Non ci rassegniamo. Abbiamo perso Speranza - inteso come Roberto, leader di Mdp - che ha sostanzialmente rinnegato la propria scelta di uscire dal Pd mercanteggiando (peraltro senza successo) sull’orrido Rosatellum.

Abbiamo perso Pisapia, apprezzato sindaco di Milano, che già, ancor prima di chiamarsi fuori dalla costruzione di un nuovo partito di sinistra, ci aveva deluso scendendo in campo a favore della controriforma renziana della Costituzione. Potremmo continuare, ma i tatticismi di un centrosinistra autoreferenziale che ha abdicato all’antifascismo non ci appassionano.  (Lo stesso gesto, certamente importante, del presidente del Senato Grasso di uscire dal Pd,  avrebbe avuto ben altro senso se prima si fosse opposto all'imposizione al voto di fiducia su una legge elettorale). 

Così, per dipanare il nostro filo di ricerca su una nuova sinistra degna di questo nome, continuiamo a  tenere accesa l'attenzione guardando anche a quel che succede oltre confine. Per questo siamo andati a Londra per vedere come un decano della politica, Jeremy Corbyn, sia riuscito a riportare dalla parte giusta il Labour party risvegliando l’interesse dell’elettorato più giovane. Siamo andati a Berlino per capire come la quarantenne leader di Die Linke, Katja Kipping, in un drammatico quadro di avanzata della destra xenofoba, sia riuscita a ottenere la fiducia del ceto più colto. E ancora: siamo andati a Barcellona raccogliendo il messaggio di alternativa democratica al secessionismo e al franchismo di ritorno di Rajòy lanciato da Podemos e dal sindaco, Ada Colau. Un viaggio che continueremo nelle prossime settimane in Portogallo dove un governo di sinistra, che non ha messo alla porta gli elementi più radicali, dal 2015 ha messo a segno riforme importanti. Avremo occasione di parlarne.

In questo nuovo numero di Left, non contenti di guardare solo all’Europa, siamo andati a Montevideo, per incontrare il senatore ed ex presidente della Repubblica uruguaiana Josè “Pepe” Mujica.

Storico leader dei Tupamaros, con alle spalle lunghi anni passati in carcere (in isolamento, sottoposto a continue torture), durante il suo mandato, dal marzo 2010 al marzo 2015 e ancora oggi, Mujica si è fatto portavoce di una visione alta di sinistra. Che lotta e si schiera senza tetennamenti contro le disuguaglianze, per la redistribuzione della ricchezza, per l’affermazione dei diritti civili di tutti. Ma non solo. Ciò che rende modernissima la visione politica del “Pepe” è che, oltre alla soddisfazione dei bisogni, si interessa anche alle esigenze più articolate e profonde di realizzazione personale dei suoi concittadini. Criticando il turbo capitalismo e il sogno nordamericano basato su una felicità paradossale incentrata sul consumo, Mujica mette al centro la persona nel suo complesso psico-fisico. Rifiuta il modello antropologico dell’Homo oeconomicus mosso da un’arida ragione strumentale che punta solo al profitto.

Nella visione di sinistra radicale di Mujica, centrale è la qualità delle relazioni umane, la dimensione sociale, degli affetti. Non si vive solo per lavorare, dice nell’intervista esclusiva concessa alla nostra collaboratrice, l’avvocato uruguaiano Gabriela Pereyra. La possibilità di costruire una nuova sinistra passa da una cultura politica basata su una concreta idea di uguaglianza di tutti gli esseri umani. Mettendo al centro la conoscenza, la formazione e la ricerca. Ciò che ci piace di Mujica e che ha il coraggio di parlare di “tempo liberato” dal lavoro da dedicare ai rapporti, alla sessualità, alla complessa dialettica fra uomo e donna. Non a caso ha lottato per i diritti delle donne, per l’istruzione di massa, e per la progressiva e sempre maggiore secolarizzazione della società. Molto c’è ancora da fare per condizioni di vita più favorevoli nella piccola Repubblica uruguaiana ma è innegabile che - mentre sull’America latina tornano a soffiare venti di destra - essa rappresenti un “laboratorio” di democrazia importante.

Ci colpisce anche che la parola laicità, desaparecida nella politica italiana, riecheggi con vigore nei discorsi di Mujica, che ha contribuito alla legalizzazione dell’aborto. Sarà questo uno dei primi impegni della giovane premier neozelandese, la laburista Jacinda Ardern, che si è ribellata alla propria famiglia di religione mormone e si dichiara agnostica. Sono queste le storie che vogliamo raccontare, immaginando, lavorando per una nuova sinistra. I fantasmi ulivisti, gli accordicchi con i democristiani di ieri e di oggi, per noi, possono ben ammuffire.

