tutto sul nome da dare in pasto alla folla. Sarà una lunga sequela di “state sereni” scaricati sull’uscio.
Come è iniziato tutto, del resto.
Buon mercoledì.