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L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola

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Non ci rassegniamo. Abbiamo perso Speranza – inteso come Roberto, leader di Mdp – che ha sostanzialmente rinnegato la propria scelta di uscire dal Pd mercanteggiando (peraltro senza successo) sull’orrido Rosatellum.

Abbiamo perso Pisapia, apprezzato sindaco di Milano, che già, ancor prima di chiamarsi fuori dalla costruzione di un nuovo partito di sinistra, ci aveva deluso scendendo in campo a favore della controriforma renziana della Costituzione. Potremmo continuare, ma i tatticismi di un centrosinistra autoreferenziale che ha abdicato all’antifascismo non ci appassionano.  (Lo stesso gesto, certamente importante, del presidente del Senato Grasso di uscire dal Pd,  avrebbe avuto ben altro senso se prima si fosse opposto all’imposizione al voto di fiducia su una legge elettorale). 

Così, per dipanare il nostro filo di ricerca su una nuova sinistra degna di questo nome, continuiamo a  tenere accesa l’attenzione guardando anche a quel che succede oltre confine. Per questo siamo andati a Londra per vedere come un decano della politica, Jeremy Corbyn, sia riuscito a riportare dalla parte giusta il Labour party risvegliando l’interesse dell’elettorato più giovane. Siamo andati a Berlino per capire come la quarantenne leader di Die Linke, Katja Kipping, in un drammatico quadro di avanzata della destra xenofoba, sia riuscita a ottenere la fiducia del ceto più colto. E ancora: siamo andati a Barcellona raccogliendo il messaggio di alternativa democratica al secessionismo e al franchismo di ritorno di Rajòy lanciato da Podemos e dal sindaco, Ada Colau. Un viaggio che continueremo nelle prossime settimane in Portogallo dove un governo di sinistra, che non ha messo alla porta gli elementi più radicali, dal 2015 ha messo a segno riforme importanti. Avremo occasione di parlarne.

In questo nuovo numero di Left, non contenti di guardare solo all’Europa, siamo andati a Montevideo, per incontrare il senatore ed ex presidente della Repubblica uruguaiana Josè “Pepe” Mujica.

Storico leader dei Tupamaros, con alle spalle lunghi anni passati in carcere (in isolamento, sottoposto a continue torture), durante il suo mandato, dal marzo 2010 al marzo 2015 e ancora oggi, Mujica si è fatto portavoce di una visione alta di sinistra. Che lotta e si schiera senza tetennamenti contro le disuguaglianze, per la redistribuzione della ricchezza, per l’affermazione dei diritti civili di tutti. Ma non solo. Ciò che rende modernissima la visione politica del “Pepe” è che, oltre alla soddisfazione dei bisogni, si interessa anche alle esigenze più articolate e profonde di realizzazione personale dei suoi concittadini. Criticando il turbo capitalismo e il sogno nordamericano basato su una felicità paradossale incentrata sul consumo, Mujica mette al centro la persona nel suo complesso psico-fisico. Rifiuta il modello antropologico dell’Homo oeconomicus mosso da un’arida ragione strumentale che punta solo al profitto.

Nella visione di sinistra radicale di Mujica, centrale è la qualità delle relazioni umane, la dimensione sociale, degli affetti. Non si vive solo per lavorare, dice nell’intervista esclusiva concessa alla nostra collaboratrice, l’avvocato uruguaiano Gabriela Pereyra. La possibilità di costruire una nuova sinistra passa da una cultura politica basata su una concreta idea di uguaglianza di tutti gli esseri umani. Mettendo al centro la conoscenza, la formazione e la ricerca. Ciò che ci piace di Mujica e che ha il coraggio di parlare di “tempo liberato” dal lavoro da dedicare ai rapporti, alla sessualità, alla complessa dialettica fra uomo e donna. Non a caso ha lottato per i diritti delle donne, per l’istruzione di massa, e per la progressiva e sempre maggiore secolarizzazione della società. Molto c’è ancora da fare per condizioni di vita più favorevoli nella piccola Repubblica uruguaiana ma è innegabile che – mentre sull’America latina tornano a soffiare venti di destra – essa rappresenti un “laboratorio” di democrazia importante.

Ci colpisce anche che la parola laicità, desaparecida nella politica italiana, riecheggi con vigore nei discorsi di Mujica, che ha contribuito alla legalizzazione dell’aborto. Sarà questo uno dei primi impegni della giovane premier neozelandese, la laburista Jacinda Ardern, che si è ribellata alla propria famiglia di religione mormone e si dichiara agnostica. Sono queste le storie che vogliamo raccontare, immaginando, lavorando per una nuova sinistra. I fantasmi ulivisti, gli accordicchi con i democristiani di ieri e di oggi, per noi, possono ben ammuffire.

L’editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola


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